Smaila: “Il mio canto rossonero con gli ultras e Toni Renis”

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Umberto Smaila è un’icona dello Spettacolo italiano, una bandiera sincera di quell’italianità geniale e genuina che stiamo perdendo. E come tutti gli italiani che amano le belle done donne e il calcio (nell’epoca del politicamente corretto oramai quasi non si può più dire) ha festeggiato da grande tifoso rossonero l’undicesimo scudetto del suo Milan in Porta Venezia a Milano in un mare di folla. Sul suo profilo Instagram ha poi postato quell’inno scritto per la squadra del cuore, lui che in passato ha festeggiato tante vittorie della squadra di Silvio Berlusconi.

Umberto, quando lo hai scritto questo inno?

L’ho composto insieme ai Ragazzi della Curva Sud, era il primo scudetto dell’era Berlusconi. Avevo chiamato un gruppo ultras per cantarlo con me in studio. Si trattava di un’iniziativa autonoma rispetto alla gestione complessiva del Milan e tale è rimasta. E’ un inno popolaresco, piu “da curva”. E’ il mio canto rossonero, poi Toni Renis ha fatto il suo, ma i tifosi ultras sono sempre stati legati al mio inno.

Questo non è il tuo primo titolo rossonero vissuto da milanese, vero?

Ero venuto qui a Milano nel 68 per vedere Strehler al Piccolo Teatro, quel giorno il Milan festeggiava il suo scudetto con Prati e Rivera, allora vivevo a Verona ma quel giorno capii che Milano sarebbe diventata la mia città. Uscire da via Rovello in mezzo ai cortei e a tutte quelle bandiere del Milan fu qualcosa che mi colpì moltissimo. Dopo due o tre anni ero al Derby di Milano, una sera incontrai Gianni Rivera, il mio idolo: da lì si confermò il mio tifo, nato da una grande ammirazione per il “golden boy”.

Qual è la prima immagine che ti viene in mente associata a questa vittoria?

La grande simpatia dei tifosi rossoneri, la loro grande voglia di scendere in piazza e nelle strade: una specie di stracult cittadino, il cuore della grande città. L’immagine che mi viene in mente è quella di una commozione generale, perché era da tanto tempo che aspettavamo questo momento. E poi abbiamo sconfitto l’Inter, quindi vale il doppio. Altro che cugini, parenti serpenti!

Il Milan che hai visto nel ’68 in cosa è diverso da questo?

E’ sempre lo spirito di una squadra abituata a lottare e a privilegiare gioco e risultato finale: è sempre stato il nostro must, portato avanti da grandi come Gianni Rivera e Arrigo Sacchi. Il tifoso milanista classico non gode dell’uno a zero, è esigente, vuole bel gioco e quello che si è visto ieri è stato anche bel gioco, dobbiamo ringraziare Pioli. Io durante tutto l’arco di questo campionato a volte sono stato titubante e pessimista, ma nelle ultime dieci partite è successo qualcosa, quel di più che ha permesso questa grande vittoria. Mi auguro che non si esaurisca qui e che dia altri grandi risultati.

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