Ai piedi del Monferrato il potere della memoria

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Alessandro Vecchi, CC BY-SA 3.0 creativecommons.org, via Wikimedia Commons

Trino sorge ai piedi delle colline del Monferrato lungo la riva sinistra del fiume Po. Originariamente chiamata Rigomago (campo o mercato del Re), durante la dominazione romana divenne una “mansio”, un luogo di sosta sulla strada che portava da Pavia a Torino. Il nome Tridinum, secondo un’antica leggenda, risale al VI sec. d.C., durante le invasioni barbariche: Rigomago venne quasi completamente distrutta, ma tre valorosi condottieri Longobardi la ricostruirono provvedendo a edificare le mura di cinta e tre castelli a scopo difensivo. Delle antiche mura, abbattute nel 1672 per volere di Carlo Emanuele II di Savoia, resta visibile oggi solamente un breve tratto in via Monte Grappa, a ridosso della Cittadella dei Marchesi del Monferrato dove ancora oggi sorge il Palazzo Paleologo. Nel 1155 il feudo di Trino fu subconcesso ai Marchesi del Monferrato e rimase tale fino al 1202 quando, dopo numerose e violente controversie tra i Marchesi e il Comune di Vercelli, fu venduto a quest’ultimo. Nel 1210 divenne “borgo franco”, sottraendosi ai diritti feudali e acquisendo il diritto di redigere statuti e regolamenti propri. Il dominio vercellese su Trino durò fino al 1253, quando l’Imperatore Corrado investì nuovamente del feudo il Marchese Bonifacio II. Fino al 1305 fu degli Alerami, ai quali subentrarono i Paleologi. Nel 1536 il territorio passò ai Gonzaga. Al termine della guerra di successione di Mantova e del Monferrato, con il trattato di Cherasco del 1631, Trino venne ceduta a Vittorio Amedeo I, duca di Savoia.

La denominazione romana è Rigomago, campo mercato del re, e la vocazione è agricola con le bonifiche degli abati cistercensi intorno all’Abazia di Lucedio, dove originariamente c’era un grande bosco: Il Bosco delle Sorti della Partecipanza. Si tratta di un’area boschiva giunta ai giorni nostri grazie alle rigorose regole di gestione rispettate sin dal 1275, quando venne assegnata ai cittadini di Trino in comune proprietà: la “partecipanza”, appunto. Si parla di circa 600 preziosi ettari che conservano l’ultimo residuo di bosco planeziale del basso Vercellese. A preservarlo concorsero la comunanza di interessi e l’amministrazione collettiva, che sono riuscite nei secoli a tutelarlo anche da quella speculazione agricola che segnò la fine di tutta la vasta zona boschiva locale. La Partecipanza è una Consulta costituita dai cittadini per salvaguardare il bosco e sfruttarne le risorse in maniera equa e sostenibile, grazie a una “sorte”, una estrazione. “Il sindaco del Comune di Trino è membro della Consulta – spiega Pane – ci sono 600 aventi diritto e ogni anno da ormai 900 anni la tradizione prosegue con una cerimonia”.

Trino è un paese ricco di fascino e di storia, come quella delle Grange di Lucedio e del Borgo di Leri. Grange, dal francese “granche”, granaio, è il nome con il quale i cistercensi identificavano le proprietà dell’abazia, Montarolo, Montarucco, Leri, Darola, Castelmerlino e Ramezzana. La cascina del borgo di Leri venne assegnata al conte di Cavour, padre di Camillo Benso, primo presidente del Consiglio dei Ministri del nuovo stato italiano che qui trascorreva l’inverno e riceveva illustri visite. Cavour fu anche consigliere comunale a Trino, nel palazzo comunale c’è una sala a lui dedicata.

La storia di Trino s’intreccia dunque con quella d’Italia e il Comune ha avviato un ambizioso progetto per inserirsi nel percorso turistico-culturale dei Comuni Cavouriani. “L’intento è avviare una rete tra Comuni per strutturare un pacchetto turistico ricco e attraente – spiega Daniele Pane, sindaco del Comune di Trino – cha spazia dalla storia d’Italia alle tradizioni locali. Siamo la terra delle Grange e del riso, il Vercellese, che incontra e sposa le terre del vino, il Monferrato, sulle sponde del Po”. La storia di Leri si incrocia con quella della prima centrale nucleare italiana, costruita a fine Anni 50 e chiusa dopo il referendum negli Anni 90. “Era prevista la costruzione di una seconda centrale -prosegue il sindaco- che però non partì mai lasciando il borgo di Leri in abbandono. Nel 2006 è stato restituito al Comune e stiamo lavorando con fondazioni bancarie e privati per creare un museo sulla vita di Cavour”.

Importante è anche la tipografia e l’editoria: “Molti trinesi non lo sanno – prosegue il sindaco – ma Gabriele Giolitto Ferrari, la cui famiglia di tipografa lavorava a Trino, ha dato l’attuale nome alla Commedia dantesca, ‘Divina’, per l’edizione a stampa edita da La Fenice. A Trino c’erano numerose tipografie e, poi traslocate a Venezia”. Il primo passo per rendere fruibile questo patrimonio è farlo conoscere attraverso eventi storico culturali, come i Sentieri della Conoscenza: “Sono incontri con ospiti illustri e di livello internazionale – racconta Pane – da Magdi Allam a Davide Giacalone o Vittorio Sgarbi. Raccontiamo la storia d’Italia e del nostro Comune, prima di tutto ai trinesi”. L’altro importante pilastro dell’economia locale è il commercio, con i negozi storici che hanno saputo resistere e rinnovarsi nonostante i cambiamenti bruschi che hanno caratterizzato la storia economica di Trino.

Insomma Trino è un piccolo paese della bassa del Vercellese, nei Borghi delle Vie d’Acqua, di circa 6.800 abitanti ma con una storia importante e con personaggi illustri da fare invidia anche ai grandi centri: i marchesi del Monferrato, Gabriele Giolitto Ferrari, Camillo Cavour, Domenico Scappino (colui che inventò il nodo Windsor) e in ultimo il grandissimo Roberto Bolle.

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