Non si arresta il fenomeno dei suicidi in divisa

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E’ deceduta dopo ore di agonia l’agente di Polizia che lunedì ha estratto la pistola d’ordinanza facendo fuoco contro se stessa.

Nella prima metà del mese di settembre si sono tolti la vita altri quattro appartenenti alle Forze dell’Ordine: un carabiniere forestale, due appartenenti alla Polizia di Stato ed un appartenente alla polizia locale, tutti con la pistola d’ordinanza.

Sono 49 dall’inizio dell’anno, ben 49 colpi avvolti dal silenzio assordante delle istituzioni e di chi dovrebbe trovare una soluzione a questa terribile escalation.

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Il fenomeno dei suicidi è la punta di un iceberg della perdita di quell’enorme patrimonio di umanità che portava gli uomini in uniforme ad avvertire come famiglie le rispettive istituzioni. Un mancato adattamento di quei valori di cameratismo alla evoluzione della società ed alla complessità del sistema normativo, che si traduce, in estrema sintesi, in una fallimentare gestione delle risorse umane che meriterebbe un serio e profondo check up. Già, perché di esseri umani si tratta, con le loro debolezze ed i problemi tipici che nella quotidianità assillano ognuno di noi.

Ma per sua stessa natura la condizione lavorativa degli appartenenti alle Forze dell’Ordine è fonte di notevole stress, essendo una delle più impegnative a livello fisico ed emotivo e caratterizzata da turnazioni di lavoro estenuanti, continua mobilità, esperienze traumatiche e non da ultimo da relazioni professionali caratterizzate da un sistema gerarchico. Tutto ciò non può non riflettersi sui meccanismi psicologici “adattativi” di cui ciascuno di noi è dotato e che utilizziamo per fronteggiare problematiche e situazioni di natura emotiva ed interpersonale.

E’ per questa ragione che il lavoro svolto dagli appartenenti alle Forze dell’Ordine è annoverato tra quelli maggiormente predisponenti a sindrome da burnout ed a stress correlato al lavoro.

Le ragioni che possono spingere al suicidio sono sicuramente molteplici e senza dubbio tra esse anche una vera e propria predisposizione al cosi detto “agito”, ossia il passaggio dal pensiero all’atto, a cui si aggiunge un elemento sicuramente non secondario, la disponibilità di un’arma da fuoco. E’ per questo che i militari che svolgono servizio armato possono essere sottoposti a scrupolose visite specialistiche volte a rivalutare l’idoneità psicologica al Servizio Militare Incondizionato. Ma a volte è proprio su queste procedure che ci sarebbe molto da dire.

L’indubbia esigenza di disporre di uomini e donne armati “lucidi ed equilibrati”, perchè chiamati a tutelare la sicurezza dei cittadini, non può non essere contemperata dall’altrettanta necessità di affiancare a quell’ iter burocratico valutativo un preciso progetto di sostegno psicologico.

Provate a pensare cosa possa significare per uomini e donne in uniforme subire l’onta ed il rituale del ritiro del tesserino, pistola e manette, seppur a scopo precauzionale: un rituale che si traduce nella privazione della propria identità. Spesso il rimedio “istituzionale” si trasforma esso stesso nella causa. Un momento di lieve e temporaneo malessere può trasformarsi, ad esempio, in un irrimediabile stato di depressione cronica, innescando un meccanismo perverso di non ritorno e senza uscita.

Oltre al comprensibile impoverimento delle risorse adattive individuali, conseguenza di un lento e progressivo logoramento causato da una professione senza dubbio usurante sotto tutti gli aspetti, a preoccupare è anche il pericoloso problema delle sindromi psicologiche e psichiatriche sommerse, quelle che non vengono riferite nel timore di finire nella spirale burocratica perversa. Sono soprattutto queste che possono determinare una sofferenza tale da indurre in alcuni casi a gesti estremi. In ogni caso c’è da dire che una adeguata gestione delle persone ed una corretta leadership militari potrebbero già rappresentare un decisivo elemento di dissuasione rispetto a tali drammatiche decisioni.

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7 Commenti

  1. da un’analisio dell’appartenenza si possono fare considerazioni sullo stress e/o sulla debolezza dei soggetti, non sicuramente educati da salesiani. Se non c’è la fai chiedi il trasferimento ad un’altro corpo di polizia, più tranquillo, meno stressante, in tutte altre cose affaccendato, ce ne sono tanti. Lavorare nel privato è più dura ed è peggio:se poi proprio decidi di eliminarti, amen!

  2. Sono un appartenente alle Forze Armate in congedo. Un soldato, al netto di chi sceglie un lavoro a tempo indeterminato indifferentemente se alle Poste o in qualisasi altra amministrazione pubblica, crede profondamente nella pubblica utilità del servizio che è chiamato a svolgere. E’ un individuo pregno di ideali, del senso di giustizia, che mal si confà con lo stile di vita attuale, vuoto, autorefenziale, ipocrita, subdolo, vile e opportunista. Rendersi conto di essere considerati nemici quando invece si pensava di svolgere una missione a beneficio della collettività, di essere considerati dei reietti non in linea con il modello “Trap” di fighetti tatuati drogati e spacciatori, in personalità forse non adeguatamente monitorate e sostentute dai diretti superiori, genera l’abisso dello sconforto, viene meno la realizzazione del sè.

    • gent.mo c’è la repubblica , guerra persa, per cui questa è la situazione. nel ventennio non c’era nessun problema simile, il servizio per quanto duro e poco pagato tramite il Ministero degli Interni non permetteva che le FF.OO andassero a processo o subissero problemi per i servizi resi! La situazione era di gran lunga preferibile e più sicura. Oggi è meglio fare altro o l’imboscato in servizi ammnistrativi e sedentari!

      • C’è da meravigliarsi che ci sia ancora qualcuno che abbia voglia di assumersi certe responsabilità e prendersi “legnate” sia sulla piazza che per mancanza di tutele legislative.

  3. Credo ci siano molti fattori da tenere in considerazione: Il primo su tutti è l’inadeguatezza di molti a svolgere questo tipo di servizio che non è assolutamente semplice. A questo va aggiunto, a volte, una catena di Comando spesso inaffidabile e scarico delle responsabilità; mezzi, strutture e turni, spesso assurdi per carenza di personale. Su di loro poi si riversa tutta la pressione dei madia ben sapendo che certe responsabilità sono squisitamente politiche e la mancanza di riforme e l’applicazione inadeguata e spesso impossibile di alcune norme non sono attribuibili alle Forze dell’Ordine ma ai media interessa l’odiens, poi accade l’irreparabile.

  4. Forse, assieme a tutto, NON riescono a reggere alle MENZOGNE di questi 2 anni. Uno ha la missione di combattere il crimine e servire per la giustizia MA si ritrova, suo malgrado, a multare anziani, bambini, lavoratori, donne anziane PERCHE’ NON esibivano il permesso per uscire o il Green Pass…basterebbe che tutti, in massa, disobbedissero (perché legalmente é possibile) ad ordini ritenuti IMMORALI e palesemente ingiusti. Ma lo stipendio val bene un sopruso…

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