Vietato ballare: ecco la “covideologia”

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Riccardo Paccosi è un soggetto difficile, se non impossibile, da classificare. Non lasciatevi ingannare dalle immagini buffonesche che accompagnano il suo profilo social, rischiereste solo di rimanere ancor più confusi e fuorviati. Cosa aspettarsi da un soggetto che allestisce spettacoli mescolando spudoratamente filosofia, critica sociale e commedia sexy? O che alterna rime goliardiche sulle flatulenze che nemmeno i ragazzi di prima media, a momenti di analisi sociopolitica di rara prospettiva? Da tale soggetto non può venire altro che un’opera singolare fin dalla forma. Un mondo senza danza – Glossario Filosofico-poetico al tempo della Covideologia, infatti, anticipa fin dal titolo la sua struttura in capitoli dedicati a concetti, ciascuno legato ai profondi cambiamenti di paradigma che la situazione pandemica, o chi per essa, ci costringe ad affrontare. Non inganni il termine “covideologia”: non ci troviamo di fronte a gratuiti deliri complottisti, nulla viene negato nella sua realtà, quanto piuttosto calato nel contesto umano e filosofico di una tensione fra la conservazione di valori storici e l’opportunità, ben vista da alcuni gruppi di potere, di una rivoluzione antropologica di portata epocale. La volontà di instaurare una società in cui l’elemento umano è considerato un accidente a cui dare contenimento emerge prepotente da parte di coloro che vedono il progresso come un valore assoluto, ineluttabile e positivo a prescindere dalle sue conseguenze. La progressiva eliminazione del contatto fisico attraverso il distanziamento sociale, suffragata dalla necessità di limitare i contagi e culminante nel divieto della danza, emerge come punto cruciale della palingenesi covideologica. L’eterno contrasto delineato da Nietzsche – a cui è dedicato un capitolo – tra la visione dionisiaca, di cui la danza è immagine, e l’attitudine apollinea che trova realizzazione nel concetto di sostenibilità, è il cuore del libro di Paccosi, che vede nell’umanissimo aspetto della “dismisura” l’elemento chiave per limitare e combattere un processo sociale alienante. L’autore, che ama definirsi socialista, è cresciuto in un contesto di sinistra “di strada”, lontano dalla boria radical chic, che oggi gli permette di affrontare una tematica dai forti connotati politici e ideologici in modo trasversale (la sinistra mainstream è ritratta impietosamente…), senza tuttavia perdere mai di vista la poesia dell’uomo, senza mai trascurare il disperato e primordiale bisogno di socialità che solo può fare la differenza.

Come uomo di spettacolo, che in questo preciso momento patisce sulla sua pelle gli effetti devastanti che la pandemia esercita sugli artisti, Riccardo Paccosi offre un’analisi insolita, cruda e amorevole allo stesso tempo, filosofica e a misura d’uomo (e su questo ha ben appreso la lezione di Agamben). Cosí, tra un capitolo dedicato a Deleuze e uno a Spinoza, passando per Leopardi e il già citato Nietzsche, emergono impeccabili momenti di riflessione su come potrebbero evolvere le attitudini umane, dalla sessualità al senso del sacro, se la Covideologia dovesse prevalere. In un consolidato senso del tragico, Paccosi ha tuttavia ben presente la forza poetica della parola e dell’azione: “Solo lo sguardo poetico consente di prendere atto del nulla e generare, da questa consapevolezza, un’etica combattente”. Sull’onda di quella “dismisura” che è cifra della dimensione umana, Paccosi invita a mantenere viva la danza che tutti unisce nel nome dell’arte, della poesia e – perché no – della allegra cialtronaggine di cui pure è maestro.

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