È ora di cambiare musica ripartendo dal Festival di Sanremo

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“Non facciamo gli snob: Sanremo è Sanremo”, scrivo nel mio editoriale di copertina del nuovo numero di CulturaIdentità, in edicola da ieri, dedicato alla storia della musica leggera italiana. Sì, perché malgrado le installazioni blasfeme di Achille Lauro, con la patetica esibizione dei soliti vipppss a fare da contorno, o il tentativo (fortunatamente non in questa edizione) di politicizzare il palcoscenico, la kermesse sanremese ha sempre raccontato uno spaccato della nostra nazione, fin dal 1951, quando nacque con l’intento di incrementare il turismo nella bassa stagione nel Comune ligure ospitando nel Salone delle Feste del Casinò uno spettacolo musicale. In un modo o in un altro, da Nilla Pizzi a Diodato, il Festival ha attraversato la storia del costume del nostro Paese. Vediamo quindi se stasera il vincitore saprà incarnare in qualche modo questo momento così strano e drammatico che tutti noi italiani stiamo vivendo. Certo, un concorso canoro senza pubblico è di difficile gestione e conduzione, così anche un fuoriclasse come Fiorello ha patito in queste serate le surreali restrizioni imposte dalle norme prodotte dai DPCM: fino in proscenio senza mascherina, un metro più avanti mascherina obbligatoria, come se il virus si infrangesse contro la quarta parete.

La platea vuota resterà malgrado tutto un po’ il simbolo di questo Festival in un momento così difficile per lo Spettacolo e la Cultura italiana. Una situazione drammatica, non certo sostenuta dalle continue scelte senza senso del ministro Franceschini che, dopo un anno di serrata delle sale teatrali e cinematografiche, ora le fa riaprire con il solo 25% dei posti a sedere. Una decisione imbarazzante di chi evidentemente non conosce costi e benefici delle attività, soprattutto private, d’intrattenimento dello spettacolo dal vivo. Ma il ministro forse è troppo impegnato dalle beghe del suo partito (sempre sulla pelle degli italiani).

Allora conviene far conoscere il Disegno di Legge degli on. Mollicone e Frassinetti di FDI, che con l’Intergruppo Arte e Spettacolo (formato da opposizione e maggioranza), hanno proposto di istituire una Direzione Generale Musica all’interno del MIC che si occupi della produzione, del sostegno e della promozione musicale italiana, cosa incredibilmente fino ad oggi non presente. Proposte concrete che vanno dai fondi dalla lirica e al jazz passando per i giovani autori, un credito d’imposta per le attività di sviluppo, il potenziamento dell’ICE per la promozione delle aziende italiane all’estero. Idee che diventino azioni, non le solite promesse elettorali. Perché è ora di cambiare musica e far tornare a cantare il popolo italiano.

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