San Tommaso d’Aquino, un ciociaro doc

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San Tommaso d’Aquino nacque da una famiglia nobiliare in terra di Ciociaria a Roccasecca, nella Contea di Aquino nel 1225 (o 1226 secondo alcuni storici). All’età di cinque anni fu mandato presso l’Abbazia di Montecassino, poiché essendo il più piccolo della famiglia era destinato alla vita ecclesiale. All’età di quattordici anni, quando poté decidere autonomamente, volle iscriversi all’università di Napoli a studiare Filosofia. Era già innamorato di Gesù, così che presto, attraverso lo studio condotto con serietà nell’illibatezza della sua vita verginale, gli nacque la vocazione domenicana.

Lui era nobile, mentre l’Ordine di san Domenico, come quello di san Francesco, era un Ordine “mendicante”, senza alcuna nobiltà. Così i parenti pensarono di impedirgli di seguire la sua strada, così i fratelli lo catturarono e lo rinchiusero per due anni nel Castello di Monte San Giovanni Campano, ma fu del tutto inutile. Poco più che ventenne, Tommaso fu ordinato sacerdote e sperimentò il Paradiso, quando ebbe Gesù-Ostia tra le mani, lui che era e sarà sempre più un’anima grandissima proprio perché eucaristica. Sarà lui a scrivere la Messa e l’Ufficio divino del Corpus Domini, quando papa Urbano IV, nel 1264, con la bolla Transiturus estese la festa a tutta la Chiesa.

Dopo molti incarichi ed un lungo peregrinare in Europa per insegnare, nel 1265 fu nominato dal neo pontefice Clemente IV teologo pontificio. Fu affidato a Tommaso anche il titolo di arcivescovo di Napoli, ma Tommaso rimase sempre fedele alla regola domenicana, fatta di povertà. Alla fine di gennaio del 1274 Tommaso arrivò al castello di Maenza, dove abitava sua sorella e sua nipote Francesca. È qui che si ammalò. Morì mercoledì 7 marzo 1274, alle prime ore del mattino dopo aver ricevuto l’Eucaristia.

Le spoglie di Tommaso d’Aquino sono conservate nella chiesa domenicana detta Les Jacobins a Tolosa. La reliquia della mano destra, invece, si trova a Salerno, nella chiesa di San Domenico; il suo cranio si trova invece nella concattedrale di Priverno, mentre la costola del cuore nella Basilica concattedrale di Aquino. La vita di San Tommaso d’Aquino fu di meditazione, di studio e di preghiera, tutta concentrata su Gesù.

Quando saliva in cattedra, portava con sé una mela, la mostrava agli studenti e chiedeva: «Che cos’è questa?». Qualcuno sorrideva, ma si rispondeva: «Una mela!». «Va bene – ribatteva Maestro Tommaso – ma chi non fosse d’accordo, esca dall’aula». Non era una battuta per ridere, ma il concentrato della sua filosofia: si parte da ciò che è, dall’ente che esiste e che può essere conosciuto dalla mente umana.

Così Tommaso definisce la Verità: «Adaequatio intellectus et rei», «corrispondenza dell’intelletto alla realtà». Insomma, una filosofia dell’essere, la filosofia del buon senso. Maestro Tommaso confutava ogni eresia alla luce della ragione, illuminata dalla fede. Così molto presto, Alberto Magno, già suo maestro, lo chiamò «splendore e fiore del mondo». Intelligentissimo, intuitivo come mosso da una luce superiore, il suo pensiero non era fatto di lampeggiamenti fuggevoli, e di geniali impennamenti, ma come uno specchio limpidissimo, ravvolgeva la luce della Verità (studiava e contemplava) e la trasmetteva agli altri (insegnava, predicava) in una sintesi perfetta di contemplazione e predicazione. Tommaso è il santo di questa intelligenza: la sua dottrina si regge sul primato dell’intelletto, che è la condizione stessa dell’amore.

Solo un essere intelligente è capace di amore. «Quello che vi è di più perfetto nell’uomo è l’operazione dell’intelligenza – dice Tommaso nel primo trattato della sua Summa Theologiae (il suo capolavoro, ma tutto è capolavoro in Tommaso) – per cui la beatitudine di un essere dotato di intelligenza consiste nell’intelligenza stessa, nel conoscere».

Tommaso d’Aquino rielabora in un’ottica cristiana la filosofia aristotelica. Il suo sistema filosofico si basa sul presupposto che ragione e fede siano conciliabili. La ragione non è sufficiente per raggiungere Dio, ma ha bisogno della fede per elevarsi fino a Lui.

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