Roma, 8 marzo, un gruppetto di esaltate si raduna nei pressi della parrocchia dei Santi Angeli Custodi in Piazza Sempione, sfilando con una Madonna rosa a forma di vagina, portata caricaturalmente in processione con uno striscione con su scritto “Like a Virgin”. Coglierne il senso sembra impossibile, estrarne la ratio ancor più assurdo, cercarne una giustificazione senz’altro impensabile.
Paradossale vero? Le femministe – quelle vere – che secoli fa si imposero con fierezza per reclamare diritti sociali e politici parificati a quelli degli uomini – per non essere più esclusivamente considerate come meri oggetti sessuali, capaci solo di obbedire e soddisfare i desideri sessuali maschili, sono state ora soppiantate da queste indegne colleghe che scelgono di identificarsi con lo stendardo della propria vagina, sfilando nel nome dell’iconoclastia e della scristianizzazione, senza attuare davvero concreti gesti di eradicazione autentica delle differenze che ancora permangono tra i due sessi, in maniera minore nella nostra società, in modo più che lampante in contesti extra europei.
In un solo giorno, hanno raso al suolo decenni di autentiche lotte, portate avanti da chi del femminismo ne conosceva perlomeno l’intima essenza e ragion d’essere.
Le battaglie odierne di queste signorine sono ormai divenute talmente evanescenti e ridicole che è stato necessario introdurre la Vergine Maria per ottenere un po’ di visibilità e far parlare di sé. Sorge a questo punto spontaneo domandarsi come mai la religione cristiana turbi così tanto le nostre eroine, tanto da ricondurre costantemente alla fede e alla Chiesa cattolica la colpa dell’arretratezza di una società, a loro dire, culturalmente maschilista e “impregnata di retaggi patriarcali”. Resta un mistero come mai nessuna di loro abbia mai accennato invece alla considerazione della donna che detta legge nella religione musulmana. Assurdo vero? Bibbia e Vangelo sarebbero espressione di deprecabile patriarcato, mentre un Corano che narra di un uomo che sposa una bambina e altre donne tutte assieme è preso a esempio di pace e amore. Dalle loro bocche è sparita la parola islam, così come sono sparite le mutilazioni, le torture, le umiliazioni e le vessazioni che rendono schiava la stragrande maggioranza delle donne medio orientali.
Emmeline Pankhurst, che del femminismo autentico fu madre e ispiratrice, imparò a leggere a tre anni, e a nove aveva già concluso per intero l’Odissea. Instancabile studiosa, protestò eroicamente con scioperi della fame e movimenti di piazza, fino al carcere per rivoluzionare il mondo col suffragio universale.
Ad oggi, le femministe del nuovo millennio, probabilmente, non conoscono né lei né la sua storia, né quella di migliaia di altre donne cui nulla fu mai dovuto, ma che lottarono ogni giorno per far valere la propria libertà di parola. Unica priorità è divenuta quella di non depilarsi, non lavarsi, non truccarsi, finanche non vestirsi, o al più vestirsi con abiti maschili. Sdoganare il sesso libero, l’aborto, le relazioni aperte, come se mettere al mondo bambini nati in un matrimonio fosse vessillo di oscurantismo e arretratezza.
Vietato per un uomo regalare fiori o comportarsi secondo galanteria, perché sarebbero tutti retaggi patriarcali.
Vietato offrire la cena, aprire la portiera dell’auto, appellarsi a una ragazza con signora o signorina o cederle il posto sul bus.
Guai infine a non essere d’accordo sul doppio cognome, anche questo retaggio misogino.
È diventato quasi doveroso mascolinizzare una donna ed effemminare un uomo, sdoganando la non differenziazione di vestiario, mentre si grida alla modernità e al progresso solo nel vedere un uomo indossare una gonna.
Femminismo invece significa parificazione, commistione perfetta di parità, incontro e congiunzione di diversità tra i due sessi, in un dolce incontro di similitudini e differenze, in cui nessuno prevale sull’altro, ma dove tutti reciprocamente si rispettano, nel nome di tutte le innegabili e insopprimibili diversità biologiche, fisiche, psicologiche e naturali che ci contraddistinguono e che non per questo debbano rendere uno dei due inferiore all’altro.
Il femminismo avrà raggiunto ogni obiettivo quando non ci saranno più spose bambine, né matrimoni combinati. Quando non ci saranno più mutilazioni genitali adolescenziali, né condanne a morte per adulterio. Quando tutte le donne potranno prendere la patente e quando la loro testimonianza in tribunale avrà lo stesso peso di quella di un uomo.
Quando nessun codice civile o penale al mondo sarà condizionato nelle sue leggi da una subordinazione della donna al suo sposo. Quando sparirà in ogni paese il divieto di uscire di casa per una donna se non accompagnata da un parente maschio.
Eppure, invece di pensare a questo, si preferisce, in questo millennio del delirio, sdoganare vagine, fino a tappezzarne la città come è accaduto di recente a Palermo, modificare definizioni e desinenze del vocabolario italiano, renderci così neutri e neutrali fino a neutralizzarci, per assuefarci così alla cieca convinzione di aver realizzato un’uguaglianza così poco sostanziale da risultare null’altro se non un eterno, patetico, altisonante e carnevalesco nulla.