Enrico IV di Pirandello compie 100 anni al Manzoni di Milano

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Il 24 Febbraio 1922 andò in scena al Teatro Manzoni di Milano la prima dell’Enrico IV di Luigi Pirandello. Interpretato dall’attore Ruggero Ruggeri il capolavoro pirandelliano rappresenta la pietra miliare dell’intera poetica dello scrittore siciliano, un’opera di profondo studio della psiche umana in cui il tema della pazzia e della contraddizione dell’esistenza trovano la loro più alta espressione.

“Perché trovarsi davanti a un pazzo sapete che significa? Trovarsi davanti a uno che vi scrolla dalle fondamenta tutto quanto avete costruito in voi, attorno a voi, la logica, la logica di tutte le vostre costruzioni! Eh! Che volete? Costruiscono senza logica, beati loro, i pazzi! O con una loro logica che vola come una piuma! Volubili! Volubili! Oggi così e domani chi sa come! Voi vi tenete forte, ed essi non si tengono più. Volubili! Volubili! Voi dite: <<questo non può essere!>> e per loro può essere tutto.” (Pirandello, Enrico IV atto II).

L’Enrico IV ruota intorno al tema dell’alienazione, della follia come fuga da sé stessi e dall’opprimente società  e, insieme all’altro capolavoro “Sei personaggi in cerca d’autore”, racconta l’esistenza umana come frammentata attraverso uno specchio rotto e ogni pezzo rispecchia altri mondi, dove le maschere che indossiamo si riflettono all’infinito.

Il tema dell’incomunicabilità, della crisi dell’Io che genera il male di vivere con il conseguente bisogno di rifugiarsi nelle illusioni estreme della mente, danno l’idea della grandezza di Pirandello: il premio Nobel di Girgenti aveva vissuto il dramma della follia della moglie, il rapporto esasperante e l’esistenza vissuta fra apparenza e realtà.

Il protagonista, di cui non si saprà mai la vera identità, verrà identificato per tutta l’opera esclusivamente con il  personaggio di cui veste i panni: la follia, reale o apparente, gli permettono il contatto vero con la natura e la possibilità di scoprire se stessi, Enrico è si un alienato, ma allo stesso tempo un personaggio positivo, perché si autoesilia da una massa di cui rifiuta le maschere, e la scelta tra normalità e a-normalità supera il conflitto fra interiorità ed esteriorità.

E ancora oggi siamo qui a farci domande sui nostri comportamenti e la nostra vita, la pandemia come ci ha cambiato, con le sue maschere e che, forse, non sarà mai uguale a quella che abbiamo vissuto prima, o forse sì, intanto la libertà è subordinata alla convenienza e la “follia” può aiutarci a fare scelte coraggiose a non interpretare quei ruoli determinati, come oggi, invece, Washington e Mosca sembrano determinati a interpretare.

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