Addio Glauco Mauri. “Ci lascia il più grande di tutti”

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Foto di Filippo Manzini

E’ scomparso Glauco Mauri, grandissimo attore di teatro che avrebbe compiuto 94 anni il prossimo 1° ottobre. Nato a Pesaro nel 1930, Mauri ha affrontato il suo primo ruolo da protagonista a soli 15 anni. Debutta da professionista nel 1953 e nel 1961 fonda la Compagnia dei Quattro con cui porta in scena Shakespeare, Beckett, Pasolini, Marlowe-Brecht, Del Buono, Codignola, Garcia Lorca. Nel 1981 fonda con Roberto Sturno la Compagnia Glauco Mauri, divenuta poi Mauri-Sturno. Lavora non solo in teatro, coi maggiori registi del XX secolo, ma anche per il cinema e la TV, durante l’età dell’oro degli sceneggiati Rai, nei “I demoni” di Dostoevskij e “I Buddenbrook” di Thomas Mann. Nello scorso dicembre era uscita la sua autobiografia, “Le lacrime della Duse. Ritratto di un artista da vecchio”. Nonostante l’età, Mauri calcava ancora le scene: dal 4 al 6 ottobre, infatti, avrebbe portato sul palco “De Profundis”, su Oscar Wilde, alla Pergola di Firenze.

Riprendiamo qui di seguito le parole con cui Marco Giorgetti, Direttore Generale Teatro della Toscana, ha ricordato questo grandissimo protagonista del teatro italiano e mondiale. [Red.]

Oggi ci lascia il più grande di tutti, il Maestro assoluto, il “sempre giovane” perché il solo a incarnare la suprema raccomandazione di Barrault di «conservare sempre nei confronti del Teatro una sorta di verginità permanente».

Glauco, il grande sciamano del Teatro sacro, e insieme di quello Rozzo e di quello Popolare, secondo le definizioni di Brook, il nostro Chaplin, come diceva Strehler, più grande di Chaplin perché, oltre a incarnare la sua propria poetica e a dirigere sé stesso, ha saputo mettersi al servizio dei grandi autori e dei grandi registi per dare vita con umiltà ai loro personaggi, ha saputo cambiare costantemente, restando sempre profondamente coerente con il fuoco originario del Teatro, nella imprevedibilità dello stupore che ha suscitato qualunque fosse il suo essere in scena.

La Pergola è piena della sua leggenda, che si è realizzata in tempi più o meno vicini, più o meno lontani, non importa, in un tempo che non è più tempo, da quel suo primo Portinaio del “Macbeth” di solo 70 anni fa.

Perché il Teatro è con Glauco «essere in un costante eterno presente», e chi di noi ha imparato da lui il sogno del Teatro che diventa Poesia, trasmesso dal suo Maestro Costa, non potrà mai perderlo.

Per questo il premio della Medaglia degli Immobili, riconoscimento del suo essere parte della Pergola per averla fatta e conformata, gli fu consegnato non dal Direttore ma dal più giovane degli allievi della Scuola. Resta immortale il ricordo di quel momento di due ragazzi emozionati e entusiasti.

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