“L’Italia va avanti perché ci sono i fessi…”

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Il 14 luglio di quarant’anni fa moriva Prezzolini (Perugia, 27 gennaio 1882 – Lugano, 14 luglio 1982), un “anarchico conservatore” come lo ha definito Marcello Veneziani: ma chi è il vero conservatore? Il vero conservatore è un innovatore, come disse Prezzolini nel Manifesto di Conservatori. Il padre del conservatorismo italiano disse che l’Italia va avanti perché ci sono i fessi che lavorano, pagano e crepano e chi fa la figura di mandare avanti il Paese sono i furbi, che non fanno nulla, spendono e se la godono. Per questo il conservatore è l’unico che può cambiare la mentalità del Paese. Per tributare questo grande giornalista e scrittore, vi proponiamo l’imperdibile ritratto di Giuseppe Prezzolini a firma di Alessandro Gnocchi uscito sul numero di maggio del mensile CulturaIdentità dedicato ai “Profeti inascoltati del Novecento” (Redazione)

“L’Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l’Italia sono i furbi, che non fanno nulla, spendono e se la godono”.

Esiste, nella cultura italiana, una “funzione Prezzolini”. Consiste in una secchiata d’acqua gelida in faccia ai luoghi comuni, una adesione spontanea al non conforme, una ricerca infaticabile di porte da aprire e mondi da scoprire. Idealista tra i positivisti. Direttore de “La Voce”, rivista (contemporaneamente!) fascista e antifascista uscita prima del fascismo e dell’antifascismo. Borghese nell’epoca degli intellettuali alla guida del proletariato. Portavoce di una idea di cultura con l’ambizione di influenzare la politica senza prendere parte alla lotta quotidiana e senza preoccuparsi delle conseguenze (leggi: assegnazione di prebende o esclusione da esse). Prezzolini è stato tutto questo, e anche molto altro. Per dire, i suoi studi sulla letteratura degli immigrati (italiani) negli Usa precedono di alcuni anni-luce il dibattito su questo tema, portato all’attenzione generale dalla globalizzazione. Compagno di strada dei liberali, ma non assimilabile ad essi, attento alla religione, ma anche a tenerla separata dallo Stato, Prezzolini, su invito di Alfredo Cattabiani, scrisse un Manifesto dei conservatori che avrebbe potuto porre le basi di un movimento capace di radunare tutta la destra. Vasto programma, ispirato soprattutto a Gaetano Mosca e Vilfredo Pareto.

Dionisio di Francescantonio, matita su carta, 2021

Vasto programma anche perché il conservatore di Prezzolini non guarda in faccia a nessuno, nemmeno ai conservatori stessi: “Il Vero Conservatore è persuaso di essere se non l’uomo di domani, certamente l’uomo del dopodomani”. Astenersi dunque parrucconi e bigotti. Il Vero Conservatore “non è contrario alle novità perché nuove” ma “non scambia l’ignoranza degli innovatori per novità”. Guarda indietro, per andare avanti. Cerca ispirazione nei “fondamenti della vita sociale” (proprietà privata, famiglia, patria e religione) al fine di trovare soluzioni adatte ai problemi del presente. La storia è cambiamento continuo ma una società libera sa trovare, da sola, le istituzioni sociali e i valori morali intorno ai quali raccogliersi e costruire il futuro. Il Vero Conservatore è realista. Si schiera per il permanente contro il transeunte, per il provato contro il teorizzato, per i provvedimenti graduali contro le utopie rivoluzionarie. Ride di chi proclama l’uguaglianza degli uomini, alla quale preferisce la giustizia. Vuole la separazione dei meritevoli dagli incapaci. Crede nella competizione. Per il Vero Conservatore, lo Stato deve essere forte ma anche minimo: “dovrebbe limitarsi a provvedere, in modo tecnico perfetto, alla sicurezza dell’indipendenza nazionale, alle comunicazioni rapide e a buon mercato, all’igiene necessaria alla salute della popolazione, alla scuola che sa scegliere i migliori, a una vecchiaia non questuante, alla cura delle malattie gratuite; e soprattutto dovrebbe offrire un corpo di giudici imparziali, un codice di leggi chiare, una esecuzione della giustizia rapida e poco costosa per tutti ed una stabilità che permetta ai cittadini di provvedere al futuro con una certa sicurezza». Insomma, lo Stato di diritto, che di solito è alla base delle democrazie liberali, per noi italiani è il fine quasi irraggiungibile. Un Vero Conservatore, ribadiva Prezzolini in una intervista a Panorama del 1976, nell’Italia di oggi, in cui c’è nulla o quasi da conservare, «sarebbe un rinnovatore». Il Manifesto dei conservatori lancia una sfida alla cultura di destra: per appassionare e cambiare la mentalità del Paese, deve mostrare anche lo spirito d’avventura che anima il vero conservatorismo in tutte le sue declinazioni. Prezzolini l’ha fatto.

Bibliografia essenziale: Vita di Nicolò Machiavelli fiorentino, Dopo Caporetto-Vittorio Veneto, L’italiano inutile, Manifesto dei conservatori, Intervista sulla destra, L’Italia finisce. Ecco quel che resta, Saggi e polemiche.

2 Commenti

  1. Chi è furbo ecc. come diceva Prezzolini, sono pure i politici di questo centrodestra, dove, se guardi il reale lavoro produttivo per il paese, non uno, non uno, di questa gente ha mai lavorato in vita sua. Compresi i cosiddetti professionisti e altri possessori di partita IVA tipo avvocati e imprenditori ficcati in parlamento grazie al meccanismo attuale e alla stupidità di chi li ha eletti. E neppure il signor Silvio, ha mai lavorato seriamente in vita sua, anche perché produrre spettacoli cretini non è lavoro che interessi al vero Paese. E men che meno la Meloni.
    Il problema? Tutta questa gente “okkupa” il posto che altri dovrebbe occupare…

  2. Mario Draghi intanto ha suonato la campanella della fine dei giochi e si appresta a salire al Quirinale. Da chi, proprio per avere impropriamente innaffiato, con l’acqua ideologica e costi quel che costi, l’albero rosso della cuccagna, è la causa di questo caos. E non è la sola novità. Elio Vito, infatti, sterza a sinistra. Quasi certamente, con la benedizione di Berlusconi. Che, dopo aver smarrito la via del Quirinale, forse pensa di rifarsi con Chigi. Da ciò il suo serpeggiare nei confronti della Meloni. Pur sapendo che sa di tradimento lontano un miglio. Ma è il solo modo che gli resta per poter di nuovo varcare la soglia del Chigi, anche con la Meloni incoronata da una messe di voti. Le vie della politica un tanto al chilo, insomma, portano a sinistra. Con Fi che, venendo finalmente allo scoperto, va ad abbracciare quella sinistra con la quale mai ha smesso di amoreggiare. A patto, però, che gli elettori del centrodestra non la boccino con gioia nelle urne elettorali. E potrebbe essere la giusta risposta per un meritato pensionamento del cavaliere Berlusconi.

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