Secondo il rapporto dell’Ocse “Society at a Glance 2024”, che permette di misurare la tendenza alla denatalità in confronto al comportamento negli altri Paesi, il tasso di fecondità totale (Tft) italiano è tra quelli più disastrati. Infatti, l’Italia si conferma tra i più bassi, un primato negativo condiviso con la Spagna: 1,2 figli per donna. Peggio c’è solo la Corea del Sud «con un tasso stimato di 0,7 figli per donna nel 2023».
Un inverno demografico che continua a colpire senza tregua la nostra Nazione e al quale la politica, almeno una parte, sta cercando di porvi rimedio con una serie di proposte. Tra queste c’è quella del senatore Maurizio Gasparri (seconda firma Roberto Paroli) col reddito di maternità, ossia un assegno da mille euro al mese, per cinque anni.
Un’iniziativa il cui scopo è quello di impedire che le difficoltà economiche siano un ostacolo nel portare a termine la gravidanza. “Può essere che una donna su mille dica ‘se lo Stato mi aiuta ce la posso fare”, è così che Gasparri ha sostenuto la sua posizione, depositando in Senato il disegno di legge.
“Ferma restando la libertà di interrompere la gravidanza, lo Stato può offrire un’alternativa – ha sottolineato il capogruppo di FI a Palazzo Madama -. Ci sono degli articoli della legge 194 che molti si sono dimenticati”.
Tra questi, ad esempio, l’art 5 della legge 194 sull’aborto che, come si legge nella relazione che accompagna il disegno di legge – dispone: “che il consultorio e la struttura socio-sanitaria, oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici, hanno il compito, quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dalle condizioni economiche o sociali, di esaminare con la donna le possibili soluzioni dei problemi, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero all’interruzione della gravidanza” e “migliorare la condizione economica delle donne è quindi un obiettivo sociale e politico indispensabile per ridurre effettivamente gli aborti”.
Nel ddl composto da due articoli, è istituito il “‘reddito di maternità’ che costituisce un beneficio economico, su base mensile, concesso su richiesta alle donne cittadine italiane residenti che si rivolgono ad un consultorio pubblico o ad una struttura socio sanitaria a ciò abilitata dalla Regione, o a un medico di sua fiducia”.
Questo “Al fine di ridurre le richieste di interruzione della gravidanza motivate dall’incidenza delle condizioni economiche”.
Il reddito “spetta nella misura di 1.000 euro mensili per dodici mensilità, a condizione che il valore dell’ISEE del nucleo familiare di appartenenza della richiedente non sia superiore a 15.000 euro, fino al compimento del 5° anno di età del bambino”. Il disegno di legge istituisce presso il Mef un fondo denominato ‘Fondo per il reddito di maternità’ con una dotazione di 600 milioni di euro annui a decorrere dal 2024, da alimentare con “razionalizzazione e revisione della spesa pubblica”.
Eppure, nonostante si tratti di una proposta in funzione della legge 194, la cui difesa è ormai cavallo di battaglia della sinistra e dei 5 stelle, le polemiche sono state sollevate proprio da questi ultimi.
A tal proposito basti ricordare quanto sostenuto dalla vicecapogruppo M5s al Senato Alessandra Maiorino, per la quale “Il reddito di maternità è offensivo dopo lo stop Reddito di cittadinanza”. C’è chi, come Luana Zanella, capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera, ha parlato di “misoginia”: “Pensare che bastino pochi soldi erogati a donne povere che scelgono di abortire per sostenere la maternità è un’offesa all’intelligenza delle donne e un ulteriore espressione di misoginia di certa classe politica”.
C’è chi, invece, ha considerato l’iniziativa di Gasparri “una invadenza perversa nella vita delle donne”. Questo è quanto ha sostenuto il presidente dei senatori del Pd Francesco Boccia, bollando la proposta di Gasparri come “un ricatto economico sulla pelle delle donne” nonché un “insulto” alle stesse. Eppure, l’art. 5 sopracitato parla chiaro sul contrasto alle difficoltà economiche viste come cause che potrebbero portare all’interruzione della gravidanza. Questo a conferma che la legge 194 tutela principalmente il diritto alla maternità anziché all’aborto.