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Questo articolo di Fabrizio Bertot (autore con Antonio Parisi di Ucraina. La guerra geopolitica tra Stati Uniti e Russia, Historica Edizioni, 2019, 277 pagine) è stato pubblicato sul numero di marzo 2019 di CulturaIdentità: allora non c’era ancora Zelens’kyj, che sarebbe stato eletto Presidente due mesi dopo, ma l’intervento di Bertot è di straordinaria attualità , basta sostituire Bruxelles con NATO.
Letteralmente “Ucraina” significa “sul confine”; un confine raffigurabile con quella linea tra Europa occidentale ed ex sovietica che separa idealmente due nazionalismi in guerra tra loro.
Gli ucraini sono divisi tra quanti ritroverebbero nelle comuni radici europee l’identità di una nazione separata dal contesto europeo dalla scomoda influenza di Mosca e coloro che invece cercherebbero nella tradizione russa quella unità identitaria “minata” dai burocrati di Bruxelles la cui ingerenza allontanerebbe Kiev dalla santa madre Russia. Entrambe le posizioni si basano sull’atavico rapporto d’amore o odio per Mosca che alimenta le esistenze stesse dei due opposti nazionalismi. L’attrazione verso Bruxelles non è altro infatti che la rappresentazione “positiva” di un odio feroce verso Mosca e il suo ritrovato orgoglio nazionale alimentato dalla politica di Putin.
Due identità nazionali contrapposte che hanno sbaragliato il quadro della politica tradizionale europea. Non è infatti un mistero che, per esempio in Italia, si guardi con imbarazzo agli avvenimenti ucraini, anche se poco trattati dai media nazionali. Se una certa destra italiana guarda al nazionalismo filo europeista di Kiev non mancano coloro che dalla stessa sponda politica apprezzano le posizioni filorusse.
Stessa situazione a sinistra dove i nostalgici della vecchia Unione Sovietica tifano per un ricollocamento ad est di Kiev, mentre i radical chic legati ad un certo establishment internazionale auspicano un posizionamento prossimo a Bruxelles.
Lo schema della tragedia ucraina è il medesimo che sta sconvolgendo la politica internazionale: il conflitto tra l’arroganza dei poteri forti e la voglia di riscatto del sovranismo popolare ha sostituito la vecchia contrapposizione tra patto di Varsavia e Alleanza atlantica.
Una ricomposizione ad est della vecchia area d’influenza russa che, rottamato il comunismo, si rifà ai valori della cultura e della tradizione cristiana, non dispiace affatto a chi in Italia si oppone al globalismo promosso dalla finanza internazionale.
Parallelamente una sinistra mondialista, quella che abbraccia indistintamente i “pipponi” di Saviano e i piagnistei della Bonino, non può che tifare per quell’euroburocrazia di Bruxelles che farebbe carne da macello dell’istituto della famiglia, del rispetto della vita e di ogni forma di velata distinzione tra maschio e femmina.
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In Ucraina al di là degli scontati interessi economici, politici o militari assistiamo quindi alla raffigurazione plastica del reale conflitto che sta culturalmente dilaniando l’Occidente.