I conservatori italiani da Vico ai giorni nostri passando per Leopardi

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A. Ferrazzi, Ritratto di Giacomo Leopardi, 1820, olio su tela, Recanati, Palazzo Leopardi

Chi è il conservatore? Per Prezzolini è chi sa guardarsi dalle seduzioni delle novità, dalle menzogne e illusioni collettive. Per Burke è colui che crede in una visione della libertà che non implica la religione dei diritti, che sa credere nei doveri e nel legame con la comunità. Di fronte all’avanzata del mondialismo, alle derive della società globale, è forse opportune ritornare ad una tradizione libera dai dogmatismi e dall’insonnia della ragione che spesso genera mostri. Riscoprendo una visione della libertà vincolata con l’appartenenza alla comunità, di una visione dell’uomo che non sia accecata dai sogni della scienza e dai deliri dell’individuo, ma che guardi concretamente e crudelmente all’uomo per come è. Rileggendo autori fondamentali come Edmund Burke e Francois Renè de Chateaubriand, per comprendere meglio i limiti e le illusioni del nostro tempo attraverso questi grandi maestri. Per far ciò abbiamo intervistato il professor Marco Gervasoni, docente di storia contemporanea, saggista e studioso, che sta scrivendo un libro sul pensiero conservatore, per Rubettino, per approfondire tale visione e riscoprirne l’attualità e la validità, al di là delle demagogie contemporanee.

Professor Gervasoni, recentemente ha curato la prefazione delle “Riflessioni sulla rivoluzione in Francia” di Edmund Burke. Come è cambiato il pensiero conservatore da Burke ad oggi e quale fu il centro della sua analisi?

Il conservatorismo da Burke a oggi è cambiato notevolmente. Ciò non impedisce a questo pamphlet, scritto poco dopo la rivoluzione del 1789, di essere molto attuale ed illuminante sulla contemporaneità. Le considerazioni che Burke scrive sulla rivoluzione in Francia si potrebbero applicare per capire altre rivoluzioni nella storia. Da quella bolscevica ai fenomeni più recenti. Perché ciò che l’autore nota in questo testo è che la rivoluzione francese non è stato solo un fenomeno politico. Non mirava solamente a ristrutturare o rovesciare la struttura giuridica dell’ Ancient Regime, soprattutto perché buona parte delle ambizioni rivoluzionarie si erano già realizzate nel 1789. Essa mirava non a cambiare un sovrano o u na forma politica, ma a cambiare l’uomo.

Che cosa rende attuale l’analisi Burkiana di questo fenomeno?

Ciò che nota Burke in essa è il cambiamento di una visione antropologica che vuole trasformare la natura umana, una novità assoluta rispetto alla rivoluzione inglese o al passato. Per questo verrà seguita come modello da tutti i rivoluzionari successivamente. Pensando al presente non possiamo ignorare il tentativo, ancora in corso, di realizzare una rivoluzione antropologica più radicale di quella dei bolscevichi o di quella dei giacobini. Una rivoluzione che tramite la tecnologia ha la possibilità di cambiare la natura umana o di cambiare completamente l’identificazione di uomo e donna. Anche in questo senso molti autori conservatori attuali, Americani, dicono che noi stiamo vivendo un’epoca rivoluzionaria, in senso negativo ovviamente. Per questo quello che scrisse Burke nelle considerazioni contro i giacobini si potrebbe tranquillamente applicare contro i sostenitori delle teorie provenienti dal mondo statunitense, come il gender o altre idee del pensiero globalista.

Poco tempo fa si è celebrato l’anniversario della nascita di un grande esponente della cultura conservatrice: Chateaubriand. Quale era la sua visione politica?

Possiamo definirlo un conservatore, ma un conservatore, tuttavia, inclassificabile secondo le categorie del pensiero politico odierno e del tempo. Chateubriand era sostanzialmente un’artista, nonostante le responsabilità politiche di primissimo livello che aveva assunto, possedeva il pensiero politico di un’artista, di uno scrittore e come altre figure, come D’Annunzio, era un inclassificabile. Inclassificabile anche rispetto ai canoni del suo tempo. Per esempio Chateaubriand era a favore della libertà di stampa quando quasi tutti conservatori della restaurazione erano per la limitazione di essa. Allo stesso tempo la definizione di lui come conservatore liberale è fuori luogo, perché disprezzava i liberali del suo tempo arrivando ad altissime critiche nei confronti del mercato, del capitalismo, del regime borghese che si stava creando, molto simili a quelle dei socialisti e dei repubblicani dell’epoca.

A chi accomunerebbe Chateaubriand? E lo considera un precursore della rivoluzione conservatrice?

Per certi aspetti Chateaubriand credeva, per primo insieme a Byron, all’idea che il poeta dovesse portare la sua visione poetica all’interno della politica, una delle assolute novità del romanticismo, nell’idea di estetizzazione della politica. Che forgerà la figura del poeta guerriero, dell’esteta armato, che poi si imporrà nel novecento con le figure di D’Annunzio e Junger. Non è, però,un rivoluzionario conservatore perché è legato fondamentalmente alla tradizione. In quanto il nucleo del pensiero di Chateaubriand è la nostalgia, è da quella idea che parte tutta la sua opera. Dallo sforzo di frenare il tempo che passa, che però non si può fermare, che lo porta ad una visione della libertà intesa come libertas, inserita nel contesto di una libertà nella comunità e nella tradizione. Quella che Quentin Skinner chiama la libertà prima del liberalismo, che non è la libertà di classe, ma una libertà che si sviluppa proprio dal legame con la realtà in cui si vive.

Quali sono per lei due protagonisti del pensiero conservatore, uno del passato e uno del presente?

Oltre che ricordare i precedenti protagonisti menzionati, mi sentirei di porre una provocazione. Si dice che in Italia non c’è una tradizione conservatrice, ebbene, questo è completamente falso, ciò non vale solo nel novecento, ma anche nell’Ottocento. Leggendo il Leopardi dei Pensieri e di determinate sue poesie, soprattutto quelle della fase finale, troviamo un pensiero conservatore italiano che ha determinate caratteristiche la cui genealogia può cominciare a partire da Giambattista Vico e poi passa per esempio attraverso Rosmini, Vincenzo Cuoco prima, quindi in realtà ecco sì vogliamo avere un’idea di che cosa è una sorta di filosofia conservatrice, che più che una ideologia rappresenta un modo di vedere il mondo e che nel presente si può osservare nelle opere di Michael Oaekeshott e di Alasdair McIntyre.

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