Il capoluogo di provincia ha trovato la sua dimensione nella contemporaneità
Che cosa rende una città identitaria? Che cosa le permette di essere riconoscibile rispetto alle altre, prima di tutto dai suoi cittadini, oltre che dai suoi visitatori? Quali sono gli elementi che, in un’epoca globalista, permettono di essere localisti, senza essere provinciali? E’ indubbio che a rendere una città identitaria è prima di tutto la sua storia, ciò che nel corso dei secoli l’ha resa, attraverso le sue trasformazioni, ciò che appare oggi. Ma se essa ha una storia recente, come ad esempio La Spezia, non potrà essere questa la traccia per individuarne l’identità. La Spezia, infatti, nasce nel 1260 allorché Nicolò Fieschi, nobile di Lavagna, vi stabilì la signoria in funzione anti genovese, costruendo le prime fortificazioni attorno a quel che allora era poco più di un borgo di pescatori; ma fu solo Napoleone, oltre mezzo millennio più tardi, a intuire le potenzialità del Golfo e a proclamare La Spezia Porto Militare, progettando e costruendo quella via Napoleonica che la unisce, ancora oggi, a Portovenere. E fu intorno all’Arsenale Marittimo che l’agglomerato urbano iniziò a svilupparsi dalla metà del XIX secolo, per essere poi inaugurato nel 1869. L’Italia era appena nata e gli italiani altro non erano che la somma di coloro che vivevano lungo lo stivale. Alla Spezia no. Lì gli italiani erano già tali perché, giunti dai quattro angoli della penisola per svolgere le più disparate attività nella costruzione dell’Arsenale, si erano fusi diventando nucleo della città, passata da tredicimila e cinquecento abitanti nel 1861, a oltre sessantamila pochi anni dopo. L’attuale pianta urbana, di stampo militare, la contraddistingue rispetto alle altre città italiane con le sue moderne direttrici tracciate in modo parallelo e perpendicolare una all’altra, così come il quartiere Umberto I, nato proprio per ospitare la massa di gente proveniente da tutta Italia. Sul piano culturale va detto che La Spezia nel 1846 aveva già il suo teatro civico dove, pochi anni più tardi, fu rappresentata la Traviata di Verdi e nel 1879 debuttò Eleonora Duse. E’ di quegli anni anche la prima vocazione turistica della città con la costruzione di numerosi alberghi, per giungere infine allo slancio edilizio di fine Ottocento che la rese la città a più alta densità di palazzi in stile Liberty. Ma altri cantieri, capaci di realizzare costruzioni navali e sommergibili gioielli della tecnica, fioriscono nei primi anni del Novecento concentrando alla Spezia il dibattito tra passatismo e futurismo. “Golfo delle Meraviglie” è il soprannome che Filippo Tommaso Marinetti diede al Golfo della Spezia, rendendolo suo luogo d’elezione e ispirazione. Sul finire degli anni Venti, di fronte al litorale spezino, ammarano gli idrovolanti capaci di scendere sullo specchio d’acqua di ben due aeroporti. La città esce dalla sua dimensione locale anche con la realizzazione del Palazzo delle Poste progettato dall’architetto Mazzoni, all’interno del quale l’aeropittore Filia, insieme con Prampolini, realizzano il grande mosaico di aeropittura futurista. L’aria che si respira in città ha un sapore epico sostenuto dall’ambiente artistico culturale, ma anche da una nuova civiltà impregnata nelle macchine e nel dinamismo. E’ il Premio Nazionale di Pittura del Golfo della Spezia che ne consacra la capacità attrattiva con la partecipazione di 86 artisti che si sottopongono al giudizio della giuria presieduta da Marinetti, mentre negli stessi anni vanno in stampa sette numeri della rivista Terra dei Vivi. E’ Gerardo Dottori a vincere il primo premo con il trittico Il Golfo Armato. Nel 1935 è ancora protagonista il Teatro Civico che ospita lo scontro, anche fisico, tra passatisti e futuristi dove Marinetti lancia la sfida ai poeti d’Italia invitandoli a declamare i loro componimenti cantando il Golfo della Spezia. La competizione si svolge il 3 e 4 ottobre, a vincere è lo stesso Marinetti con il suo parolibero Aeropoema del Golfo. Dunque per rispondere alla domanda iniziale è possibile dire che l’identità di una città, e questo vale certo per La Spezia, può trovare la sua dimensione più contemporanea attraverso la rilettura di ciò che nel passato ha saputo con maggiore intensità guardare al futuro.
Paolo Asti