La quarta serata del Festival di Sanremo è quella delle cover ed è quella che ci anticipa chi si giocherà oggi la vittoria finale. A trionfare è il medley napoletano di Geolier (con Luché, Gué Pequeno e Gigi D’Alessio) soprattutto grazie al televoto, ma che viene sonoramente fischiato dall’Ariston. Il pubblico voleva un’altra vincitrice: Angelina Mango. Con ogni probabilità stasera la sala stampa darà una mano alla ragazza, che può contare anche su un grande supporto di fan. La sua emozione nel cantare La rondine di papà Pino, insieme a un quartetto d’archi, è talmente profonda da riuscire a mischiare tenerezza e talento in un colpo solo. Mentre Angelina canta il verso “Sei nel cielo sbagliato” si stringe le braccia intorno al petto: il calore dell’amore paterno su quel palcoscenico è palpabile persino guardando la tv. Angelina si era classificata prima nella classifica di giovedì di radio e televoto (quella sera Geolier non cantava) ed era nella top 5 della graduatoria di martedì determinata dalla stampa (che invece non considerava il rapper napoletano). Anche ieri pomeriggio, durante le prove, per Angelina era arrivata una significativa standing ovation. Dunque, a meno di ulteriori sorprese, i primi due posti se li giocheranno loro. Annalisa, ieri terza con La Rappresentante di Lista in Sweet Dreams, è forse il talento più finito e che, per la carriera che sta facendo, si meriterebbe maggiormente il trionfo, ma probabilmente si dovrà accontentare un’altra volta del podio. Resta da capire per quale ragione una cover debba avere un peso sulla classifica finale di una gara tra canzoni inedite: un giorno Amadeus dovrà spiegarlo.
Angelina non è comunque l’unica nota positiva di quella che, fino a questo momento, è stata la serata migliore del Festival, già talmente ricca di ospiti nei duetti da non permettere eccessive perdite di tempo. Anche perché quando a co-condurre c’è una professionista come Lorella Cuccarini (di come balli e canti divinamente si è già detto tanto negli anni, ma giova ripeterlo nel 2024 senza darlo per scontato) si può stare certi che lo show scorra velocemente. Senza quelle percezioni di dover riempire gli spazi vuoti con tanta inconsistenza, almeno fino al momento finale.
Tra le cover applauditissimi anche Ricchi e Poveri con Paola e Chiara (forse più per il coinvolgimento di Sarà perché ti amo e Mamma maria che non per le performance): come loro Umberto Tozzi che accompagna i bravissimi Kolors in un medley di suoi successi. Ottimo anche Diodato (con Jack Savoretti) nell’omaggio a De Andrè; bene il giovane duo romano Gazzelle-Fulminacci in Notte prima degli esami e l’emozione al femminile firmata Spagna-Clara per cantare la dolcissima Il cerchio della vita. Ottimi i Santi Francesi che toccano corde emotive altissime con la vibrante Halleluja insieme a Skin. Da brividi anche Il Volo, ieri magistrali in Who wants to live forever con Stef Burns, eppure continuano a essere snobbati dalle classifiche. Bravi (ma tristi) Cocciante e Irama. Bello rivedere la Nannini e Vecchioni, che però al fianco dei giovanissimi Rose Villain e Alfa mostrano troppa differenza di grinta e approccio al pubblico: così i ragazzi spariscono e viene da domandarsi perché non lasciare fare tutto a loro. Rettore salva i La Sad facendo risultare quasi apprezzabile il loro punk: il merito però è solo della bionda platino.
Anche Fiorella Mannoia, accompagnata da Francesco Gabbani, è surclassata dal collega, più concentrato di lei, che sembra quasi accontentarsi dell’idea di ricantare Che sia benedetta e Occidentali’s karma col “nemico amatissimo”. Ciascuno va per la sua strada e Fiorella si sovrappone col collega. Purtroppo la serata dei duetti, che arrivano dopo poche prove, talvolta giocano anche questi scherzi.
Stucchevole Sangiovanni, incapace di cantare senza far venire il mal di mare coi suoi movimenti. Male anche Dargen D’Amico, che maltratta le musiche di Morricone con una performance incapace di rendere omaggio al Maestro. Imbarazzante Ghali, con un medley intitolato Italiano vero in cui canta la sua Ciao Italia e stupra il successo mondiale di Cutugno. Il televoto, però, con questi fenomeni della trap è pericolosissimo, perché il potere delle major è forte e il loro riscontro nei più giovani anche: ecco che quindi anche Ghali si inserisce nella top 5 finale.
Perde punti anche Loredana Berté, che ripropone una versione di Ragazzo mio di Luigi Tenco, che già la vide protagonista negli anni ’70: la grinta è la stessa, la voce purtroppo no. Meglio conservare l’immagine di un tempo. Stessa cosa vale per i Jalisse, che alle 2 di notte tornano sul palcoscenico dell’Ariston, lasciandosi trattare come delle macchiette pur di coronare il sogno ossessivo che durava da 27 anni: Fiumi di parole rimane un bel brano, ma la figura che fanno, ribadendo di averci riprovato tutti gli anni senza riuscirci, era francamente evitabile. Ecco a cosa ci riferiamo quando si parla di inconsistenza per riempire gli spazi in attesa delle classifiche. Molto meglio Arisa, pure lei esclusa dal cast scelto da Amadeus, ma molto meno insistente del duo e soprattutto concentrata solo sulla canzone senza siparietti: incanta con La notte e prenota così un posto tra i Big per l’anno prossimo.
E se le cover certificano alcune delusioni del Festival (Renga e Nek, Negramaro, Emma Amoroso, tutti piuttosto vicini al banale anonimato in questo Festival), c’è anche chi fa di una certa inconsistenza la sua cifra principale. Parliamo di Mahmoood, che con la canzone in gara esalta i rave party con nonchalance e nella serata cover fa diventare noioso persino Lucio Dalla: più che il mare, viene da dire Com’è profondo il sonno.
I Bnkr44 sono forse l’immagine più inconsistente di questo Festival di Sanremo. Male nella cover con Pino D’Angiò (Ma quale idea), non vanno meglio col brano inedito in questa edizione. La loro canzone in gara si intitola Governo Punk e dovrebbe riassumere l’immagine dell’Italia che vorrebbero. Davanti ai giornalisti, infatti, ammettono: “Perché dovrebbero gli elettori dovrebbero scegliere un Governo Punk? Perché siamo noi”. E mentre ci giriamo a cercare dove sia finita l’umiltà, andiamo a leggere il loro testo.
Dopo la solita presunta mancata attenzione delle istituzioni verso i più giovani e i quartieri di provincia (Questa città sembra una competizione. Restiamo qua fermi a guardare), Governo Punk sottolinea quanto sia importante avere un’identità per uscire dai propri incubi e vizi. Il problema è che la canzone racconta soprattutto questi e non sono affatto un bell’esempio.
Si dice infatti che si vorrebbe parlare in una notte in prigione, quindi aspirerebbero a spaccare un locale. Senza ritegno ripetono “Fammi vergognare, l’anno che verrà me ne vado un anno al mare”. Con tanti saluti alla voglia di lavorare”. Insomma, questo Governo Punk sarebbe quello che i Bnkr44 vorrebbero regalare all’Italia. Per fortuna le elezioni sono lontane. Anche perché in quanto a coerenza, i ragazzi proprio non ci sono.
Durante la conferenza stampa, nasce allora un botta e risposta con cui vogliamo indagare meglio nel senso della loro canzone. Almeno per capire il valore culturale che vogliono esprimere.
Gli poniamo direttamente la domanda: In una parte del testo dite Dammi un po’ di te, non avete paura di essere bollati come sessisti al giorno d’oggi con una frase così?. Imbarazzo, si guardano in faccia chiedendosi chi dei sei dovrà rispondere: loro sanno bene che testo portano a Sanremo, ma davanti alle domande devono cercare di confondere le acque. Quindi affermano: “Non si parla di una donna, né comunque è riferito a una persona. Non c’è nemmeno un senso sentimentale”.
Intanto non la spiegano, e poi comunque in realtà i ragazzi nel verso precedente della canzone affermano “Parliamo con gli occhi spalancati e le labbra di silicone”, quasi a esaltare una certa immagine che, con tutto il rispetto per i tempi che cambiano, non sembrerebbe proprio quella maschile.
Li incalziamo: Ma cosa volete raccontare? Cosa potete insegnare ai più giovani? Non si esagera un po’ con la trasgressione? “Abbiamo giocato sull’esagerazione”. Però in quell’esagerazione parlate di lavarvi i denti col gin e pettinarvi con una pistola, forse è un po’ forte considerando che vi ascoltano i più giovani. Ripetono sempre più in imbarazzo: “Sono iperboli con cui raccontiamo il mondo”.
Su trenta canzoni si fa fatica a emergere, avete l’occasione per dirlo ora, cosa volete raccontare con questa canzone?
La risposta lascia quasi interdetti: “Vogliamo raccontare la storia di un ragazzo di provincia che rifiuta la vita e, chiuso nella sua monotonia, immagina cose esagerate”.
L’arte è arte e non si discute, però qui c’è la netta sensazione che si esageri anche a raccontare un mondo ideale, che ideale non può essere. E pericolosamente deviante per i più giovani, perché se non li abbiamo capiti nemmeno con la parafrasi del loro brano, i Bnkr44 come potranno essere interpretati senza spiegazione?
Come il testo di Governo Punk sia riuscito ad arrivare sul palcoscenico dell’Ariston rimane un mistero che solo Amadeus può conoscere. Questi sono i rischi che corriamo a invitare al Festival certi fenomeni. Speriamo che stasera non ci si debba pentire pure della presenza di Geolier. Ricordiamoci che chi vince ha una duplice responsabilità: finire in un albo d’oro che comprende la storia della nostra musica, cominciata con Nilla Pizzi, e rappresentarci all’Eurovision Song Contest. Cerchiamo di ricordarci della nostra identità musicale: anche quella è cultura.