L’arte, identità dei Popoli non può essere bombardata

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Tutto il mondo si è indignato quando Al Qaeda e ISIS hanno deliberatamente distrutto monumenti storici, siti archeologici ed edifici religiosi perché la distruzione deliberata di beni culturali, che non siano usati per scopi militari rappresenta una forma di persecuzione e dunque un crimine contro l’umanità, quando sia condotta con intento di un attacco esteso o sistematico contro una popolazione civile. Oggi siamo ancor più sconcertati nel vedere una città che, colpita dalle bombe, protegge e combatte per difendere la propria libertà e la propria identità, e non ci sono soltanto gli uomini ma ci sono anche i nostri santi e dei di pietra che vengono impacchettati per proteggerli dalle onde d’urto dei bombardamenti. E forse proprio questa foto, pubblicata dal NYT, che rappresenta la statua di Cristo Salvatore della Cattedrale armena di Leopoli, mentre viene portata in un bunker, è il simbolo di un popolo, di una umanità che vuole difendere i propri valori identitari, le proprie radici culturali.

Nella guerra che Putin sta conducendo contro l’Ucraina si stanno aprendo delle ferite sempre più profonde: alle immagini terribili delle strade affollate dai profughi, si aggiungono quelle dei bombardamenti su chiese, monumenti e siti architettonici, immagine chiara e indelebile di una nuova epurazione culturale. Chiaro.

Dalle università ai musei, la ferocia della guerra di Putin sembra voler cancellare anche la storia del popolo ucraino. La Cultura, i monumenti e il patrimonio storico di ogni Paese ne costituiscono l’ossatura, l’identità e la storia: un bagaglio attorno al quale si costituisce una nazione e un popolo, testimonianza intoccabile di ciò che è stato e il seme di quel che sarà.

Il ministro alla Cultura Oleksandr Tkachenko ha lanciato un appello  «I missili e gli aerei russi stanno deliberatamente distruggendo i centri storici delle grandi città». A Kharkiv, seconda città dell’Ucraina dopo la capitale Kiev, i bombardamenti russi hanno distrutto l’Università e colpito la simbolica piazza delle Libertà, da cui si accedeva al museo di arte contemporanea, il Yermilov Centre.

Intanto i rappresentati nazionali e internazionali UNESCO in questi giorni hanno iniziato ad incontrare i funzionari dei musei ucraini mettendo in agenda una sessione per il 15 marzo per esaminare l’impatto dei danni subiti finora in tutto il paese. L’Ucraina è il secondo Paese più grande d’Europa, un territorio ricco di storia e di beni artistici con sette siti UNESCO. Sotto attacco delle truppe russe sono a rischio gioielli come la Cattedrale di Santa Sofia a Kiev, con le sue cupole dorate,  le testimonianze archeologiche di Sebastopoli con i resti di una città fondata dai greci sulle rive del Mar Nero, a rischio anche il magnifico centro storico medievale di Leopoli a Cernivci con la favolosa residenza dei metropoliti bucovini e dalmati, la mitica scalinata Potemkin di Odessa, nel cui museo d’Arte Occidentale e Orientale è custodito il dipinto “La Cattura di Cristo”, attribuito a Caravaggio, l’arco geodetico di Struve una catena di triangolazioni geodetiche che vanno da Hammerfest in Norvegia al Mar Nero, attraversando 10 nazioni e per una lunghezza complessiva di circa 2.820 chilometri, l’antica città di Chersoneso Taurica e la sua Chora, le antiche faggete primordiali dei Carpazi.

Anche l’ICOM (International Council of Museums)  l’organizzazione internazionale dei musei e dei professionisti museali ha espresso la sua ferma condanna alla violazione dell’integrità territoriale e della sovranità dell’Ucraina da parte delle forze militari russe, e avverte tutte le parti interessate di “vigilare sul potenziale aumento del contrabbando di materiale culturale proveniente dalla regione”, ricordando a tutti i governi i loro obblighi internazionali ai sensi della Convenzione UNESCO del 1970, ricordando che entrambi i Paesi fanno parte della Convenzione dell’Aja ratificata nel 1954 e aggiornata nel 1999, per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, alla quale partecipa anche l’Italia, dal 1958.

Però è necessario fare un passo indietro e dire a Vladimir Putin che proprio nel 1874, su iniziativa dello Zar Alessandro II, i delegati di 15 Stati Europei si riunirono a Bruxelles per stipulare la Dichiarazione sulle leggi e i costumi di guerra e all’Articolo 8  in forma embrionale nasceva il concetto di protezione del patrimonio culturale nel diritto internazionale, secondo il quale il sequestro, la distruzione e il danneggiamento intenzionale dei “beni dei comuni, quelli delle istituzioni dedicate alla religione, alla carità e all’educazione, […] dei monumenti storici, delle opere d’arte e delle scienze deve essere oggetto di un’azione legale da parte delle autorità competenti”.

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