All’inizio della Seconda guerra mondiale, il piroscafo inglese Arandora Star venne silurato da un U-Boot tedesco. A bordo, oltre 1.500 prigionieri italiani e tedeschi, per la quasi totalità civili maschi tra i 16 e i 75 anni. Il 2 luglio 1940 il sommergibile tedesco u-47, comandato dal celebre Günther Prien lo scambiò per un mercantile armato colandolo a picco. 865 uomini, fra prigionieri e uomini dell’equipaggio, morirono annegati.
Questa tragedia, per lungo tempo dimenticata, soprattutto a causa delle responsabilità britanniche, è ora al centro di una proposta per ricordare ufficialmente con una giornata nazionale, la memoria dei 446 italiani periti nel naufragio del piroscafo. “Una tragedia che per troppo tempo siamo stati colpevoli di lasciare nell’oblio – dice Enzo Amich, FDI, promotore dell’iniziativa – Queste vittime sono morte due volte, durante l’affondamento e poi nel ricordo, ed è arrivato il momento di dar loro giustizia, anche perché parliamo di tante vicende che in quella tragedia resero onore all’Italia e agli italiani”.
Amich, firmatario della proposta di legge, l’ha illustrata oggi in una conferenza stampa a Montecitorio. “Il 10 giugno 1940, quando vi fu la dichiarazione di guerra di Mussolini, gli italiani in Inghilterra divennero immediatamente nemici – ricorda il parlamentare – così vennero espulsi, caricati su una nave, l’Arandora star, e indirizzati verso il Canada: un sommergibile tedesco, però, la scambiò per nave nemica e venne affondata: si tratta della più grande tragedia legata all’emigrazione italiana. Infinite, inoltre, le cicatrici portate dai superstiti, tantissime le donne che a casa aspettarono invano mariti, figli, genitori che non fecero più ritorno” conclude Amich.
Le responsabilità britanniche nel trattamento dei prigionieri sono all’origine dell’orribile sorte degli 865 annegati: la nave fu infatti sovraccaricata e non fu rispettato il rapporto massimo passeggeri per lancia di salvataggio. I prigionieri vennero ammassati nelle cabine, molti dormivano sul pavimento della sala da ballo. La nave inoltre era stata ridipinta di grigio, cosa che la fece scambiare per un mercantile armato. Inoltre e non esponeva segnali che potessero far identificare la sua funzione di trasporto disarmato di civili. In ogni caso, né all’equipaggio, né agli internati furono date istruzioni sulle procedure d’emergenza. Ai superstiti non fu garantito alcun diritto civile e alle famiglie delle vittime non venne dato alcun riconoscimento né risarcimento da parte inglese.