Se le elezioni europee dovevano essere un referendum sul governo, il responso delle urne è stato chiaro: promosso a pieni voti. Rispetto alle elezioni del 2022 tutti i partiti della maggioranza crescono, un dato in controtendenza rispetto alla consuetudine, perché di norma quasi tutti i governi in carica dopo un certo periodo al potere vedono calare il loro consenso. Basti vedere Sanchez in Spagna. Il risultato della locomotiva della maggioranza, Fratelli d’Italia, è lusinghiero, con un incremento di quasi tre punti dalle politiche del 2022. Bene, tutto sommato, anche gli altri due partiti di governo, che accrescono in proporzione i loro consensi: la Lega viene tuttavia superata di un’incollatura da Forza Italia, i cui elettori, come emerge anche dalle preferenze espresse per Tajani, hanno evidentemente premiato la smarcatura degli eredi di Berlusconi da certe posizioni dell’euromaggioranza uscente. Valanga di preferenze anche per Giorgia Meloni, di gran lunga il candidato più indicato direttamente dagli elettori, più di due milioni, seguito da Roberto Vannacci per la Lega, che supera il mezzo milione di preferenze.
Luci e ombre per le opposizioni in Italia: va bene il PD, che cannibalizza letteralmente il M5S. Sfonda la coalizione verde-arcobaleno, che supera il 6,6%. I veri sconfitti di queste elezioni sono proprio gli ex grillini, che scendono sotto la soglia del 10%, e i movimenti delle “camicie ben stirate”, i calendiani e gli adepti della Bonino, ben al di sotto della soglia di sbarramento.
Grandi assenti, i partiti euroscettici, cosa che contribuisce a spiegare il crollo dell’affluenza alle urne, scesa sotto il 50%.
Tutta Europa fa un passo a destra. Sono Italia, Austria, Spagna e soprattutto la Francia a dar voce ai partiti nazionali, conservatori e anti-wokeisti. Per quanto traumatica per la vecchia politica, invece, l’affermazione dell’AfD in Germania non è così travolgente. E in Polonia gli europeisti di Tusk, ancorché del PPE, vincono sui nazionalisti.
Questi contrasti consentono di tracciare alcune linee di tendenza: in generale sono state punite le posizioni più guerrafondaie, come quelle di Macron, Scholtz e di +Europa, ma anche del PIS in Polonia. Gli europei dunque non vogliono sentir parlare di guerra, e che si tratti di posizioni apertamente pacifiste oppure di fermezza ma senza l’incoscienza macroniana tenuta dal governo italiano, premiano chi non butta benzina sul fuoco.
Bastonati in tutta Europa anche i Verdi e le sinistre estreme, con le loro follie gretine e arcobaleno. Unico dato in controtendenza pare essere quello italiano, dove il blocco eco-LGBT-antifa porta a casa diversi seggi e riesce pure a salvare Ilaria Salis dalla giustizia ungherese. Uno schiaffo per i suoi amici arrestati in Ungheria con lei: se anziché dichiararsi colpevoli e patteggiare una pena leggera avessero tentato la strada delle urne, forse ora sarebbero eurodeputati anziché magiarocarcerati. La fortuna aiuta i pervicaci, evidentemente.
Il dato delle opposizioni italiane mostra l’importanza di quel “fattore W”, il wokeismo, che come era largamente prevedibile, sta diventando il vero e proprio puntello della sinistra. Le preferenze espresse in Italia dagli elettori per l’opposizione, infatti, hanno spesso premiato i candidati più woke, a partire dalla Salis e dalla figlia di Gino Strada, Cecilia, ma anche Zan va relativamente bene.
Si apre ora una partita molto dura in seno ai tre principali gruppi di centrodestra in Europa. Se i conservatori di ECR e gli euroscettici di ID scelgono di marciare divisi ma colpire uniti, è il PPE che deve decidere cosa vuole fare da grande. Ignorare il voto popolare, con una chiara indicazione di stanchezza verso la politica europea degli ultimi anni, e continuare a puntellare la strada tracciata dalla Von der Leyen insieme ai socialisti e ai centristi macroniani? Oppure puntare a un nuovo consiglio europeo di centrodestra, più attento alle istanze dei popoli, prudente in politica estera e impermeabile agli isterismi arcobaleno e verdi?
Anche se provvisori, i dati elettorali mostrano tendenze chiare. Fatte le debite proporzioni col vecchio parlamento, in cui i deputati erano 751 e ora sono 720, il PPE cresce di quasi il 10%, mentre un calo di 6-7 punti tocca ai socialisti. I centristi di Rinnovamento Europeo buscano un crollo di più del 20%, superati nella debacle da Verdi e sinistre che perdono rispettivamente oltre un quarto e un terzo dei loro seggi. Cresce di oltre il 10% il gruppo dei conservatori – di cui fa parte Fratelli d’Italia, mentre il dato del gruppo sovranista Identità e Democrazia è di difficile interpretazione, perché all’incremento dei voti della Le Pen in Francia deve assistere al calo della Lega in Italia, rispetto al 2019, ma soprattutto all’espulsione dal gruppo dei tedeschi di Alternativa per la Germania, che ora vanno a ingrossare le fila di quel “gruppo misto”, per così dire, che raddoppia rispetto al precedente giro elettorale.
L’Europa è a una svolta. E anche se non l’ha imboccata sgommando, la direzione è chiara. Sta agli eletti, adesso, capirlo.