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Ricostruire il prestigio della magistratura, rilanciare la sua funzione e la sua indiscussa autorevolezza sembra essere, paradossalmente, la priorità in un paese che celebra, in un clima di incertezza sul suo passato e sul futuro, il trentennale di Mani Pulite. Nel corso di tre decenni si è passati dagli osanna ai magistrati ai pesanti dubbi sull’esercizio del loro delicatissimo incarico, fino a un evento-simbolo come l’avviso di garanzia proprio nel giorno dell’anniversario della “rivoluzione giudiziaria” a Pierluigi Davigo.
Davigo figura di spicco del pool milanese viene oggi rinviato a giudizio dalla Procura della Repubblica di Brescia per il reato di rivelazione di segreto d’ufficio il riferimento ai verbali di Piero Amara: documenti concernenti l’esistenza della cosiddetta “loggia Ungheria”, un “club” segreto di magistrati, faccendieri, funzionari dello stato e privati per distorcere la giustizia piegandola a finalità particolari e ovviamente illegali. Una vicenda intricata (nella quale il riferimento alle logge sembra rinviare ai duri scontri tra cordate interne alla magistratura e ai loro collegamenti esterni) sulla quale Alessandro Sallusti e l’ex magistrato Luca Palamara si soffermano nel secondo libro intervista Lobby e logge. Le cupole occulte che controllano “il sistema” e divorano l’Italia (Rizzoli).
Titolo eloquente per una materia bomba. Il primo libro della strana coppia Sallusti-Palamara, “Il sistema”, è stato forse il caso editoriale del 2021: in un paese attraversato dalle tensioni sociali della seconda stagione di pandemia, “Il sistema” ha infranto il vaso di Pandora che ancora custodiva i mali della magistratura italiana. La rottura di questo involucro non è avvenuta ad opera di “scassinatori” esterni, ma proprio dall’interno: un magistrato di spicco come Palamara ha parlato a lungo articolando la sua verità riguardo alle correnti e la spartizione del potere all’interno della magistratura.
A distanza di un anno il “sequel” secondo la formula del libro-intervista, che è anche un botta e risposta tra due uomini provenienti da storie diverse, ha un senso nell’allargamento della inquadratura: con “Lobby e logge” Sallusti e Palamara vogliono gettare luce sul “dark web” del sistema ovvero quella rete di interconnessioni che congiunge magistrati dalle ambizioni non proprio ispirate alla Dea Bendata (quale dovrebbe essere la giustizia nella sua aspirazione a superare tutti i privilegi individuali e le parzialità), imprenditori, faccendieri, politici.
Qualcosa di simile allo scenario di Tangentopoli? No, perché trenta anni sono passati e ora alla screditata casta dei politici la casta dei magistrati sempre più va a fare compagnia nella percezione comune… Molti magistrati ci sono dentro fino al collo in questo sistema che elude le regole della equità giuridica, mentre nel frattempo altri magistrati continuano a fare il loro mestiere anche a rischio della vita.
Le lobby della magistratura, così come emergono dal dialogo Palamara-Sallusti, si muovono come animali voraci per contendersi spazi di potere, per poter acquisire l’arbitrio di decidere: sono” logge e lobby” che decidono “se avviare o affossare indagini e processi” e “usano la magistratura e l’informazione per regolare conti, consumare vendette”. Non è un quadro edificante.
Poco senso ha forse evocare scenari massonici con tintinnii di spade e mani guantate che si stringono, sarebbe quasi come cercare un capo espiatorio al di fuori del contesto. E il contesto già descritto dal primo libro “Il Sistema” è quello di un potere giudiziario, che sull’onda del fallimento della classe dirigente politica – certificata attualmente anche dalla presenza di un ennesimo tecnico a Palazzo Chigi – ha pensato di superare le colonne d’Ercole della “divisione dei poteri” descritta da Montesquieu per assumere un ruolo sempre più da protagonista nella società.
Che poi la politica a un certo punto si vendica… e il libro di Palamara e Sallusti esce proprio nel momento in cui Davigo è sulla difensiva (sperando che nessuno si ricordi del suo aureo motto “Non esistono innocenti; esistono solo colpevoli non ancora scoperti”) mentre Matteo Renzi passa al contrattacco facendo il pelo e il contropelo ai magistrati che volevano metterlo sulla graticola.
In tutto ciò “pars costruens” cercasi. Al di là delle polemiche, quel che è più importante è avviare un processo di risanamento del quadro politico-giudiziario italiano. O meglio del quadro politico-giudiziario-economico a voler considerare le pagine del libro di Palamara-Sallusti che mostra come la rete tra molto personalistici magistrati e procacciatori d’affari vada a intaccare il regolare svolgimento delle attività produttive.
A voler essere ottimisti certi capovolgimenti di prospettiva indicano una flebile luce in fondo al tunnel. Le candidature di magistrati nelle ultime elezioni suppletive o nella corsa al Quirinale da parte delle forze di centrodestra indicano che il nemico per quella parte politica che tutt’oggi è la più votata nel paese non è “la” magistratura, ma alcuni settori deviati della stessa. Nello stesso tempo i referendum che hanno come oggetto i problemi giudiziari riaccendono l’esigenza di una riforma. In tutto ciò il libro di Palamara e Sallusti fornisce dati molto interessanti e nello stesso tempo apre scenari inquietanti, ma come è scritto nel Vangelo “è necessario che gli scandali avvengano…”