Nella “via dei radical chic” di Milano l’ironia del Berlusconi di Palombo

0
Foto ad uso Free - [email protected]

ABBONATI A CULTURAIDENTITA’

Era stato vandalizzato da ignoti con scritte offensive, ma i residenti del quartiere lo avevano risistemato per poi vedersi la mattina dopo un muro grigio, con l’opera completamente cancellata. E allora sai che c’è? La rifa per la terza volta, con quella dose di ironia e decisionismo quasi come un Chuck Palahniuk quando gli rifiutano il primo romanzo e allora lui lo riscrive ancora più forte e alla fine glielo pubblicano. Lui è lo street artist aleXandro Palombo, che in via Volturno a Milano, davanti al civico 34 dove il Cav era cresciuto, aveva realizzato il murale Silvio Berlusconi, self-made man, che raffigurava il Cav in abito blu, in una mano un secchio con la colla e la scritta self-made man, nell’altra un pennello per la targa toponomastica con la nuova indicazione, Via Silvio Berlusconi 1936-2023. Ma a qualcuno non era piaciuto e aveva vandalizzato l’opera con scritte ingiuriose; ripulita dai residenti del quartiere, una misteriosa manina l’aveva ri-cancellata con della vernice grigia. Alla fine aleXsandro Palombo ha messo a tacere questi novelli “Catoni censori” realizzando una terza opera con il Cav che saluta Milano portandosi via la targa toponomastica da lui istesso realizzata. Ma prima di salutare la città, il Cav mette l’ultima targa: via dei Radical Chic, su cui un piccione appone la sua firma…

Foto ad uso Free – [email protected]

«Chi s’accanisce sul Cav morto è solo un codardo», così a un’agenzia aleXsandro Palombo, che nel recente passato ha realizzato l’opera Power is Female con Giorgia Meloni e Elly Schlein insieme per affrontare il tema dei diritti delle donne, la libertà di pensiero e la questione della maternità surrogata, opera rimossa due giorni dopo dalle solite manie misteriose.

«Pare che ci sia qualcuno che oltre a litigare con se stesso, ami farlo anche con i muri. E non si rassegni neanche davanti all’assenza di Berlusconi. Vandalizzarlo o attaccarlo da morto resta solo un grandissimo atto di codardia, evidentemente, la sua ombra continua ad essere più viva di prima. Queste crepe sociali che sgorgano odio denotano solo isolamento e abbandono, sono un grandissimo impoverimento culturale, una mancanza di civiltà che mette in luce gli aspetti più oscuri e fragili di Milano, e ci obbligano ad una profonda riflessione su cosa stia diventando questa città. Una realtà che non è più un luogo importante come lo era vent’anni fa per i talenti, per la libertà di espressione, il confronto, la creatività, l’arte e la bellezza. Queste opere sono un termometro un indicatore sociale che ci dice lo stato di salute in cui versa la città. Questo accanimento nei confronti dell’arte e nel distruggerla é un pessimo segnale che va avanti da mesi ed é un bruttissimo messaggio che ricade sull’immaginario della città».

Come dargli torto? Milano è la città del “Vanity Sindaco” (copyright Giorgio Gandola) Beppe Sala e della giunta eco-talebana che obbliga i lavoratori a comprarsi la macchina elettrica, fa pagare la gabella ai residenti per entrare e uscire dalle proprie case e considera il cittadino – soprattutto il cittadino che si muove – come un bancomat, fra aumento della tariffa dell’Area C e del biglietto del tram.

Milano è “the place to be” ma solo per la madamine meneghine che passeggiano in Montenapo in pashmina e bicicletta, è la città chic che non vede al di là dell’ombelico del Municipio 1 e si ricorda della periferia giusto per allargare i marciapiedi mentre tutto il resto è degrado, in via Vittorio Veneto rischi di prenderti le bottigliate in testa dai galantuomini che stazionano lì a due passi da Corso Venezia mica nel Bronx.

Una volta Milano era la città degli artisti, la “Milano da bere” era solo uno slogan utili a posteriori ai rancorosi col risentimento alto così, a Milano vedevi mostre memorabili come quella di Keith Haring da Salvatore Ala (R.I.P.) e l’arte la trovavi non solo nei musei ma la vedevi distribuita nei luoghi della città come la Galleria Vittorio Emanuele. C’era un rispetto per la creatività che oggi pare funzionare a corrente alternata.

ABBONATI A CULTURAIDENTITA’

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

13 + 1 =