A Trino tra Cavour e la Commedia che divenne “divina”

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Dopo l’ottimo lavoro il sindaco Daniele Pane si ricandida alla guida della cittadina identitaria del vercellese

Camillo Benso. È il futuro conte di Cavour, cresciuto tra i campi che ancora oggi fanno la ricchezza di Trino, meraviglioso borgo in provincia di Vercelli. Il giovane Camillo, prima di diventare l’uomo che contribuì a fare dell’Italia un solo Stato sotto la corona della dinastia Savoia, nacque e visse nella tenuta di famiglia che poteva contare su ben 900 ettari di campagna, un mulino, una chiesa e la residenza della famiglia che oggi rappresenta un’attrazione: da recuperare, per rilanciare il turismo nel borgo di Leri Cavour, frazione del Comune vercellese.

Quella “grangia” – cioè una comunità agraria perfettamente organizzata – fu alle dipendenze della splendida abbazia di Lucedio, organizzata e ordinata dai monaci cistercensi. Un sistema preciso e funzionale, quello delle grange, che comprendeva diversi borghi rurali, sottoposto all’autorità dei marchesi del Monferrato, la cui storia si intreccia a quella delle Crociate e all’ultimo scampolo di luce dell’impero Bizantino con il matrimonio del giovane Ranieri, figlio di Guglielmo V, con Maria, figlia dell’imperatore Manuele Comneno.

La città, dunque, fu un piccolo crocevia che unì Oriente e Occidente. Lo testimonia anche il fatto che a Trino si trovasse una vivace comunità ebraica. La sinagoga, come da regola imposta ai ghetti nei secoli scorsi, praticamente invisibile dall’esterno fu dismessa solo a causa del calo demografico della città, all’unione con la comunità ebraica torinese nel primo ‘900 e dunque, del sostanziale inutilizzo della stessa che negli anni ’60 del ‘900 divenne una sala ricreativa per ragazzi. Ma molti dei suoi arredi furono trasferiti a Tel Aviv.

Trino è stata anche un polo importantissimo della cultura italiana del Rinascimento. Qui è nato e ha lavorato Gabriele Giolito de’ Ferrari, tra i più grandi tipografi italiani che diede alle stampe autentici capolavori. La storia della sua Fenice, la bottega che impiantò tra il Piemonte e Venezia, il più vasto mercato librario dell’epoca, s’intreccia a quella di Dante Alighieri: fu lui, infatti, il primo a pubblicare la Commedia col titolo boccaccesco di Divina. Da allora in poi, tutti la conoscono così.

La tradizione piemontese è anche mistero, leggenda, soprannaturale. E così a Trino, con una leggenda che ha fatto parlare di sé anche nelle televisioni nazionali. Si tratterebbe del presupposto spartito del diavolo, un brano musicale che servirebbe tanto ad evocare quanto a scacciare gli spiriti maligni.

Tra i luoghi più suggestivi del borgo vercellese c’è il cimitero di Darola, abbandonato da decenni e che attira decine e decine di appassionati del mistero, insieme al santuario di Santa Maria delle Vigne, sconsacrato anche per via di certe leggende su presunti riti, non approvati dalla Chiesa, compiuti in zona da monache e sacerdoti “deviati”. Un’eco antica delle tante eresie che qui attecchirono e che faticosamente vennero represse dalla chiesa cattolica.

Un territorio importante, ricco di storia e di cultura, che sta lavorando sodo per far risplendere le vestigia del passato. L’ottimo sindaco Daniele Pane, che ha confermato la sua ricandidatura con la lista Trino Migliore in vista delle imminenti elezioni comunali che si svolgeranno il 14 e 15 maggio, sta lavorando alacremente al recupero di monumenti e luoghi d’interesse culturale. L’obiettivo è quello di restituirli al pubblico dopo anni di incuria e di abbandono, come a Darola e a Leri Cavour. Trino punta forte sul passato per costruire più solido ancora il suo futuro.

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