AstraZeneca ritirato. Aveva ragione chi non si fidava?

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CC 4.0 SA By Rwendland

Le dighe, quando subiscono anche un piccolo forellino, iniziano a perdere resistenza. La pressione dell’acqua è sufficiente a trasformare il foro in una fessura e poi in una cataratta. Alla fine la diga si schianta e la valle viene inondata. L’impressione che la vicenda del vaccino anticovid di AstraZeneca si stia comportando come una diga che ha avuto il suo primo foro. Subito dopo l’annuncio del ritiro, il 7 maggio scorso, sono cominciate ad arrivare le notizie delle sentenze a favore dei danneggiati dai suoi effetti collaterali: il primo in Italia a Genova, seguito a ruota da altre nazioni, come Marocco e Gran Bretagna.

Il vaccino contro il coronavirus di Oxford-AstraZeneca verrà dunque definitivamente ritirato in tutto il mondo a pochi mesi dall’ammissione da parte dell’azienda di effetti avversi pericolosi; tuttavia, AstraZeneca continua ad insistere sul movente commerciale – a detta loro unico – che avrebbe spinto l’azienda in questa direzione.

Il 7 maggio, AstraZeneca ha ritirato l’autorizzazione di vendita del suo vaccino COVID-19, noto commercialmente come Vaxzevria, nell’Unione Europea, e prevede di farlo anche nel Regno Unito e in altri Paesi in cui è stato utilizzato ed ammesso sul mercato in maniera condizionata (non solo in relazione alla pandemia, ma anche in relazione ai dati che si sarebbero dovuti acquisire durante la campagna vaccinale), quindi evitando in tal modo la deposizione della documentazione relativa all’efficacia ed alla sicurezza del farmaco.

La decisione non avrà alcun impatto sugli Stati Uniti, dove il vaccino non ha invece mai ricevuto l’approvazione per la commercializzazione.

Il gigante farmaceutico ha insistito sul fatto che la decisione è stata presa per considerazioni commerciali, affermando che lo stesso vaccino non viene più prodotto perché sarebbero stati sviluppati vaccini più recenti per affrontare nuove varianti del virus cinese, ma il tempismo sembra più giustificare una scelta nata a fronte delle sempre più richieste di risarcimento dovute a reazioni avverse e/o morti secondarie che confermerebbero la natura sperimentale del farmaco (a fronte del mantra ideologico “sicuro ed efficace”).

La mossa arriva dopo l’ammissione da parte di AstraZeneca – su documenti giudiziari – di un pericoloso effetto collaterale di trombosi con trombocitopenia (TTS), sindrome che causa lo sviluppo di coaguli di sangue e la diminuzione delle piastrine nel sangue. Il vaccino è stato collegato ad almeno 81 decessi nel solo Regno Unito, oltre a centinaia di migliaia di lesioni nel paese, come riporta The Telegraph.

In una causa intentata da 51 vittime – confermate – del vaccino che chiedono fino a 100 milioni di sterline di danni presso l’Alta Corte britannica, AstraZeneca ha dichiarato che il suo vaccino Covid “può, in casi molto rari, causare TTS”.

In seguito a segnalazioni di decessi legati a coaguli di sangue che si ipotizza siano legati al vaccino, all’inizio del 2021 diverse nazioni europee avevano infatti già iniziato a sospenderne la somministrazione.

L’Agenzia Europea dei Medicinali, che funge da principale ente regolatore dei farmaci in Europa, aveva dichiarato nell’aprile del 2021 che, pur avendo riscontrato un “possibile collegamento” tra il vaccino e “coaguli di sangue insoliti con piastrine basse”, ritenesse che i benefici del vaccino fossero comunque superiori ai rischi.

Oggi quindi la notizia del ritiro di AstraZeneca solleva sempre più dubbi e soprattutto comincia a mettere in discussione non solo in Italia, ma in gran parte d’Europa e di Occidente tutte quelle “certezze”, oggi appunto smentite, di una medicina che con troppa arroganza e poca trasparenza si è imposta nella gestione della pandemia.

Anche Pfizer e Moderna infatti, in relazione alle richieste di risarcimento per reazioni avverse da profarmaci genetici a RNA modificato (modRNA), in particolare mio-pericarditi (anche ad esito fatale in età giovanile), dovrebbero depositare la documentazione relativa ai dati di efficacia e sicurezza entro la fine di quest’anno.

In alcuni paesi europei ci si sta già muovendo infatti per chiedere l’istituzione di commissioni ad hoc per l’analisi degli eventi avversi, che costituite da esperti (clinici e scienziati), e senza conflitti di interesse, fornirebbero alle magistrature reali basi scientifiche e cliniche su cui poter basare il giudizio di un giusto risarcimento ai danneggiati che lo richiedono.

Restano così sul piatto tre domande: se chi dubitava aveva le sue ragioni, perché contro costoro è stata scatenata una campagna di vera e propria persecuzione senza precedenti negli stati democratici? Se il vaccino era un’arma medica come tante altre, con vantaggi e svantaggi, e non la “pallottola magica” che molti hanno propagandato, è stato legittimo demonizzare le cure alternative, quelle che avrebbero consentito di arginare l’epidemia con medicinali già ampiamente sperimentati? E infine, se il vaccino era un medicinale a rischio, è stato legittimo imporlo pena da morte civile attraverso lo strumento oppressivo del green pass? In particolare, dove va a finire quella “riserva di scienza” invocata dalla Corte Costituzionale nel puntellare l’obbligo vaccinale imposto dai governi Conte e Draghi a determinate categorie direttamente o surrettiziamente col green pass, se poi la “scienza” stessa si rivela – come dovrebbe del resto essere – qualcosa che non dà risposte assolute e dogmatiche, ma temporanee e relative?

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