L’Italia s’è desta al grido di “elezioni subito”

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Mentre a Montecitorio i deputati di Pd, M5s e Leu, abbarbicati sugli scranni della Camera, ascoltano plaudenti il discorso del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, fuori dai palazzi si riversa un fiume tricolore che invade il centro di Roma. Dalle Alpi alla Sicilia, decine di migliaia di persone hanno raggiunto la Capitale per rivendicare il proprio diritto di popolo sovrano – il voto – che ritengono sia stato usurpato dall’inciucio giallo-rosa.

Fin dalla prima mattina si intuisce che la manifestazione organizzata da Fratelli d’Italia e sostenuta dalla Lega davanti la sede della Camera avrebbe registrato un boom di presenze. Piazza Montecitorio si riempie in fretta, ben prima che i politici salgano sul palco per gli interventi. E i cittadini continuano ad arrivare – armati di sana rabbia e di tricolori, senza bandiere di partito – in una sorta di stillicidio che in poco tempo congestiona il già saturo centro di Roma. Per motivi di ordine pubblico, vengono transennati tutti gli accessi alla piazza, così il disappunto popolare si trasforma in un arcipelago di raduni nei pressi della Camera. Traboccano di gente che preme sulle transenne anche piazza Capranica, piazza del Pantheon, via Uffici del Vicario, Via del Corso su due opposti punti d’accesso a piazza Colonna, dove si trova Palazzo Chigi. Ovunque – tra le viuzze, le strade e le piazze della Città Eterna – si odono le grida d’istanza del popolo italiano: “Elezioni subito” è il motto più scandito. Ma vanno tanto anche “No al governo delle poltrone” e, ovviamente, l’inno d’Italia.

La strofa “l’Italia s’è desta” scuote i palazzi e scuote anche le coscienze. Era dai tempi di Tangentopoli che le strade limitrofe al Parlamento non venivano calcate da un’onda di protesta così ingente. E all’epoca non c’erano i social, che rappresentano oggi un vero e proprio surrogato virtuale dell’attivismo di piazza. Segno del fatto che per il popolo italiano la misura è davvero colma. L’inciucio che si è consumato sotto il solleone è costituzionalmente lecito, ma non ha alcuna aderenza con il Paese reale. La disarmonia tra il nuovo corso giallo-rosa e il popolo è plasticamente rappresentata dalle cocenti sconfitte elettorali subite da Pd e M5s alle elezioni locali e alle Europee che si sono tenute da quindici mesi a questa parte. Elezioni in cui Leu – che in cambio del suo sostegno indispensabile all’esecutivo in Senato ha ottenuto l’importante Ministero della Salute – ha raccolto percentuali esigue. È così che la gente ha lasciato i telefonini in tasca ed è tornata a gridare il proprio dissenso per le strade. Contro quello che il direttore di Cultura Identità, dal palco allestito a piazza Montecitorio, ha definito un governo “cagoia (nomignolo dispregiativo che Gabriele d’Annunzio attribuì al presidente del Consiglio Francesco Saverio Nitti, ndr), traditore, trasformista, che vuole sovvertire la volontà del popolo italiano”. Tornando sulle polemiche alimentate da chi ha accusato gli organizzatori della manifestazione di aizzare le folle, Sansoni ha spiegato che “qualcuno vorrebbe far credere che essere qui sarebbe come violare la democrazia, non rispettare il Presidente della Repubblica e la Costituzione. Invece noi – prosegue – vogliamo manifestare il nostro dissenso e rivendicare il nostro diritto alla libertà d’espressione. A cento anni dall’impresa di Fiume, noi oggi non obbediamo!”. Un secolo esatto è passato da quando uno stuolo di legionari, guidati dal vate d’Annunzio, marciò sulla città irredenta per rivendicarne l’italianità. Quell’amor patrio innerva oggi la sostanza civile del popolo italiano. Prossimo appuntamento il 19 ottobre, sempre a Roma, per una nuova manifestazione contro l’inciucio giallo-rosa. Ed è facile prevedere che altre ancora ce ne saranno, finché la parola non sarà di nuovo consegnata ai cittadini.