Dante Alighieri è un autore epocale che ha cambiato la storia della letteratura mondiale, inserendosi con Omero, Virgilio e Shakespeare, nell’Empireo della poesia di tutti i tempi e tutti i temi. Che strega, affascina e rapisce i lettori di ogni epoca, portandosi allievi ed epigoni a oltre 600 anni dalla sua morte. Dal nobel T.S. Eliot che lo considerava il maggior poeta della cultura europea “maggiore di tutti i poeti inglesi”, al cieco Borges, passando per i massimi autori del canone occidentale e non solo, rendendo imprescindibile il confronto con l’opera del sommo poeta. Tanto che nell’ultimo anno sono incorse numerose riletture e presentazioni dell’opera del toscano. C’è il Dante umano e storico, politico e personale, di Alessandro Barbero, quello fondatore primigenio dell’Italia e della sua cultura, di Marcello Veneziani, patriottico e fustigatore di costumi, nazionale e pater patriae della nostra cultura. C’è quello deviato, che viene additato come maestro oscuro del multiculturalismo ed anticipatore dell’open society. O di contrappasso, non a caso, il bieco reazionario dipinto dal politically correct, offensivo verso le minoranze e i non credenti, quindi da epurare.
C’è poi il il tomista, il cristiano e rappresentante della tradizione medievale, esoterico ed eterno. È il Dante proposto dalla Cinabro Edizioni, quello degli “studi danteschi” di Guido De Giorgio.
L’opera si compone di una serie di scritti inediti del filosofo che mostrano in Dante una profonda continuità con la tradizione culturale romana, tramite riferimenti ai valori dei mores maiorum e degli esempi della cultura latina. Attraverso un sincretismo culturale che riesce ad unire l’ortodossia cattolica agli spunti e alle suggestioni della filosofia islamica, innestando misticismo e rigorismo formale. Temi profani e sacri. Raccontando la Divina Commedia alla luce di quella Tradizione sapienziale ed esoterica, mostrando la commedia come un cammino iniziatico del cristiano contro lo smarrimento e il disordine del mondo. Riconducendo il sommo poeta ad una visione estetica eterna, differentissima da quella attuale per cui esso è “poeta secondo la definizione che da Boccaccio dei poeti: essi camminano sulle pedate, cioè sulle orme dello spirito santo”. Per De Giorgio il fiorentino è “poeta in un senso speciale”, ispirato “dallo spirito santo”, poiché è un tramite dell’assoluto col mondo. Rifacendosi alla massima islamica se “Cristo è grande e Dante è il suo profeta”. Non si può leggere la Commedia se non come il grande cammino di purificazione dell’uomo, che avviene come una immersione nel mondo soprannaturale dello spirito. Che è commedia perché “ha un triste inizio, la terra, e un lieto fine, il cielo. Perché da un illusione, il mondo, va alla verità:Dio”. Nell’opera di De Giorgio, la Commedia non è solo un capolavoro della letteratura, ma l’opera monumento della Cristianitas, l’opera eterna dello spirito, che rappresenta la tradizione romana e sapienziale, classica e mediovale, spirituale e terrena. Di cui Eneide e Odissea sono solo la prefigurazione. È il grande capolavoro della “poesia d’amore”. Etimologicamente azzeccato, poiché, poesia è creare demiurgicamente e rendere sacro, e Dante è poeta d’amore, perché parla dell’amore non solo umano verso Beatrice,ma quello sacro verso il divino, quell’amore che è A-MORS, cioè immortalità, fuga dalla morte. Nonostante le opinioni controverse ed opinabili del suo autore gli studi su dante, sono testi unici e immortali, mistici ed esoterici, affascinanti e illuminanti, che portano il lettore alle porte del significato dell’opera del più grande scrittore romanzo di tutti i tempi.