L’arte meravigliosa e tremenda di Rosario Oliva

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Dinner, acrilico su tela, cm 150x100

Un post-impressionismo concettuale tra incomunicabilità e incubi da film horror

M’interrogo su cosa possa definirsi Arte oggi, sul ruolo lecito e propedeutico da affidarle per chi “fa” Arte e per me che ne fruisco col proposito oneroso di presentarla in modo fedele e veritiero.

Spenti gli albori dell’atto creativo quando maestri, artigiani, sciamani riponevano nel manufatto preghiere, lo usavano come pratica propiziatoria, ambivano a fornire spiegazioni di fenomeni universali oppure consegnavano ai posteri ringraziamenti e celebrazioni di divinità o forze naturali. Déjà-vu pure l’arte commemorativa, eseguita ed esibita come esercizio tecnico di Bellezza fine a se stesso. Infatti “artefatto” è sinonimo di simulato, sofisticato, cioè falso.

Viviamo un’epoca in cui si ha la sensazione d’aver già visto e sentito tutto e ci si convince che nulla possa più stupirci! In realtà forse abbiamo solo perso la capacità emozionale della Meraviglia, vagando alla ricerca, quando non in catatonica attesa, di qualcosa che ci coinvolga, appassioni, ridesti dal torpore multimediale in cui questo secolo oscuro di fantomatico progresso tecnologico – patinata effigie del regresso relazionale e intellettuale – ci ha catapultati.

Nel substrato culturale arido ma assetato di emozioni in cui viviamo spicca Rosario Oliva col suo sentire, a raccontarci con precisione chirurgica la realtà distopica e involutiva in cui siamo immersi. Osserva la verità nuda e cruda e la illustra senza tanti complimenti. A noi la scelta di cogliere la sfida che le sue opere, disturbanti quanto evocative, lanciano alla Consapevolezza sopita.

«Dinner» narra il capovolgimento del rito convenzionalmente conviviale di una cena in famiglia. Il dipinto mette in scena un paradosso tutto contemporaneo di famiglia riunita, dove stoviglie e avanzi restano in bellavista, offerti all’osservatore, caduche briciole di normalità, mentre i commensali sono rapiti dai propri smartphones. «Dinner» porge la ricetta perfetta dell’alienazione, ribaltando l’etica storica della cena quale momento di dialogo, confronto, costruzione di legami familiari. Unico filo sottile a legare i membri qui è l’interazione con i social, quella umana è un ricordo sbiadito. Gli attori, sul palcoscenico abilmente allestito, recitano assorti i propri ruoli: inglobati in emoji dissacranti o trasfigurati da filtri tragicomici, spersonalizzati da un barcode come prodotti in giacenza o a lambiccarsi occhi e cervello tra le apps. In fondo, muta e inerme, una bimba rassegnata abbraccia un orsacchiotto, reliquia di un’epoca in cui i peluches erano compagni di gioco, non «Alexia». La chiave di volta a mio avviso sta proprio lì, nello sguardo della piccola indifesa, affidata ad adulti assenti e svogliati. Lo sguardo triste e consapevole inchioda, lacera e sembra domandare: Tu cosa fai? 

«Nice to meet you» pare voglia traslarci in stati profondi di malessere e resa all’ineluttabile. Dittico quasi speculare, le due figure serbano sembianze umane ma rinnegandone l’individualità. Tentano l’approccio ma il rito tutto umano del contatto slitta sui rispettivi social accounts. I displays mostrano i visi di chi un tempo social-izzava senza lo ‘psicoabuso’ di posts, likes e reactions. I due hanno perso la capacità d’incontrarsi davvero, questa l’evidenza intrinseca. Le tele ospitano tale rendez-vous sui generis e c’incollano addosso sensazioni scomode: inadeguatezza, smarrimento, disadattamento. Entrando in punta di piedi nell’opera, iniziamo a scorgere frasi disseminate ovunque nello spazio pittorico: Parlami con l’anima, Save me, Parlami, Non voglio amare, Nice to meet you, Soul, Non so, Non voglio amare. Appare nella sua fragilità, fra tacite negazioni urlate sottovoce sulle tele, l’umanità misera e derelitta, priva del connotato più caro: la comunicazione umana. Oliva, sensibile al tema della perdita d’identità nell’era digitale, stigmatizza un disagio sociale, denuncia l’insano status quo, non lesina l’immediatezza espressiva che gli è propria. L’opera sfrutta ad hoc le peculiarità dell’acrilico, rivelando millimetrica padronanza del segno nell’asciugatura rapida del medium, complice la tipica traslucidità a restituire diapositive da un futuro torbido, privo di luce naturale. L’Artista lascia colare il colore, sbiadisce i contorni, confonde i tratti somatici. I soggetti paiono avvolti nella nebbia-oblio della Coscienza. Ecco un lavoro vibrante, vigoroso ed emergono lampanti i segnali del conflitto interiore anche suo. Si scontrano da un lato il progetto artistico bilanciato e riuscito, frutto d’introspezione e capacità critica dell’Artista, dall’altro l’impeto comunicativo saturo di frustrata inquietudine per la realtà de facto. Si scorge un bagliore di speranza all’esame più attento del dramma virtual. Flussi d’energia e vita transitano da un soggetto all’altro, scambi d’intenti a presagire un risveglio dei sentimenti oltre la coltre d’inettitudine e distacco.

Oliva lascia il porto sicuro del suo “post-impressionismo concettuale” – avendo abbracciato nella vita studi e carriera in upgrade progressivo: disegno, pittura, illustrazione, animazione, fotoritocco, 3D, digitale, senza scomporsi per le nuove competenze ma inglobandole nelle opere come plus comunicativo – e approda a rive inesplorate libere da schemi e stilemi. Lo scenario dark di «Ashen black over red roofs» infonde un senso d’isolamento misto a solitudine, unito al disagio claustrofobico degli horror movies post-apocalittici. Si fa strada un presentimento: simili paesaggi onirici sono incubi paurosamente realistici. Uno sparuto insediamento fantasma in lontananza, come piccoli villaggi di minatori in Virginia nel dopoguerra, pochi tetti rossi in fila su un precipizio nero abisso. Qua e là esplosioni di rosso intenso, fuoco o sangue, ceneri morenti di civiltà decadenti e consunte in via d’estinzione, monito di vite appese a fili ingiustamente sottili. Lo skyline nero cenere rimanda un silenzio surreale, nessun’anima viva laggiù. Sorge il dubbio: Che uso si è fatto del potere creativo e trasformativo che l’Uomo si attribuisce per volontà celeste e che finisce invece per devastare la sua connessione col resto del creato? Oliva pare voglia avvertirci che prodromi di distruzione erano già visibili nella rivoluzione industriale. L’avvento delle macchine, l’invenzione dei robots ela realtà aumentata hanno mistificato proiezioni benefiche della società del futuro, in cui viviamo, ostentando la smargiassa convinzione di possedere la Terra, potendone disporre indiscriminatamente.

La finezza incisiva e senza sconti di Oliva non sfugge a chi di effetti speciali e anti-utopia fa un business. Un anno e mezzo fa la HBO scopre una sua opera esplosiva e lo contatta per il permesso d’inserirla nella serie TV «The Penguin», allora top secret ancora in produzione. Oliva, fiero della sua creatura, accetta la collab: «Scream louder. Scream twice» entra di diritto nelle riprese, inserita in scene cult che ne faranno un caso mediatico. Sui social alcuni streamers sollevano dibattiti sul quadro e l’identità del personaggio raffigurato (…che sia lo Spaventapasseri?!). Il soggetto emette un grido talmente intenso da scomporsi in due parti. L’amplificazione visiva che l’immagine così costruita provoca è tale da percepirsi come un duplice grido scaturito dai mezzi volti sfigurati. Spoiler: dopo il gossip social, numerosi fans cercano l’Artista e chiedono riproduzioni acquistabili del dipinto. Oggi chi volesse può commissionargli una limited edition su 50 copie esistenti.

Torno all’incipit,su cosa sia Arte oggi e sul suo ruolo, d’accordo con lo stimato A. Crespi: lo slancio creativo da sempre anima l’Arte e ispira opere che suscitino il senso del sublime o anche del raccapriccio. L’opera bellissima oppure orrenda, gradevole o disgustosa, stupenda o spaventosa deve comunque essere ben fatta, eseguita con maestria. Auspico un’Arte catartica che instilli riflessioni atte all’evoluzione interiore dei fruitori. Oliva è un Artista capace di creare opere meravigliose e tremende che accendano una coscienza critica in ogni osservatore.

Contatti – Email: [email protected] – Sito web: www.rosariooliva.com – IG: @rosariolivart – Fb: Rosariolivart

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