I segreti di Twin Pinketts

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Geniale ed ironico, inquietante e divertente, tra il mostro di Foligno e i nuovi mostri di Risi. È il primo volume della trilogia di Lazzaro Santandrea di Andrea G. Pinketts: “Lazzaro vieni fuori”.

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Opera che vede una nuova edizione, grazie all’azione infaticabile della Associazione Andrea G. Pinketts, che, promossa dalla madre e dagli amici dello scrittore milanese, ne diffonde e promuove la diffusione attraverso una nuova riedizione(l’opera è del 1992), a circa tre anni dalla sua scomparsa. Si tratta di “una fiaba nera,comica e paurosa” che si muove nella surreale cornice trentina di Bellamonte, tra nani illusionisti, pulcinella alpini, psichiatri loschi, cosplay improbabili di Raimondo Vianello. In una storia che mischia noir e parodia, rivisitando il giallo, in maniera surreale, istrionica, unica. Attraverso le disavventure etiliche ed allucinanti di Lazzaro Santandrea, una vera “calamita perle calamità”, alterego del’autore, scapestrato e improvvisato detective, attirato magneticamente da situazioni grottesche e pulp. Tra Pulp fiction e Dalla parte di Swann, in una incursione nel mondo di un infanzia brighellesca e i ritrovamenti casuali di cadaveri , inseguendo le ombre del proprio passato e di un misterioso serial killer. Immergendo il lettore in una prosa tra Swift e lo swing, uno stile surreale, ricco di giochi di parole, scherzi linguistici, che si alternano e danno il cambio a pittoreschi, quanto profondi, ritratti psicologici di personaggi indimenticabili. Fatti di incontri fugaci con nuove fiamme, possibili sospettati, curiose attrazioni viventi. Uniti dal suo protagonista e narratore, la cui voce ricalca il timbro, il gergo di Pinketts. Lazzaro, questo anti Marcel proustiano(“Per molto sono andato a letto tardi. La differenza tra me e Proust”) che sa improvvisare tutti i mestieri, che riesce a fingersi membro del SISMI e capobanda di un gruppo vigilantes trentini, che se avesse mangiato quanto bevuto in questo romanzo “peserebbe una tonnellata”. Che ha tanti difetti, ma possiede “il senso della frase, il sesso della frase, il suono della frase, il significato della frase”, trasformando ogni riga in battuta, ogni battuta in una piccola verità:” La maturità è un’invenzione dell’uomo che non può ammettere di non essere migliorato” e ”Mai attaccare bottone con una sarta: conosce il trucco”. Unendo all’originalità linguistica, l’esperienza da giornalista investigativo, lo sguardo acuto del cronista di nera, che fa leggere, annusare e capire i piccoli dettagli del crimine. Che mostra i serial killer, come scrive nella splendida Appendice, come “ciechi che vedono solo nel riflesso di terrore negli occhi delle vittime”. Mostrando in quel Trentino, “che come è noto, ho inventato io”, la feroce vicenda di un assassino di bambini, la corte dei miracoli che lo accompagnano, che accrescono, sfumano e alludono al segreto di un finale sconvolgente ed inaspettato. Corte di personaggi laytoniani, tra cui figura anche la madre Mirella, tra le maggiori promotrici della diffusione dell’opera pinkettsiana, ritratta con affettuosa ironia. in Lazzaro vieni fuori, Pinketts inizia quella chanson de geste che il ciclo di Lazzaro, scrivendo un “manuale di istruzioni per l’uso” del suo autore, come sottolineato nella prefazione di Cappi, tra Bukowski e Ellroy, le maschere carnevalesche e le muse inquietanti. Seguendo le disavventure di questo “serial killer della parola” alla ricerca dei misteri di Twin Pinketts…

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