Che in Italia, a partire dal primo dopoguerra, la Sinistra abbia proceduto ad una sistematica occupazione dei più importanti luoghi della cultura tramite personalità affini, non è certo un mistero. Un fenomeno dilagante, considerando poi l’incapacità del mondo di destra di contrapporre figure della propria area. Così, nel lungo periodo questa tendenza sembra avere generato un imbarazzante senso di inferiorità culturale, instaurando quasi l’idea di una subordinazione antropologica del mondo liberal-conservatore di destra. E se la semina ideologica a sinistra è stata lunga e ancora oggi fruttuosa, a destra si è provveduto solo negli ultimi anni a una vera rielaborazione dei propri capisaldi culturali, anche tramite il coordinamento operato da realtà come CulturaIdentità.
Tuttavia, la storia del settore Cultura in Italia non è stata semplicemente quella di un mondo politicamente orientato a sinistra, aperto a dialogo e integrazione, ma piuttosto una storia di chiusura e prevaricazioni capaci di influenzare ingiustamente la vita di valide figure: una storia da raccontare anche nella sua brutalità “professionale”. Ed è per questo che abbiamo deciso di intervistare il Maestro Carlo Prato, direttore d’orchestra di fama internazionale, già prima parte del Teatro San Carlo di Napoli e dell’Orchestra Sinfonica RAI (Milano), docente di Conservatorio, nonché Direttore Artistico di innumerevoli festival internazionali, dell’Orchestra Provinciale Pavese e della rassegna concertistica “Limone in Classica”, sul Garda.
Maestro, oltre al curriculum di tutto rispetto, chi è Carlo Prato?
Carlo Prato è prima di tutto una persona che spera di essere ricordato come un uomo perbene. Professionalmente non posso che dirmi soddisfatto, facendo tutto da solo, senza spinte o aiuti: anzi, ho dovuto fare ancora di più per contrastare certi “bastoni fra le ruote” posti da chi non mi vedeva allineato a un certo pensiero.
Quale pensiero?
Quello di Sinistra. La mia educazione ha infuso dentro di me quei valori classici, oramai desueti, legati all’importanza di identità religiosa e nazionale. Non riesco a concepirmi slegato da ciò. Per intenderci: vorrei essere ancora considerato il papà, non il “genitore 1”.
Suo padre era direttore del coro cittadino modenese del G.U.F. durante il Ventennio: questo ha mai pesato su di lei?
Sì, era anche direttore del coro della Corale Rossini, dove cantava il padre di Pavarotti. Tuttavia, non era lì per meriti politici, ma perché aveva vinto un concorso nazionale. Era rispettato per la sua professionalità da tutti, anche da chi dall’8 Settembre si scoprì tutt’a un tratto “antifascista”, che lui comunque rispettò sempre. “Sei il figlio di un fascista”, attaccavano i miei compagni di studi, fomentati da genitori che sostenevano che, per via di quell’incarico legato al fascismo, “qualcosa doveva aver pur fatto”. Allora come ora, io non mi sentivo di difendere il fascismo, ma l’integrità di mio padre, che nonostante la sua pacificità rischiò anche la vita per una vendetta partigiana. Eppure, la sua storia fu per me sempre un marchio indelebile.
Durante la sua esperienza lavorativa in RAI è mai successo qualcosa di quantomeno “ambiguo”?
Nel 1970 la RAI di Milano bandì un concorso per oboe che si svolse misteriosamente in mia assenza. Venni a sapere tutto solo al ritorno dalle vacanze. Certo di aver presentato tutta la documentazione e abituato a non arrendermi alle ingiustizie, presentai ricorso. Svolsi così un concorso separato, che vinsi. Ovviamente la RAI non poteva silurare il vincitore del concorso precedente e così, con spesa di milioni di lire dei contribuenti, rimanemmo in due per quel posto. Non penso che il responsabile della misteriosa dimenticanza sia mai stato punito. È stata un’esperienza traumatizzante, perché mi sono sentito da allora quasi il capolista di una “lista di proscrizione”, di impresentabili per la sinistra milanese. Vedevo giovani studenti di conservatorio, “figli di”/“amici di”, fare carriere mirabolanti, magari non senza qualità, ma sicuramente con una forte spinta iniziale dall’alto.
E il clima di lavoro come era in quell’ambiente?
Si sapeva che tutto fosse regolato internamente da politica e correnti. Infastidito, opto per le dimissioni, sognando carriera altrove con la promessa di certi dirigenti che, una volta andato via, mi avrebbero comunque aiutato ad ottenere le giuste “vetrine” per le mie doti. Stupido io a credere a ciò, a pensare che una stretta di mano vecchio stampo fosse una promessa indelebile. Non voglio fare la vittima, ma che queste cose si sappiano. Anche mio figlio è un musicista, e se è vero che in Italia le colpe dei padri “non allineati” ricadono sui propri figli (così come fu per me), allora anche lui ne risentirà. Non voglio che le future generazioni guardino a ciò come la normalità.
Eppure, i più recenti dissidi sembra li abbia avuti con la scorsa amministrazione comunale di sinistra a Pavia. Può dirci qualcosa?
L’ultimo anno dell’amministrazione pavese di centrodestra (2013-14) ho potuto finalmente organizzare un concerto con il beneplacito del Comune. Alle elezioni successive, con la vittoria del csx, non mi hanno più chiamato con continue scuse, né ricevuto. È stato frustrante: volevo comunque che i miei giovani e talentuosi musicisti dell’Orchestra Provinciale Pavese potessero mostrare le proprie qualità. “Fate comunque lavorare i miei musicisti, diretti da qualcun altro”, ma niente. Hanno etichettato tutta l’orchestra, un’iniziativa culturale e libera, per le mie idee. Ho chiesto anche al direttore del Teatro Fraschini, Fiorenzo Grassi (notoriamente di sinistra), di portare in scena delle operine buffe insieme: tutto un “vedremo”.
E lei non ha mai pensato di concorrere per ruoli interni al Teatro cittadino?
Non hanno mai bandito un nuovo concorso per il Dir. Artistico, lo stesso da più di 30 anni. Per il concorso di Dir. Generale il mio CV è stato arbitrariamente scartato perché carente di esperienze organizzative. Hanno poi creato una Fondazione, che include altri teatri, in cui però tutti i direttori non mi risulta siano persone “scomode” come me.
Lei ha mai avuto una tessera di partito, legandosi precisamente a qualche forza politica?
Ho fatto la prima tessera nel 2021, ma mai prima di allora. Ho sempre voluto essere indipendente e libero, anche se dichiaratamente non di sinistra.
E con amministrazioni di centrodestra ha mai notato tendenze opposte?
Ho lasciato perdere anche con loro, perché pur cercando di contattarli (in tutta la provincia) non ho ottenuto nulla se non un incontro con l’Assessore alla Cultura di Pavia della nuova giunta di cdx. Ora che ci siete voi -pensavo- cominceremo a lavorare anche noi. Ma ho capito che ogni progetto veniva rimandato con la scusa di portare a termine la programmazione della giunta precedente. Ho notato una totale indifferenza al mondo della cultura. “Con la cultura non si mangia”, ma solo se sei di destra. A sinistra la gavetta, con le giuste conoscenze, è un optional. E questo anche grazie capillarità di fondazioni e associazioniparallele al “partito”.
Dunque, cosa si aspetta dal nuovo governo per il mondo della Cultura?
In Italia abbiamo circa 70 fra conservatori e istituti musicali, che sfornano ogni anno migliaia di studenti. Con le politiche degli ultimi anni abbiamo chiuso le 4 orchestre RAI e molti teatri. Un tempo i teatri di provincia, pur piccoli, servivano per fare gavetta. Erano pezzi di storia, legati al territorio, e possibilità formative. So che la Cultura in Italia non sia un bene a buon mercato, ma non possiamo tagliare ovunque, col rischio di far emigrare all’estero i nostri talenti. Inoltre, gradirei anche una riforma generale della didattica per la Musica: a me non interessa uno strumentista con la laurea, ma uno strumentista che sappia suonare. Spero si ragioni su tutto questo.
















