Luciano Cannito: “In Italia c’è stata una P2 culturale”

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Incontriamo Luciano Cannito, uno dei più importanti coreografi direttori artistici italiani, a Roma, in un posto magico. Si chiama Art Village, è all’inizio della via Aurelia, e in un contesto che unisce professionalità a gioia per le discipline dello spettacolo presenta 12 sale prove, studi di registrazione, auditorium di 200 posti, appartamenti per studenti fuori sede, ristorante/bistrot, sala relax con postazioni computer per fare i compiti e ricerche scolastiche nelle pause tra una lezione e l’altra. Al nostro passaggio giovani ballerine in tutù ci salutano sorridenti, un austero e allo stesso tempo giovane maestro di danza passandosi l’asciugamano sul collo informa il maestro Cannito che la coreografia del prossimo spettacolo che andrà in scena a Torino fra poco è quasi pronta. Il Maestro annuisce soddisfatto mentre passa in rassegna i costumi del musical in preparazione. Ovunque si possono udire pianoforti in azione e vedere giovani danzatori alla sbarra degli esercizi.

Luciano Cannito. La sua carriera come coreografo e regista inizia in Israele nel 1986 con l’opera “Passi Falsi”. Nello stesso anno firma lo spettacolo “Spin” per il Posthof Teather di Linz in Austria. Il suo esordio in Italia è del 1987, anno in cui fonda la Compagnia di danza “Napoli Dancer Theatre” che rappresenta l’Italia all’International Danz Festival di Vienna e al Festival International de Danse di Bruxelles in Belgio. Nel 1992 è Direttore Artistico del Balletto di Napoli e l’anno seguente assume la direzione artistica per la Danza del Teatro Petruzzelli di Bari. Nello stesso anno mette in scena al Teatro San Carlo di Napoli la produzione “Marco Polo” che riscuote un enorme successo a livello internazionale. Dopo essere stato Direttore Artistico del “Balletto di Roma”, dal 1998 al 2002 assume la Direzione Artistica del Teatro San Carlo di Napoli ed in seguito, quella del Teatro Massimo di Palermo. I suoi lavori sono stati rappresentati nei più prestigiosi teatri e festival di tutto il mondo, inclusi il Metropolitan di New York, la Scala di Milano, il Teatro San Carlo di Napoli, l’Orange Country Performing Arts Center di Los Angeles, il Place des Artes di Montreal, il Teatro dell’Opera di Roma, il Grand Theatre de Bordeaux, il Teatro Nazionale di Taipei, il Teatro Nazionale dell’Estonia. I suoi balletti sono stati interpretati dalle più grandi star della danza internazionale.

Certo Luciano che carriera! Se si legge il tuo curriculum, se si dà uno sguardo al tuo percorso uno si domanda: ma sarà vero?

Io ho fatto il doppio di quello che mi aspettavo.

Cos’è per te la realizzazione?

La prima sensazione che le cose stavano andando in una direzione molto più grande di quella che mi aspettavo è quando fui chiamato dal San Carlo di Napoli per una produzione. La realizzazione di una cosa che realmente ti cambia. Poi il Teatro La Scala di Milano, una produzione del Teatro La Scala che avrebbero portato al Metropolitan di New York e poi a Los Angeles. La Scala non metteva piede al Metropolitan da venticinque anni.

La Scala di Milano fa ancora tremare le vene ai polsi?

È il più grande marchio culturale italiano nel mondo. Una sedimentazione di trecento anni. Nel mondo automobilistico tu dici Ferrari e anche le persone che non hanno competenze di automobili quel nome lì gli dà un senso di eccellenza. Non è l’unico teatro italiano. Tutti i grandi teatri d’opera italiani hanno questa nomèa. Il San Carlo di Napoli è il più antico ed è ancora in attività.

Hai visto l’Unesco che regalo ci ha fatto?

Sono felicissimo. Patrimonio immateriale dell’umanità per l’Opera Lirica. Sul Pianeta Terra tu dici Opera Lirica e dici Italia! Tutti i grandi nomi devono essere passati qui, per studio, un marchio di assoluta qualità.

Condoleeza Rice si chiama così per gli spartiti musicali che suonava il padre con l’indicazione in italiano “con dolcezza”. L’Italia all’estero è ancora così amata?

Noi nel mondo siamo famosi per la bellezza, per l’eccellenza e la simpatia. Siamo simpatici a chiunque.

Perché?

L’italiano è empatico. Ha cultura. Quando lavori per gli Stati Unti, adesso vado a portare Vacanze Romane in teatro; quando vivi in Italia, a Roma ad esempio, esci di casa e hai il Colosseo, San Pietro, la bellezza ti entra per osmosi. È come il figlio del cuoco, ha una predisposizione ai sapori, agli odori, al gusto.

Da cosa vedi che un ragazzo ha talento?

Dal fuoco. Dalla generosità. Su dieci che ballano la stessa coreografia c’è uno che arriva all’anima con gli stessi movimenti. Quello sta dando generosamente tutto se stesso al pubblico. Ti arriva qualcosa che si sente ma non si vede.

Poi c’è la formazione.

Se sei fortunato trovi qualche maestro che ti aiuta a formarti una tecnica. Il talento, chi ce l’ha, ci nasce.

A Broadway ho visto spettacoli perfetti. In Italia a volte sembra tutto abborracciato. Come mai?

Mi sono posto questa domanda diverse volte. Siamo viziati. Quando vinci il campionato del mondo, l’anno dopo non lo rivinci. L’Italia è il Paese del Teatro, ce lo abbiamo addosso.

Stai dicendo che è ordinario, normale, ce l’ho sotto casa…

Sembra che ti faccio un favore a venirti a vedere. Attenzione! Io esco di casa, devo trovare parcheggio, pago un biglietto, lo spettacolo deve essere bello. In Italia c’è stata una cultura di serie A e una di serie B. La musica è sacra, avvicina a Dio, il balletto con i suoi corpi è a rischio. È il Paese della Chiesa. Sono cose sedimentate da secoli.

E ai giorni nostri com’è lo stato dell’arte?

Hanno sottomesso la meritocrazia. Scelte di salotti.

C’è stata una P2 culturale in Italia?

Ovvio. Se qualcuno dice il contrario è ipocrita. Ci sono settori dove la meritocrazia è indispensabile: l’esecuzione al pianoforte, il ballo, il canto. Casca l’asino. O sai suonare o non sai suonare.

Quindi che hanno fatto?

Si chiamavano “popolari” e hanno fatto scelte elitarie.

Il segreto qual è?

Il merito e il passaparola. Accade col cinema, col teatro, con il musical. 

In cosa crede Luciano Cannito?

Io credo nell’evoluzione e non nella rivoluzione.

Con i colleghi come va?

Prendo tante pugnalate ma sempre alle spalle. Non devo sempre pensare che sono nemici. La vita una è. Mio padre è morto a 52 anni. Mi ha segnato questa cosa. Credo nelle persone. Sono felice assieme agli altri.

Rossella Brescia è la tua compagna. Un’artista. A casa vostra il sipario si chiude qualche volta?

Mai. Ridiamo moltissimo. Come fai a condividere una vita con una persona che non sa nulla di quello di cui stiamo parlando? Noi artisti siamo matti. Non siamo normali. Una grande sintonia e lasciare spazi in autonomia. Merito, professionalità, gavetta, studio, arte-vita. Il segreto della nostra unione.

Arriva da te un ragazzo che vuole fare l’attore. Vuole entrare in arte veramente o prendere il posto di Bonolis?

È un fenomeno recente. Saranno i social. Sarà la velocità. Alcuni si sentono già arrivati. Ed è la strada del bruciarsi. C’è in Fame, in Saranno Famosi, un personaggio così. Stai certo che non diventerai Bonolis. Bisogna fare delle forti selezioni. La motivazione la senti. E non bisogna rubare i sogni ai ragazzi illudendoli.

La crisi del teatro in due parole.

Se fai spettacoli belli la crisi non c’è. Si dice “ non c’è lavoro”. Quelli capaci di lavorare non sanno a chi dare i resti. Bisogna avere una strategia commerciale.

Cos’è il genio?

Proverbio inglese: 1 percento ispirazione, 99 traspirazione.

Lavoro, duro lavoro su di sé?

Io andavo a lavorare ai mercati generali da ragazzino e sognavo tutto questo (mostra le locandine appese alle pareti). Volevano farmi fare un concorso alle Poste. Ho preso il pullman per fare il concorso e sono sceso alla fermata prima.

Tipo Billy Elliot.

Io sono Billy Elliot! È la storia della mia vita. Studiavo danza di nascosto. Oggi i talent hanno aiutato, hanno sdoganato la figura del ballerino. È accettata di più.

Essere o Avere?

La differenza la fa la cultura non i soldi. Con i soldi non puoi comprare quello che vuoi essere. Ti fai la barca ma se sogni di fare l’artista con i soldi e basta non ci arrivi.

Cosa diresti al ministro della Cultura Sangiuliano?

Aprire il tax credit per la Cultura anche ai privati. Molti vogliono investire nella Cultura. Hai visto che bella la nostra scuola? È tutta privata. Un sogno realizzato da un grande mecenate.

Come si chiama?

Fabrizio Di Fiore.

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