Antonio Pennacchi, vincitore del Premio Strega 2010, come altri grandi “eretici” del ‘900, fu sempre in polemica con i salotti del politicamente corretto
Il 3 agosto del 2021 moriva a Latina Antonio Pennacchi, operaio, scrittore ed agitatore culturale che ha restituito all’Agro Pontino redento la sua dimensione storica, e soprattutto epica. “Canale Mussolini” del 2010, vincitore del premio Strega e del premio Acqui Storia per il romanzo storico, trasforma la biografia immaginaria di una famiglia di coloni veneti, ispirata al ramo materno della sua famiglia fu un successo di critica e di pubblico. Un successo oggi quasi impensabile per la volontà di Pennacchi di raccontare il fascismo, il tema della bonifica e la convinta adesione della famiglia Peruzzi al fenomeno fascista dal punto di vista sociopolitico (Biennio Rosso e squadrismo inclusi) in maniera diretta, trasparente ed equilibrata.
Oggi, ai tempi della cancel culture e della continua richiesta di patenti di antifascismo, il successo di “Canale Mussolini” vivrebbe un percorso irto d’ostacoli, ma al di là del mutato clima culturale una figura come quella di Antonio Pennacchi forse sarebbe riuscita lo stesso ad arrivare al successo per la sua eclettica formazione. Tra sette fratelli e sorelle, da ragazzo è l’unico che aderisce al Movimento Sociale, mentre il resto della famiglia milita a sinistra (la sorella maggiore Laura fu parlamentare con il PDS dal 1994 per tre legislature). Dall’MSI sarà presto espulso, per poi aderire a movimenti della sinistra marxista e maoista, per approdare infine al PCI e alla CGIL. Ogni volta abbandonando, o finendo espulso, per divergenze con i vertici.
Uomo, prima che scrittore, non incasellabile nei rigidi perimetri dell’asfittica politica di oggi. Convintamente di sinistra e antiberlusconiano, fu allo stesso tempo in grado di restituire dignità a chi convintamente credette nel fascismo e nelle sue creazioni. Ma non c’è solo l’epica della famiglia Peruzzi di “Canale Mussolini”. Pennacchi, complice una laurea in Lettere alla Sapienza ottenuta durante un periodo di cassa integrazione, seppe anche proporsi come storico per quella serie di articoli che approderanno a “Limes” e poi diventeranno il libro “Fascio e martello – Viaggio per le città del duce”, per i tipi di Laterza con prefazione di Lucio Caracciolo. Come scrive Pennacchi nell’introduzione, da geometra si era dovuto fare storico per provare a raccontare quella che era stata non solo la bonifica dell’Agro Pontino, le altre città di fondazione in Sardegna e tutti i progetti di quella che diventerà la Bonifica Integrale, dalla Puglia alla Sicilia. Un’opera che rappresenta il primo tentativo di ricognizione del fenomeno città e borghi di fondazione del Ventennio.
Un testo che avrebbe stimolato il dibattito e la ricerca storica su un tema rimosso e spesso ridotto al solo Agro Pontino, e al netto di qualche imprecisione sul processo della bonifica integrale siciliana (che proseguì durante la Seconda guerra mondiale arrivando agli anni ’50), rappresenta un testo imprescindibile sull’argomento. Lo storico Pennacchi di “Fascio e martello” e lo scrittore Pennacchi di “Canale Mussolini” completano così il percorso iniziato proprio durante la bonifica di raccontare quella trasformazione sociale e geografica. È Pennacchi che porta idealmente a compimento il percorso dello scrittore calabrese Corrado Alvaro e il suo “Terra Nuova – Prima cronaca dell’Agro Pontino”, 1934, e del giornalista sardo Stanis Ruinas con “Viaggio per le città di Mussolini” del 1939, i primi reportage a raccontare la trasformazione e i nuovi borghi redenti. Con Ruinas, Pennacchi condivide anche un certo eclettismo politico. Ruinas fu una fascista della prima ora, ma finì radiato per «indisciplina e scarsa fede» negli anni ’30. Pure Ruinas fu a Salò e nel dopoguerra tentò con il suo “Il pensiero nazionale” di avvicinare i reduci di Salò al Partito Comunista.
Operazione che proseguì per alcuni anni con il sostegno del PCI, ma che alla fine sfumò per l’intransigenza di Ruinas nel voler traghettare la dottrina sociale fascista nel PCI, finendo via via obliato da entrambe le parti. Troppo fuori dagli schemi Ruinas, troppo fuori dagli schemi Pennacchi, ma entrambi a ricordarci come sia possibile ragionare oltre gli steccati che il politicamente corretto e i grigi burocrati della politica ci impongono. Ma certamente la vis polemica di Pennacchi e la sua abilità di scrittore nel raccontare le vicende della famiglia Peruzzi (in cui è sempre facile trovare qualcuno in cui riconoscersi) difficilmente ce lo faranno dimenticare.