28 assegni al posto del reddito di cittadinanza

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Secondo Lorenzo Pregliasco di Youtrend il centro destra in questa campagna elettorale non dovrebbe insistere a parlare di abolizione del reddito di cittadinanza come, ad esempio, è stato fatto già più volte fatto da Giorgia Meloni; pur riflettendo sul fatto che il vantaggio è talmente ampio ad oggi che questo “chiacchericcio” potrebbe in finale rafforzare il M5S a discapito proprio del PD. Insomma, se c’è un momento in cui il centro destra può permettersi una campagna elettorale a viso così aperto anche sul reddito di cittadinanza, forse è proprio questa. Conclude alla fine Pregliasco.

Vero è che a parlare di abolizione del reddito di cittadinanza durante una campagna ci vuole comunque un gran bel coraggio. Secondo l’INPS durante i primi tre mesi del 2022 le famiglie che percepiscono questo sussidio sono quasi 1,5 milioni. Le persone coinvolte invece sono più del doppio: quasi 3,3 milioni. Con un importo medio erogato di circa 560 euro.  Senza alcun dubbio voti che potrebbero fortemente condizionare l’esito di qualsiasi competizione elettorale qualora questi cittadini si mobilitassero in massa. Presumibilmente in favore del M5S che del reddito di cittadinanza ha fatto da sempre la sua bandiera. E non è un caso che tutti i sondaggi sono concordi nel confermare come la progressiva erosione del consenso in favore del movimento di Beppe Grillo si sia da tempo arrestata e sia anzi in fase di lento recupero nonostante le continue scissioni.

Ma dato che il tema c’è ed è ben presente la destra non può a questo tempo sottrarsi dall’affrontarlo. Due sono infatti le cose che più stanno a cuore agli elettori: il caro bolletta ed il lavoro. Quest’ultimo mai abbastanza o comunque mai sufficientemente pagato. Un dato su tutti è in proposito eloquente, a mio avviso. Nel 2009, subito dopo la grande crisi finanziaria scoppiata a seguito del crack Lehman, gli occupati in Italia erano quasi 25 milioni. Grosso modo come alla fine del 2021, quando le persone che lavoravano erano appunto pari a circa 25,1 milioni. Sembrerebbe quindi che la situazione rispetto ad allora non sia migliorata granché. In realtà e molto peggiorata. Sappiamo infatti che non tutte le persone lavorano la stessa quantità di ore. C’è chi è impiegato a tempo pieno per 40 ore settimanali e chi in realtà lavora di meno. Anche la metà del tempo. Gli occupati insomma non sono tutti uguali. Una persona che lavora full time conta come un occupato. Due persone che lavorano 20 ore settimanali ciascuna fanno due occupati. Ma in termini di ore lavorate sono di fatto due situazioni identiche. Anche se nel secondo caso gli occupati sono due invece che uno. Ecco perché gli economisti sono soliti ragionare in termini di “unità di lavoro standard”. Chi lavora quaranta ore settimanali è un’unità di lavoro. Chi lavora la metà è mezza unità di lavoro. Due persone che lavorano la metà fanno un’unità di lavoro. Ecco che nel 2009 avevamo 24,3 milioni di unità di lavoro. Gli occupati erano di più. Quasi 25 milioni. Perché appunto c’erano un po’ di part time. Nel 2021 le unità di lavoro erano invece un milione di meno. 23,3 milioni. Detto in altri termini, data la quantità di lavoro profusa in Italia, è come se in Italia vi fossero stati nel 2009 24,3 milioni di lavoratori full time contro i 23,3 milioni del 2021. In pratica i lavoratori sono gli stessi. Ma si lavora di meno. E si guadagna di meno. E questo è un problema enorme soprattutto con le bollette che stanno arrivando da settimane nelle case degli italiani. E se esiste un’emergenza lavoro, ecco che la destra farebbe bene ad occuparsene.  Non basta cioè dire che si abolisce il reddito di cittadinanza. Questo è un messaggio solo “in negativo”. Serve invece una proposta “in positivo”. Una di queste potrebbe, ad esempio, essere un programma di lavoro garantito destinato ad un milione di disoccupati cui vengono “idealmente assegnati” 28 assegni da 1.300 euro cadauno che verrebbero mensilmente incassati nei successivi due anni dal datore di lavoro che assume questi disoccupati. 28 assegni sono due anni di stipendi pagati. Tredicesima e quattordicesima inclusa. L’importo non sarebbe tale da coprire l’intero costo del lavoro sia chiaro. Ma sarebbe un forte incentivo all’assunzione. La misura costerebbe a regime fra i 15 e 16 miliardi di euro. Avrebbe un impatto sul PIL dell’1% circa ma farebbe aumentare il debito in misura inferiore. Dello 0,7%. Magia dell’algebra e delle frazioni: il rapporto debito/Pil diminuirebbe. Il razionale di questa proposta sarebbe chiaro: invece che pagarti 560 euro per non fare nulla te ne do 1.300 e mi pitturi una scuola. Oppure lavori al bar o in una concessionaria. Cosa di più normale?

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2 Commenti

  1. E’ un tema molto complesso, ma in generale direi che e’ immorale pagare una persona sana di mente e di corpo per non fare nulla. E l’intervento dello stato e’ quasi sempre il percorso errato, perche’ lo stato non conosce le realta’ locali e in ogni caso non puo’ controllare. In paese tutti sanno che Enrico ha il Mercedes SUV e prende il RdC, Roma non lo puo’ sapere. Percio’ le soluzioni devono venire ed essere gestite dalle autorita’ locali. Inoltre la generalizzazione degli aiuti non ha senso: 1300 euro a Milano sono una cosa, a Catania un’altra.

  2. Sarebbe una bella controproposta, però lo Stato in realtà vuole gente che “crei ricchezza”, non basta saper pitturare una scuola. Il problema è anche che non ci sono più soldi nemmeno per comprare quello che viene prodotto nelle fabbriche.

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