L’annuncio sul profilo Facebook di Fabio Pinci: “Ragazzi, dopo la bellezza di 33 lunghi e fantastici anni, i Prophilax sospendono le attività a tempo indeterminato”. Senza polemiche, rassicurando i fan che non ci sono attriti fra i membri e nessuna Yoko Ono a fare da mestatrice. Semplicemente, “difficoltà” e “mancanza di stimoli”. Si chiude così la storia ultratrentennale della band porno-rock più famosa d’Italia.
Nati a Roma nel 1990 come gruppo rock liceale (i due fondatori, Fabio Ceppaflex Pinci e Ludovico Shbor Piccinini frequentavano entrambi il “Mamiani”), partono con pezzi originali e parodie di brani altrui (soprattutto con la side-band dei Pizza e Fichi) il cui linguaggio esplicito era declinato con una buona dose di cultura (e già qui scatterebbe la battuta…), basti pensare che il loro personaggio totemico – il Mentulatore – deve il nome al termine latino mentula, ovvero pene. Il successo dei Prophilax fu inizialmente tutto underground: concerti nei centri sociali e cassette copiate artigianalmente, fatte circolare fra gli adolescenti della Capitale.
Negli anni Novanta nascono i loro successi classici e i titoli delle cassette sono già un programma: “Voci dall’oltrechiavica” (1991), “Viaggio nella dimensione anale” (1992), “Il signore delle fogne” (1993), “Nerkiology” (1994). Come raccontò Fabio Pinci in un’intervista a “Tempi Dispari” su RaiNews24 nel 2009, “eravamo liceali e parlavamo essenzialmente di sesso”. E infatti le tematiche della band erano concentrate su una grottesca volgarità esagerata e sui costanti riferimenti alla pornografia. Del resto quello era un periodo di fioritura delle band demenziali in Italia, e poco dopo i Prophilax si formarono gruppi come i Santarita Sakkascia, i Gem Boy e i Latte e i suoi derivati, ma era il gruppo di Pinci e Piccinini quello che più di tutti proseguiva la strada tracciata dalle esperienze punk degli Skiantos e degli Squallor. La band romana distillò il gusto per la musica metal (del resto, il Mentulatore è la versione porno del barbaro culturista sulle copertine sword-and-sorcery dei Manowar disegnate da Ken Kelly), le suggestioni dei cartoni animati giapponesi con cui è cresciuta la generazione di Pinci&Piccinini, la volgarità tipica dei romani – dalle stornellate alla figura del “greve” fino ai film di Lenzi, Corbucci e del Bagaglino – e la goliardia sessocentrica degli adolescenti maschi. In quegli stessi anni iniziarono a circolare – sempre piratate – anche le videocassette con i doppiaggi porno di alcune sequenze di “Beverly Hills” (diventato “Beverly Holes”) e di “Beautiful” (che si trasformava in “Biuticul”).
Le espressioni immaginifiche dei Prophilax entrarono ben presto nel gergo giovanile romano, per poi diffondersi in tutto il paese con l’avvento di internet, tanto da essere oggetto di studi linguistici. Nei primi anni Duemila con l’album “Il quinto escremento” e il doppiaggio-fiume di “Titanic” (“Puttanic”) la band raggiunge il suo zenit, anche per l’eccellente qualità tecnica raggiunta dai componenti e degli arrangiamenti, coronata con l’album per il ventennale, appunto “20 anni di analità”, del 2010. Poi però inizia un periodo di stanca. Non è solo l’eterna adolescenza dei loro membri (anche qua, battutona) che comincia a fare i conti con l’età (del resto lo stesso Pinci ha dichiarato che in “Il quinto escremento” c’è stata una svolta “adulta”, con critiche sociali alle case discografiche, al governo e alla Chiesa), ma c’è un cambio di clima, che dopo essere esploso oltreoceano si preparava a sbarcare in Italia.
Infatti il mondo stava cambiando rapidamente mentre i Prophilax se la prendevano un po’ stancamente con una realtà ipocrita ma moribonda: la scena del video “Mandami in radio col beep” con Sabrina Guzzanti è eloquente. La Guzzanti recita la parte di una laida produttrice radiofonica che mentre respinge la proposta di mandare in onda le canzoni dei Prophilax perché “troppo schifose” parla al telefono di “squillo minorenni” con la foto di Benedetto XVI appesa al muro. Una scivolata verso il banale, quasi dylandoghiano attacco al “piccolo borghese”, mentre il vero nemico si infiltrava nella cultura italiana: il politicamente corretto.
L’avvento negli USA di Obama e la svolta ultra-liberal seguita anche in Italia prosciuga la marana greve e popolaresca in cui il gruppo romano ha sempre sguazzato. Le battute sui gay non si possono più fare (hai voglia a dire che la band non è mai stata omofoba…), non si può più usare la “parola con la G” per indicare persone d’origine africana e notoriamente superdotate, la sessualità femminile promiscua non va discussa, sennò è oppressione patriarcale…
A partire dalla metà degli anni Dieci si comincia a parlare di “linguaggio inclusivo” e “discorsi d’odio”. Le testate giornalistiche o le amministrazioni pubbliche più progressiste iniziano ad accogliere gli appelli della allora presidente della Camera Laura Boldrini sulle modifiche lessicali come l’abolizione del “la” davanti ai cognomi di donna (perché “discriminatorio”) e l’introduzione di orridi neologismi come “sindaca” o “architetta” (no, non è una battuta). La melassa del politicamente corretto che arriva è ben più densa di quella degli anni in bianco-e-nero in cui “cazzotto” in RAI non si poteva dire perché iniziava con quelle due sillabe o quando Vianello e Tognazzi vennero “messi in panchina” dalla TV di Stato per un siparietto sul presidente Gronchi. Il politicamente corretto che arriva dall’America è la versione gramsciana del Maccartismo: culturalmente egemonica, scientificamente pianificata e determinata a trionfare schiacciando chi la contrasta con la cancel culture.
In questo clima deprimente l’ultimo album dei Prophilax, “Pornado”, annunciato fin dal 2010, non vedrà mai la luce. Gli appuntamenti fissi della band come l’Antinatale si riducono a stanche ripetizioni dei soliti cliché anticlericali (unico ambito in cui si può ancora fare satira acre, ma oramai è come sparare sulla croce rossa). Berlusconi finisce all’opposizione, Ratzinger è costretto ad abdicare, inizia l’epoca dell’austerità anche nella vita comune, coi TG tutti allineati e coperti a cantar peana dei presidenti della Repubblica e dei loro capi del governo. Una cappa plumbea cala sul nostro paese assieme ai tweed di Mario Monti e alle espressioni scandalizzate della Boldrini. Lo stesso popolo italiano non è più quello di una volta. Il popolaresco ha lasciato il posto alla tamarraggine, le classi dirigenti sono cafonal, la nuova parola d’ordine è “indignazione” per qualunque cosa e i social ti bloccano se condividi la scena della stornellata in “Fracchia la belva umana”.
E dopo un decennio buono di questo grigiume, arriva la necessità di constatare la morte clinica di un fenomeno, di un’epoca. Certo, pesano gli anni e pesa il “tengo famiglia”. Del resto, quando lavori non puoi correre il rischio di perdere il posto per una canzonetta da osteria arrangiata heavy metal. Soprattutto quando i quattro quinti del tuo pubblico anziché ridere con te, si dichiarerebbero “indignati” dal testo “inappropriato”.
Il segno dei tempi è nel “coccodrillo” che il quotidiano online “RomaToday” ha fatto per i Prophilax: in un passo, viene citata una delle ultime canzoni, “Ti ano”, come un pezzo in cui “un uomo che vive con una donna scopre d’essere omosessuale“… Premesso che i Prophilax hanno fatto ironia sui coming out già da lunga pezza, il brano in questione parla invece semplicemente di una coppia in cui lui chiede insistentemente a lei una… variazione sul tema della penetrazione. Un involontario arruolamento nella schiera dei “politicamente corretti” che è davvero la pietra tombale sulla stagione del porno-rock demenziale in Italia.
Ce li meritiamo, i Maneskin.
“Ce li meritiamo, i Maneskin.” E tutti i Maneskin altrimenti paludati.
A cominciare da Landini che finalmente ha potuto celebrare il suo sciopero nazionale! E proseguendo con la magistratura che chiaro e forte ha detto che non applicherà il patto con l’Albania. Tuttavia, quel “Non lo applicheremo” è un ammutinamento ideologico di cui il Presidente della Repubblica Mattarella e presidente del Csm non può non mettere sotto la lente d’ingrandimento e prendere, in ottemperanza agli obblighi del suo ufficio, i relativi provvedimenti disciplinari. Altrimenti, ogni dipendente dello stato può, a ragione, rifiutarsi di svolgere il compito per il quale è pagato. Senza contare che i contribuenti possono cominciare a rifiutarsi di pagare molte delle gabelle di cui è pieno il paniere, anche perché, per pagare le quali, con molta più frequenza devono rinunciare non solo alle spese voluttuarie ma anche a quelle vitali.
In questo quadro dove la Costituzione più bella del mondo è fatta a pezzi ad libitum da un potere dello stato che s’accartoccia dietro a un interesse di parte, che differenza c’è tra un killer seriale e una toga che dall’alto del suo cucuzzolo ideologico fa il demiurgo della situazione?
“vittime del politicamente corretto”
pare di no: https://www.instagram.com/p/Czyn6CuNZrL/