Come in molte favole Totò Schillaci, scomparso prematuramente a 59 anni, diventa eroe per caso. Il grande palcoscenico di Italia’90 prevede inizialmente per lui soltanto la panchina.
La coppia titolare scelta dal CT Azeglio Vicini è formata dai ben più quotati Gianluca Vialli, fresco di una vittoria in Coppa delle Coppe con la Sampdoria e già in nazionale nei precedenti mondiali messicani, e Andrea Carnevale, protagonista delle vittorie del Napoli di Maradona. Totò non può vantare tale blasone, lui, palermitano del difficile quartiere CEP, la serie A l’ha assaggiata solamente l’anno prima, approdando alla Juventus dopo anni di gavetta e gol al Messina.
Anche in panchina la concorrenza è spietata: c’è Roberto Mancini il gemello del gol di Vialli, Aldo Serena capocannoniere dello scudetto interista e il talentuoso Roberto Baggio appena acquistato proprio dalla Juventus.
Nella partita inaugurale Totò assiste da bordo campo ai 75 minuti di tentativi azzurri per perforare la difesa austriaca, tutti vani. Vialli e Carnevale non in gran serata.
Quando Vicini sceglie lui per subentrare a Carnevale, la gente applaude ma non si scalda più di tanto, eppure è lui, in soli 3 minuti a svettare di testa su difensori più alti e infilare la porta avversaria, regalando la prima, fondamentale, vittoria all’Italia nel mondiale di casa. La favola può iniziare, Schillaci entra in uno di quei momenti durante i quali a un attaccante basta sfiorare il pallone per metterlo in rete, al contrario di Vialli e Carnevale che precipitano in un buco nero, scomparendo piano piano dalla squadra a vantaggio di un altro folletto, Roberto Baggio, anche lui baciato dal talento e dal fato in quelle notti magiche cantate da Gianna Nannini ed Edoardo Bennato. L’apoteosi della nuova coppia è l’incontro con la Cecoslovacchia e poi di seguito Uruguay, Eire fino ad arrivare alla semifinale contro l’Argentina di Maradona nella sua Napoli.
Totò segna anche qui, portando in vantaggio l’Italia, ma la favola inizia ad offuscarsi e a virare distante da un lieto fine. L’Italia perde ai rigori e viene dirottata nella finale di consolazione, bagnata anche questa da Schillaci, che può consolarsi con il titolo di capocannoniere, ma avrebbe potuto essere tutta un’altra storia, se non fosse stato per un paio di rigori sbagliati. E’ comunque il momento più alto della vita e della carriera del ragazzo emerso dal CEP grazie al suo talento calcistico ma dall’acme spesso il fato si riprende qualcosa durante la discesa. La carriera di Schillaci vive di gloria, ma la vena realizzativa non è più la stessa e nemmeno la grazia. Il copione non cambia con il passaggio all’Inter, meglio allora andare a raccogliere applausi in Giappone dove il suo mito è intatto e poi via verso una seconda vita fuori dal campo, fatta di scuole calcio, candidature politiche e partecipazioni televisive a reality.
L’Italia non vinse i Mondiali del’90 ma molti non lo ricordano e chi lo ricorda preferisce ricordare il sapore di quelle notti, realmente magiche e Totò, più di altri attaccanti che il mondiale lo vinsero sul serio, nell’82 e nel 2006. Potere di una magia mai dissolta a cui è seguita una maledizione che ha colpito anche il suo rivale di allora, Luca Vialli, scomparso troppo presto pure lui.