Tabaccaio di Frosinone: la difesa è sempre legittima

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Il tragico fatto avvenuto nel frusinate, con attore un tabaccaio, descrive, ancora una volta, quella dicotomia tra chi si trovi, suo malgrado, a reagire per difendere un diritto proprio (od altrui) contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, contro chi, in questo caso consapevolmente, compia un atto delittuoso. Purtroppo, come talvolta accade, una persona – tra la vittima e l’aggressore – resta ferita o muore (il commerciante ripercorre l’accaduto, asserendo: “Mentre scappava mi ha puntato la pistola addosso. Allora ho sparato io). Le due posizioni in antinomia differiscono dall’ulteriore circostanza per cui la vittima (del furto/rapina) non si aspetta certo un’intrusione da parte di malintenzionati; mentre l’aggressore – o gli aggressori come in questo caso -, volutamente (melius: coscientemente) hanno preordinato l’azione illegale. Infatti, secondo quanto divulgato dagli organi di stampa, quantomeno uno dei delinquenti era munito di un’arma, seppur (forse) giocattolo: ma questa circostanza, non poteva certamente saperlo la vittima.
Così come è inequivocabile che, sempre la vittima, si trovasse in uno stato di grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo in atto, mentre gli aggressori, con lucidità, si erano preparati per commettere il delitto. Questa l’antitesi tra le due figure.
Ora ci si domanda se, alla luce di quanto evidenziato, si possa addurre colpe o responsabilità a colui che, legittimamente, in astratto si difenda da un’aggressione ingiusta: dal momento in cui ci si è trovati nella tangibile impossibilità, stante la concitazione del momento, di avvertire le forze dell’ordine. È corretto, anche in questo caso, attendere l’esito delle indagini (soprattutto medico/legali e balistiche) per acclarare se il contesto richiamato possa rientrare pienamente nell’alveo della legittima difesa e/o dell’eccesso (attuale contestazione mossa alla vittima), ma nulla vieta di cambiare per un attimo, solo per un attimo, la prospettiva delle cose. Ci si domanda, infatti: e se, tragicamente, fosse deceduta la vittima, tosto che l’aggressore? Questa ‘diversa’ ottica non giustifica certamente -e in assoluto- l’evento morte (accadimento sempre drammatico) ma, forse, può far comprendere, anche a chi è strenue oppositore dell’istituto della legittima difesa, perché sia giusto che ci si possa, in determinati casi stabiliti dalla legge, difendere (anche con un’arma legittimamente detenuta, nelle situazioni di legittima difesa cosiddetta domiciliare) da colui o coloro che volutamente vogliano fare del male a noi o ai nostri cari, per rubare o rapinarci. Vim vi repellere licet, recitava un noto brocardo latino.

Paola Radaelli Presidente UNAVI Unione Nazionale Vittime
Alessandro Continiello Vice Presidente UNAVI Unione Nazionale Vittime


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