Esce domani il nuovo numero di CulturaIdentità. Il leitmotiv del giornale è “la terra dei Miti“, partendo da Pomezia, città identitaria e sede del X festival delle Città Identitarie il prossimo fine settimana. E dunque non poteva non essere Sergio Leone uno dei temi principali del numero, quel maestro di cinema e creatore di miti che girò due film nel comune pontino e che là volle essere sepolto, nel piccolo cimitero di Pratica di Mare.
Sergio Leone viene raccontato da tre penne d’eccezione: innanzitutto Luca Verdone, con uno sguardo di chi è “dell’arte” e soprattutto di chi l’ha conosciuto personalmente. Verdone analizza il lavoro del Maestro romano della cinepresa: quei soli sette film che hanno rivoluzionato il genere western, creandone la variante “all’italiana” (da cui poi sarebbe nato lo “spaghetti western”). Ma il western all’italiana di Leone non era solo la versione de noantri di un genere d’oltreoceano. Era l‘irruzione dell’epica omerica nella storiella sceriffo-fuorilegge e indiani-cowboy dell’originale a stelle e strisce. Luca Verdone ci spiega quanto la cultura classica (non solo Omero, ma anche l’immaginario visivo, come quello che emerge dalle statue) abbia influenzato Sergio Leone nella creazione dei suoi capolavori.
E’ poi Carlo Cambi che sposta la prospettiva. Se Leone è stato un creatore di miti, omericamente intesi, è stato anche e altrettanto un distruttore di stereotipi. E non poteva essere altrimenti, perché per far posto a qualcosa occorre buttare via il vecchio. Così, ci dice Cambi, il cinema di Sergio Leone è una “provocazione intellettuale-culturale”. I suoi sono anti-eroi (nel senso moderno del termine, dunque. In quello classico non esiste distinzione fra eroe e antieroe, poiché era l’impresa che faceva l’eroe, non la sua caratura etica), come Clint Eastwood che non arriva su un bianco destriero, ma a dorso di mulo. E’ impolverato, sporco e “puzza di carogna”. Olfattivamente e moralmente.
Infine, ultima ma non ultima, non poteva mancare l’analisi di quello che è stato uno dei principali fattori del successo dei film di Leone: la musica. Quelle colonne sonore create da Ennio Morricone che sono un tutt’uno con le scene per quanto perfettamente concepite coi film. Il sodalizio fra Leone e Morricone ci viene raccontato da un musicista di vaglia, il maestro Gianmario Strappati, a partire da quando i due erano compagni di scuola, al loro ritrovarsi sul set di “Per un pugno di dollari”.
Un ritratto da non perdere, quello di Sergio Leone sulle pagine di CulturaIdentità domani in edicola. Corri a prenotare la tua copia oppure abbonati per riceverla comodamente a casa, cliccando sul link qui sotto!