Nella vulgata generale gli esseri umani sono la specie superiore, la specie dotata delle più alte funzioni cognitive, capace di modellare il mondo circostante in base alle proprie esigenze.
Tutto vero fin qui. Nel lungo ed intricato cammino dell’evoluzione gli homo sapiens sono diventati la specie predominante sulla Terra con i suoi ben otto miliardi di individui e sono riusciti anche varcare i confini terrestri attraverso l’esplorazione spaziale.
L’uomo però così come è capace si elevarsi tanto in alto (di transumanare come direbbe il divino Dante in chiave filosofico-religiosa o come direbbe il dottor Julian Huxley in una versione moderna tecnico-scientifica) allo stesso tempo è capace di regredire a uno stato bestiale.
Della bestialità umana si è sempre discusso in passato e senza conoscere il futuro di sicuro se ne parlerà ancora e ancora. Molte volte quando descriviamo la natura si colloca in maniera totalmente errata l’uomo come un qualcosa di separato, di diverso rispetto agli animali scordando che siamo animali noi stessi.
Abborriamo tutti davanti alla violenza, alla sopraffazione, alla prepotenza. Non ci capacitiamo di come sia possibile tutto questo. L’errore di fondo è che crediamo di essere qualcosa di diverso dalle altre specie. La lotta per la sopravvivenza, per l’esistenza così come vale per altri esseri viventi vale anche per gli uomini. Nessuno vuole giustificare l’uso della forza e non bisogna mai farlo ma l’uomo non è buono o cattivo in sé: dalla notte dei tempi esiste la guerra: per sogni velleitari, per ragioni politiche, per ragione economiche, per questioni etniche, per scarsità di risorse. Fa male dirlo ma bisogna essere realisti.
Nella storia dell’umanità è costantemente esista la lotta fra gli uomini e non c’è mai stato un periodo di pace. Se anche fosse che in una parte di Mondo vi è stata la pace (e non è vero perché non si tiene conto dei conflitti sociali nei singoli Stati che molte volte finiscono in violenza nelle strade) l’umanità non ha mai conosciuto solo la pace ne sarà mai in grado di conoscerla. Ci scordiamo molto spesso che le Rivoluzioni non sono un pranzo di gala (come diceva Mao Zedong) e aggiungiamo le Rivoluzioni sono sangue, lacrime e sudore. In ogni dove e in ogni campo c’è che si alza e chi soccombe.
Forse esiste il libero arbitrio tanto caro agli umanisti, sicuramente l’uomo è genetica ma anche ambiente, una maggioranza sa distinguere fra il bene e il male (in teoria) ma lo “struggle for life” di darwiniana memoria esiste ed è intrinseco a tutti gli esseri viventi uomo compreso anche se facciamo finta che non ci sia.
Sulla Natura umana non si può agire ma sull’idiozia umana si deve agire. L’idiozia umana raggiunge vette apicali quando l’essere umano pretende di elevarsi ad essere perfetto quando la perfezione (escludendo quella divina per chi crede) non esiste. Il filosofo francese Michel de Montaigne scriveva sull’uomo “egli si rende eguale a Dio, si attribuisce qualità divine, da sé stesso si elegge e si separa dalla calca delle altre creature, taglia le parti agli animali, suoi fratelli e compagni, e distribuisce loro la porzione di facoltà e di forze che a lui sembra opportuna.”
Si pretende di dare e distribuire patentini per la Verità candendo poi in banalità e ipocrisia. Esiste una verità scientifica, una verità dimostrabile, empirica, valida fino a prova contraria. Sulle leggi che regolano la vita ci troviamo nel campo dell’è e del non può non essere. Ma togliendo le leggi della natura le leggi dell’uomo valgono per il tempo che servono. Sono limitate dal tempo e dallo spazio essendo alla fine sono legate alla cultura e ai rapporti sociali del periodo in cui vengono emanate.
Non si può e non si deve pretendere o imporre una visione politica, socioeconomica, culturale come la Verità in quando non c’è alcuna verità nelle opinioni umane.
È la presunzione dei totalitarismi quella di far passare come verità infallibile, scientifica il loro pensiero ideologico e di distruggere le alterative con conformi. In uno degli ultimi discorsi l’ex cancelliera della Germania Angela Merkel disse: “Ho studiato fisica nella Ddr perché ero sicura che si possono invalidare molte cose, ma non la forza di gravità, la velocità della luce o altri fatti inconfutabili”.
Lungo la strada della idiozia umana oggi si è giunti nell’era della Calcel Culture che dai campus delle coste degli States si è abbattuta come un tornado sulla malandata Europa.
Con la Cancel Culture si è arrivati al punto di farci giudici della storia: di dire quale autore ci piace, quale no, quale cancellare, quale censurare. Alla base vi è la presunzione di essere i migliori. Di ritenere quelli del passato inferiori e di decidere quali avvenimenti o letterati sono conformi alle idee del nostro tempo mentre il resto può anche scomparire per sempre. Vediamo col filtro dell’oggi il mondo di ieri senza contestualizzare avvenimenti e personaggi.
Questa moderna furia iconoclasta oggi si abbatte sul passato in quando noi oggi siamo il presente ma quando saremo il passato chi verrà ci giudicherà con una visione socioculturale differente e allora saremo le vittime della nostra stessa arroganza.
Se tutto questo esiste non ci si deve meravigliare che si vada a cancellare in università un corso su Dostoevskij in quanto russo perché oggi i russi senza distinzione sono i “cattivi”. Dostoevskij autore dell’Ottocento messo sullo stesso piano di un oligarca filo-putiniano in questa follia generale. Un autore di primordine per la letteratura europea di colpo cancellato per la sua nazionalità.
Sui social in maniera irriverente si chiedeva l’abolizione dell’insalata russa e delle montagne russe perché vi era la parolina magica ma a quanto pare la realtà supera sempre (in peggio) la fantasia.
Se chi ha avuto tale brillante idea oltre il collegamento idiota Dostoevskij=russo=censurare al posto di giudicare la storia l’avesse studiata saprebbe che il letterato russo finì nei gulag per il suo pensiero con l’accusa di essere un anti-zarista. I luoghi di cultura non dovrebbero indottrinare ma a quanto pare succede sempre l’opposto. Forse il buon Giovanni Papini col il suo irriverente “Chiudiamo le scuole” non aveva tutti i torti. Se la cultura (se essa si può chiamare tale) si piega alla pazzia e al potere se ne può fare anche a meno.