Stasera, sabato 28 settembre, presso la Sala Umberto a Roma, verrà messa in scena la seconda piece di “Inimitabili”, la saga ideata e interpretata da Edoardo Sylos Labini: dopo Giuseppe Mazzini è il turno della vita di Gabriele d’Annunzio, la cui fama spazia dall’arte letteraria alla politica.
La sua figura storica è ricca. Oltre che scrittore, poeta e drammaturgo, è stato militare, politico, giornalista. La storia lo ricorda come patriota e figura simbolo del decadentismo italiano. Pochi sanno però che esistono parole e nomi della lingua italiana inventati proprio da lui. Di seguito vediamo alcune parole o espressioni italiane inventate da d’Annunzio: Automobile, “il” Piave (prima era femminile), Rinascente, SAIWA, Scudetto, Tramezzino, Velivolo e, ultimo ma non ultimo, Vigili del fuoco. Per i Vigili del Fuoco, in origine, il nome era esclusivamente pompieri, parola derivante dal francese «sapeur-pompier». Durante il regime fascista D’Annunzio propose di chiamare i pompieri con il termine Vigili del Fuoco, ispirandosi ai “vigiles” dell’antica Roma. Infatti la prima organizzazione di un servizio antincendio risale all’Impero Romano. Le Cohortes Vigilum, composte da guardie del fuoco e anche di polizia, erano sette, di mille uomini ciascuna, e furono distribuite in funzione della situazione urbanistica della città, spesso e volentieri funestata da devastanti incendi.
Al Praefectus Vigilum e ai suoi ufficiali fu data l’autorità di punire direttamente o di deferire alla competente autorità del Prefetto dell’Urbe coloro che, comunque, per incuria o negligenza provocavano incendi. Nel 1938 il regime fascista impose l’autarchia anche sulla lingua, fu necessario trovare un nuovo nome ai pompieri. E si decise di ricorrere alla locuzione creata dal Vate dando così al corpo che dal 1935 riuniva tutti i vari reparti fino ad allora impegnati nella lotta agli incendi il nome di “vigili del fuoco”, entrato in vigore con il Regio Decreto Legge 1021 del 16 giugno 1938, tre mesi dopo la morte del Vate.