Come sbattere il “mostro” in prima pagina: violata ed umiliata la vita privata di Luca Morisi

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Si chiude la vicenda giudiziaria di Luca Morisi, l’ex responsabile della comunicazione di Matteo Salvini, finito nell’inchiesta sulla notte a base di sesso e droga con due giovani romeni lo scorso agosto a Belfiore in provincia di Verona: non sarà processato, la Procura chiederà l’archiviazione. Sul numero di novembre del mensile CulturaIdentità avevamo pubblicato l’articolo di Alberto Ciapparoni sulle pratiche che consistono nello sbattere il mostro in prima pagina proprio a partire dal caso Luca Morisi (Redazione).

“La Bella e la Bestia” è una fiaba che conosciamo tutti: è una favola senza tempo che ha conquistato generazioni su generazioni, in cui i protagonisti sono una giovane dolcissima e avvenente e un bellissimo principe trasformato (temporaneamente) in un orribile mostro. Mutatis mutandis, la storia di Luca Morisi ha diversi tratti in comune, ma qualche personaggio in meno e soprattutto qualcuno in più: il Capitano (Matteo Salvini), naturalmente, e soprattutto ha le ‘Bestie’, cioè più “Bestie”, non una sola. Se Morisi era il capo della Bestia originaria, ossia l’efficientissima e geniale macchina di comunicazione che è riuscita ad aumentare a dismisura la visibilità del leader della Lega, arrivando a collezionare più di cinque milioni di contatti sul web, poi una volta caduto in disgrazia, si è scatenata contro di lui una violentissima macchina del fango, con tante ‘Bestie’ ad assestare colpi bassi.
Una senza dubbio, e prima di tutto, la comunità omosessuale, che ha dimostrato come difenda i gay soltanto se sono di sinistra: se appartieni al pensiero dominante progressista va tutto bene e meriti protezione ed appoggio, se invece attacchi la Fornero, Letta e Zan, se combatti l’immigrazione illegale, allora sei un nemico da abbattere e da lasciare al suo destino. Neanche una parola di sostegno o solidarietà, anche di fronte al grido di aiuto di un uomo che ha ammesso pubblicamente di essere in un momento di estrema fragilità. Il mondo gay insomma considera i tuoi diritti validi solo se appartieni al gregge che va per la maggiore, sennò sei isolato e abbandonato a te stesso. Però poi invocano il ddl Zan contro la violenza verbale pure per questioni di genere e sessualità: ipocrisia allo stato puro, condita da un po’ di vigliaccheria.
Un’altra “Bestia” sono stati tutti i giornali, ma in particolare i cosiddetti ‘giornaloni’, che in barba ad ogni regola di elementare garantismo hanno sputtanato sulle loro pagine valanghe e valanghe di dettagli pruriginosi. Di Morisi abbiamo scoperto tutto: le posizioni preferite, le chat, le sue fantasie erotiche, dettagli che nulla avevano a che fare con il presunto spaccio di droga. Però loro possono, perché sono quelli bravi, quelli giusti, quelli buoni, quelli solidali. Oh, yeah… Reiterato dileggio dell’avversario, istigazione all’odio, sessismo, giustizialismo becero, lo scherno selvaggio dei social? Che problema c’è? Quando a scrivere sono i soliti noti del mainstream e i grandi soloni che fanno, purtroppo, tendenza, il diritto di cronaca torna ad essere un diritto fondamentale. Intoccabile. E la privacy un concetto sconosciuto. Il pensiero unico può permettersi di trascinare in prima pagina e dare in pasto all’opinione pubblica, a pochi giorni da un importante voto amministrativo che coinvolgeva le città italiane più popolate, una vicenda personale, “irrilevante” a detta degli stessi inquirenti. Un tempismo perfetto.
La terza ‘Bestia’ sono i cosiddetti influencer (spesso e volentieri con i tacchi) e le star (presunte) dell’intellighenzia di sinistra, pronti sempre a giudicare gli altri e i loro errori. Soltanto che gli errori degli amici si perdonano, dei nemici si condannano e si mettono alla pubblica gogna, con la complicità della stampa e della televisione amica. Prendiamo per esempio il terrorista Cesare Battisti (condannato all’ergastolo, con sentenze passate in giudicato, per quattro omicidi, di cui due commessi materialmente, due in concorso con altri): “poverino, sta in galera”, “fa lo sciopero della fame”, “abbiate pietà”, “siate umani”. Su Morisi (era esclusivamente indagato, l’archiviazione dimostra la sua innocenza) invece: “è spietato”, “se l’è cercata”, è “un basso populista”. Lo standard classico della doppia morale, con l’aggiunta di una sorta di alea di inquisizione che sa di totalitarismo culturale. Intendiamoci: la vita privata dello spin doctor non può essere in contraddizione palese con il messaggio che vuol veicolare, ma scannare per questo una persona è del tutto diverso e rientra nel tradizionale metodo che ha costantemente caratterizzato il sistema di potere della ‘gauche’ italica: o ridicolizzi o criminalizzi. Il metodo è sempre lo stesso ed è la strategia storica della sinistra: mettere in mora l’avversario, indebolirlo e isolarlo. La ‘par condicio’ rossa.
La quarta ‘Bestia’ è certa magistratura, in combutta con certi giornalisti: sbattono in faccia la vita privata delle persone e le bersagliano. Senza alcun scrupolo. Peccato che gli elementi spiattellati spesso non abbiano rilevanza penale, con inchieste morte ancor prima di iniziare: perché il vero obiettivo non è la verità o la giustizia, bensì rovinare il soggetto in questione, soprattutto se è il portavoce di un leader politico considerato nemico. Ovvero, infangare la Lega e il suo segretario a pochi giorni dalle amministrative. Altro che nemesi, melma in quantità industriale. La realtà è che Morisi è stato impiccato da innocente e la sua vita è stata danneggiata per sempre. Non è stato il primo e non sarà l’ultimo, però sarebbe ora di finirla.

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