Riva GLDF, l’avanguardia delle macchinine

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La seconda serata di Inimitabili, al Teatro Manzoni di Milano, dedicata al Padre del Futurismo Filippo Tommaso Marinetti nel giorno dell’ottantesimo anniversario dalla sua scomparsa, è stata aperta da due ospiti speciali. Sul palcoscenico con Edoardo Sylos Labini, infatti, c’erano Francesca Barbi Marinettti, pronipote del Maestro, e l’artista Riva GLDF, futurista del XXI secolo noto per le sue opere frammentate e scomposte, che appaiono come veri mosaici contemporanei, fatti interamente di macchinine. Proprio con questo stile, ha creato l’opera Sgommata e fuga in re minore (parafrasando Bach) che ha regalato ieri a Milano al direttore e fondatore di CulturaIdentità. Riva GLDF, classe 1977, ha costruito il suo percorso artistico e umano fra l’Italia, il Giappone e l’America. Amatissimo oltreoceano (il Philadelphia Museum of Art lo ha da poco voluto come uno dei dodici artisti rappresentanti il nostro Paese), basa la sua estetica su memoria, gioco e temi di attualità. Ne abbiamo parlato con lui.

Com’è nata l’idea del tuo progetto artistico?

Da una serie di coincidenze. Un giorno, osservando le macchinine dei miei nipoti sul pavimento, mi è balenata un’immagine. Poi, leggendo un libro di neuroestetica, ho visto in quelle macchinine il potenziale per creare mosaici contemporanei.

Hai definito le macchinine un tuo archetipo. Perché?

Le macchinine sono un simbolo universale. In ogni parte del mondo, dopo la mamma, il papà, l’alberello e la casetta, sono il quinto soggetto disegnato dai bambini. Questo le rende parte di un alfabeto visivo globale. Usarle mi consente di evocare la memoria del gioco e creare una connessione empatica immediata, mentre le allegorie e i significati nascosti emergono solo con uno sguardo più attento.

Cosa intendi dire?

Scomporre, ricomporre, osservare e dedurre sono operazioni quotidiane in molti ambiti. È un processo di neuroestetica che si riflette nella mia arte. L’osservazione delle mie opere suscita ricordi che si trasformano in emozioni, attivando un flusso mentale che da impressione diventa progetto.

Ti ispiri a un modello artistico?

Non seguo riferimenti assoluti. Mi hanno definito il “piccolo Arman”, ma le nostre intenzioni differiscono. Lui criticava il consumismo attraverso accumulazioni; io compongo per evocare sensazioni, stimolare riflessioni e risvegliare ricordi.

Ti senti di far parte di un nuovo futurismo?

Il futurismo è unico e irripetibile. Mi sento piuttosto parte di una nuova avanguardia che reinterpreta la frammentazione futurista, non per esaltare velocità e movimento, ma per promuovere consapevolezze più profonde.

Arte e politica: sono legate?

Preferisco parlare di arte e sociale. L’arte accende riflessioni su temi universali. Ho affrontato questioni come i migranti che perdono la vita in mare e il diritto al riconoscimento dei corpi, la violenza di genere e l’ecologia per creare consapevolezza, non schieramenti.

Raccontaci i due progetti…

“The Paradox Of Blue” è nato al MUSA di Milano, ispirato da reperti dei migranti, tra cui macchinine. Le 10 tavole astratte, “Inter-rotte”, evocano il disorientamento dei viaggi clandestini; le 8 figurative, “Benvenuti in Europa”, rappresentano gli oggetti sopravvissuti alle traversate e approdati sui tavoli della scientifica.

Il “Paradox” è diventato anche un cortometraggio…

Sì, diretto da Gabriele Lazzaro e prodotto da Didi Leoni e da Skillshake. Racconta la genesi della tavola più grande di “Inter-rotte”, con le loro voci narranti. Ha ricevuto una menzione al Festival dei Tulipani di Seta Nera e un premio alla regia al Festival Corti sul Tevere.

Ti sei esposto anche contro la violenza sulle donne…

Ho realizzato “Fridami scomposta” per il corto “In nome di ogni donna”, diretto da Gabriele e prodotto da Didi. La scultura, fatta di macchinine, rappresenta una rosa stretta in una mano, simbolo di una donna che, nonostante le violenze, può rifiorire. È dedicata all’artista Fridami, presente con le sue opere nel corto e da sempre attiva contro la violenza di genere.

L’opera adesso si trova presso la Camera dei deputati.

Sì, l’ho donata all’onorevole Martina Semenzato, presidente della Commissione sul femminicidio. Con piacere ho scoperto la sua passione per macchine e motori

Raccontaci l’emozione dell’incontro con Andrea Bocelli.

Per i suoi trent’anni di carriera ho creato “Con te partirò ma c’è traffico in croma”, una nota musicale fatta di macchinine su un pentagramma-autostrada. Mi ha commosso vedere Andrea, abituato a “leggere” in braille, toccare la mia opera materica e scoprire la forma della croma per come la conosciamo noi.

La tua città identitaria?

Sono nato a Bari, mi sono formato tra Ca’ Foscari e l’Accademia delle Belle Arti di Venezia, ho studiato e lavorato tre anni a Tokyo e uno a Pasadena, Los Angeles. Ma la mia casa è Milano. È una città che dialoga con il mondo e accoglie gli artisti contemporanei come poche altre.

Hai un legame anche con Napoli…

Sì, al Palazzo Reale, nelle Sale della Soprintendenza, sono stato il primo artista contemporaneo con una personale. La mia “Crocifissione 2.0”, oggi Patrimonio dello Stato, unisce un frammento della “Crocifissione” di Masaccio realizzato nella mia estetica (la Maddalena di spalle ndr) e un gigantesco QR-code funzionante, fatto di macchinine nere. Napoli mi ha anche regalato il Premio Eccellenze Cultural Classic, consegnato dalle mani di Fabio Novembre, senza dubbio orgoglio nel mondo del nostro design.

A proposito di Napoli, hai rappresentato anche Sophia Loren…

Per i suoi novant’anni, ho svelato il quadro “Occhi come nessuno” durante la mia personale a Palazzo Reale. Raffigura una scena iconica de “La ciociara”, il momento in cui Cesira scaglia la pietra contro i soldati dopo la violenza subita. Sophia Loren è un simbolo dell’Italia, il nostro Paese le deve molto. Sarà un privilegio, a gennaio, consegnarle privatamente l’opera.

[foto: profilo Instagram @rivagldf]

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