Bronzi di Riace: 50 anni di estasi e ammirazione

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Vigorosi, aitanti, atleti o guerrieri dai corpi perfettamente modellati, il giovane e il vecchio, da Argo a Riace, dal Peloponneso alla Calabria, i Bronzi di Riace, dopo 50 anni, avvolti dal mistero, continuano ad affascinare.

Il bronzo illumina i muscoli, la lega diventa pelle, le proporzioni sono accurate, la barba a riccioli fluenti, le fattezze sono scolpite con precisione, l’espressione fiera, le linee delle sculture bronzee degli atleti oplitodromoi o forse guerrieri sembrano seguire fedelmente gli stessi principi del Cànone di Policleto, scultore greco nato ad Argo che, con il suo Doriforo, definì il modello per eccellenza della figura maschile nuda, muscolosa e atletica. 

Non guerrieri qualunque i Bronzi di Riace, ma combattenti dalla dimensione eroica, la loro nudità dalla sublime resa anatomica, nell’arte greca, gli conferisce la dimensione del mito. 

Scoperti a poche centinaia di metri dalla costa di Riace Marina, il 16 agosto 1972 da Stefano Mariottini, sub romano, e a 8 metri di profondità, gli eroi eterni sembrano essere “arrivati per non più ripartire” come afferma con orgoglio Alessandro Foti, figlio del soprintendente archeologico della Calabria che, dopo le varie fasi di restauro presso il laboratorio della Soprintendenza archeologica della Toscana a Firenze, lavorò alacremente affinché i bronzi tornassero nella terra della Magna Grecia, la Calabria, lì dove il destino aveva deciso approdassero.

Avvolta dal mistero la storia degli eroi dalla bellezza eterna, continua ad interrogare studiosi da ogni parte del mondo che a distanza di mezzo secolo dal ritrovamento provano a tracciare le coordinate storiche dei simboli inconfondibili del mondo antico, risalenti al V sec. a.C., un mondo che ci appartiene, che scorre nelle nostre vene, la cui cultura ha forgiato la nostra identità, la nostra esistenza. 

Forse Eteocle e Polinice, i due fratelli del Peloponneso che, nel racconto di Eschilo, si affrontano in uno scontro fraticida di “Sette contro Tebe”, dandosi reciprocamente la morte. Diverse però sono le versioni legate alle icone di un passato glorioso ma incredibilmente attuale e potente

Il mare conserva, leviga, e talvolta accompagna a riva i resti della storia eterna, tesori dall’inestimabile valore. Ed è proprio il mare ad aver arricchito il Museo di Reggio Calabria dove attualmente si trova, seppur piccola, la più importante collezione di bronzi greci del V secolo a.C. Dalla Testa di Basilea alla Testa del Filosofo, ritrovate nel 1969 nelle acque di Porticello, nel Comune di Villa San Giovanni, così come i resti del Tempio di Artemide, identificato nel 2007 nelle acque antistanti Punta Calamizzi, a Reggio Calabria.

Ma i Bronzi di Riace, dopo duemila anni in fondo al mare prima di riemergere in tutta la loro magnificenza, oggi sono patrimonio dell’umanità. E proprio lì, nella città dei Bronzi, quando ci si ritrova al cospetto di un passato imponente, del bronzo che si fa arte e che ci riporta alla bellezza di un’epoca la cui potenza storica rinnova instancabilmente il proprio fascino, non si può fare altro che rivolgergli lo sguardo colmo di ammirazione ed immergersi nell’antica Grecia, lì dove tutto ebbe inizio, oggi custodito per essere contemplato al Museo Archeologico di Reggio Calabria. 

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