“Zero Calcare o Clint? Due Italie diverse”

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Se c’è uno che non ha senso difendere è Daniele Capezzone perché provvede egregiamente da solo: è un cortesissimo tignoso, con sorriso affilato ti fa a fette, in tivù non perde mai un duello e di compagni con la spocchia ne ha mandati all’hotel Spoon River più lui che Edgar Lee Masters. Quindi figuriamoci se perdiamo tempo a correre in soccorso del punitore.

No, se mai la spigolatura che lo riguarda la annotiamo in quanto sintomatica, anzi emblematica, di un certo andazzo de sinistra, che regolarmente parte per suonare e torna suonata. Succede che Capezzone lanci un tweet ironico all’indirizzo di Zero Calcare, er fumettista antisistema, detto ZeroCarcare, in cui dice che al vittimismo lamentoso di quelli come lui, preferisce la determinazione responsabile di Clint Eastwood: come ampiamente trattato nell’ultimo libro “Per una nuova destra”. Apriti centro (sociale): Er Carca, che evidentemente ha più dimestichezza coi disegni che con il testo, non intercetta manco pe’ gnente la citazione mascherata di Hughes (pure te, però, a Daniè: con chi te credi de sta’ a parlà?) e pija d’acido al punto da rispondere che Capezzone “lo fa volare”, lo esalta, lo fa ridere, in slang borgataro, perché si crede Clint. A quel punto Capezzone risolve tutto con 4 parole 4: “Erore: te bastava legge mejo”. Anvedi che facciata!
Fin qui il presupposto, minima immoralia che però vale la pena di una considerazione volante. Quelli come Er Carca non cambiano mai: non possono, non sarebbero compagni. Si ritengono depositari di una cultura che usa molto, per mascherarne la modestia, definire “pop” ma è solo frullato di banalità, luoghi comuni e analisi sballate.

La sinistra, in particolare quella post bellica, si è allevata dapprima con la trista letteratura Feltrinelli e Einaudi, indi con le strampalate bubbole pseudofilosofiche e guerrigliere, Ho Chi Min, Che Guevara, il libretto rosso di Mao, l’epopea di Sendero Luminoso, il generale Giap, la psicanalisi equivocata di Freud (che in verità va ascritto al kulturpessimismus di destra), per non dire della produzione propria, i succedanei del dibattito tedesco sulla post socialdemocrazia trafugati da Toni Negri, tanto non li conosceva nessuno, “Il pane e le rose”, i deliri del prof. Oliva, il situazionismo anarchico, “bombe, compagni, bombe!”, il dibattito femminista sull’orgasmo clitorideo o vaginale, fino alla contorta, enigmatica ma psicotica, letteratura terroristica; infine, col riflusso le fonti si sono ulteriormente “poppizzate” e oggi contemplano i fumetti antagonisti, la lamentosa canzone engagée (la chiamano “indie”, è una rottura di palle feroce), er grande scinema italiano, che poi è solo romano e sa sempre un po’ di frigorifero, il teatro di Stato.

In questa temperie, uno come er Carca ce va a nozze. Difatti, boom, è scoppiato, è diventato famoso, ricco, s’è montato la crapa pelata e questo gli crea qualche patema: è stressato, nun dorme più, la fama lo destabilizza, i sordi nun ne parlamo, però, assicura, resta quello che era: il successo non l’ha cambiato, come si diceva un tempo dei cantanti di Canzonissima. Insomma tranquilli: Er Carca c’è e lotta insieme a noi, solo da posizione più entrista, come tutti quelli che vaneggiavano negli anni “formidabilI” e poi si sono accasati nelle stanze del potere editoriale e politico.

Da “Kobbane” a Segrate (Mondadori, Berlusconi, orrore) il passo sarà breve, vedrete. Ma è storia vecchia, sono 30 anni circa che la democrazia degli anticipi regna dalle parti dei volonterosi carnefici di Silvio: dai Wu Ming a Sabina Guzzanti, da Luca Casarini a, addirittura, Cesare Basttisti, tutti ma proprio tutti i compagni della parrocchia sottoculturale a pubblicare con la galassia del “tiranno, fascista, caimano, mafioso” e chi più ne aveva di veleno più ne spruzzava.

E chi si permetteva di farci caso, ovviamente, veniva infamato come provocatore e rosicone. Certo, certo. Intanto pure Er Carca è finito comunista col Rolex, capitalista da centro sociale. E oggi è stressato, come la Greta Paccaglia che, per difendere la causa femminista, trottola da un microfono a una diretta e quindi non dorme più: “Lasciatemi in pace”, grida da tutte le dirette controllando l’inquadratura. Ci fu un’altra, anche se oggi non la ricorda più nessuno, che si distinse in questo gioco delle tre carte di credito: era una magnifica fanciulla, si chiamava Bianca Balti e faceva la squatter finché non fu notata e trasformata in top model. Al che la fascinosa, in volo su un executive, dichiarò, anzi proclamò: “Da quando ho scoperto il lusso non posso più farne a meno, però resto ribelle dentro”.

Mirabile sintesi del comunismo, altro che i tomi interminabili del vecchio Marx. Sono tutti costipati, imbarazzati, hanno la rivoluzione dentro che gli si agita come un gatto, ci vorrebbe un buon evacuante: ‘a Carca, hai provato cor Para-gur?

2 Commenti

  1. Capezzone non perde mai un duello perché li blocca tutti su Twitter (un po’ come l’estensore di questo articolo). Al solito, quando volete attaccare qualcuno che ha successo tirate fuori il discorso dei soldi, come se il lavoro non dovesse essere pagato. In ogni caso, trovo più coerente Zerocalcare di chi è passato dallo scrivere su Mucchio Selvaggio a Cultura Identità.

  2. Molto divertente. Quanto a Zero Calcare, io non escluderei la possibilità che in età matura maturi. Giovanni Lindo Ferretti docet.

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