Intervista pubblicata su il Giornale
Pier Francesco Borgia
La bellezza può salvare il mondo?
«La bellezza può farlo. E non solo. Può anche salvare l’economia. Con l’iniziativa di oggi noi intendiamo lanciare proprio un progetto che è anche politico. L’Italia ha un patrimonio culturale invidiabile. Il gioiello della Civita di Bagnoregio è solo un esempio. L’intero Paese è costellato di antichi borghi e di città d’arte che possono rappresentare un volano invidiabile. Serve però uno spirito nuovo e una presa di posizione che valorizzi l’identità nazionale».
Non teme speculazioni ideologiche?
«Non siamo di destra o di sinistra. Noi ci rifacciamo, se proprio dobbiamo cercare un modello politico, alla Costituzione di Fiume. Alla cosiddetta Carta del Carnaro che quest’anno compie un secolo».
D’Annunzio e de Ambris come modelli politici?
«Assolutamente attuali. Se pensa a come il Vate propugnasse la sovranità dei popoli contro la plutocrazia della Società delle Nazioni. Ora più di allora dobbiamo riaffermare la sovranità dei popoli contro il dilagante globalismo».
Il vostro rimane un movimento di opinione o si prefigge di scendere in campo?
«La scellerata idea di tagliare la rappresentanza parlamentare produrrà come effetto quello di spostare sempre più sul territorio l’esigenza di trovare adeguata rappresentanza. Ed è probabile che prima delle politiche potremmo già testare la validità della nostra proposta nelle comunali del prossimo anno. D’altronde sono tante le città importanti, nonché città ricche di arte e storia, che rinnoveranno gli organi di rappresentanza».
E i vostri testimonial? A chi chiederete di appoggiare il vostro progetto?
«Intellettuali liberi e di chiara fama come Pietrangelo Buttafuoco, Marcello Veneziani, Franco Cardini. Solo per fare qualche nome».
Tutti riconducibili a una matrice politica di destra.
«Con la rivista Cultura/Identità abbiamo da tempo abbattuto questo steccato. E tra i nostri interlocutori ci sono anche personalità come Massimo Cacciari e Gianni Vattimo».
un richiamo ai Feudi, e facciamo saltare il banco. E’ il momento giusto, ognuno per se con la moneta locale e la produzione propria da scambiare con altri feudi.
Ma perché di partiti non ce ne sono abbastanza?
Salvare questo disgraziato Paese non è facile. Anzi è molto, molto difficile. Per il semplice motivo che l’esercizio della democrazia ognuno lo fa secondo il proprio tornaconto. Per avere vantaggi nell’immediato e programmarsi il futuro. Non per niente, gli amanti della «”Satira preventiva” sbeffeggiano il “passo del tapiro” dei trumpiani goffi e obesi». Condensando in otto parole ettolitri di razzismo. Ma loro sono i sinistri intellettuali a cui è concesso tutto: compresa la facoltà di dare la patente di razzista (o qualsivoglia altro ismo facente parte del pentagramma ideologico) a tutti gli antipatici che non la pensano come loro. Di un’idiozia insomma ne hanno fatto una fede che tuttavia vogliono imporre agli altri con l’aiuto delle toghe. Costi quel che costi. E ora che il già eroico Palamara è stato buttato fuori della Magistratura viene facile pensare che in quel campo lì, come in ogni organizzazione eversiva, “Chi rompe paga e i cocci sono i suoi”.
C’è soltanto d’aggiungere che la cacciata era nell’ordine delle cose: poiché il suo contrario sarebbe stato lo scioglimento del Csm. E questo, ancora una volta, sta a dimostrare che la magistratura non sarà mai in grado di emendarsi. Cosi la metastasi continuerà a devastare il corpo della magistratura. Dopo aver distrutto la sua credibilità. Ma il presidente della repubblica, custode e garante della Costituzione, e che il Csm presiede, come può avallare questo istituzionale gioco delle tre carte?
Senza contare che lo scaricabarile, che fa pensare più a un asso uscito dalla manica di un baro in una partita a poker che a una sentenza, ha inevitabilmente messo nelle mani di Palamara un’intera santabarbara dalla quale partire per sottoporre a ferro e fuoco gli ex colleghi. Dei quali conosce ogni piega professionale e umana.