I cittadini bolognesi hanno già superato il limite, ma non quello della velocità bensì quello della tollerabilità alle nevrotiche misure ecopatologiche dell’amministrazione Lepore.
Dallo scorso 16 gennaio la città di Bologna ha adottato il limite di 30 chilometri orari per la maggioranza delle strade cittadine, con multe per i trasgressori da un minimo di 30 euro ad un massimo di 845 euro, suscitando le polemiche di cittadini e cittadine, automobilisti e autisti del trasporto pubblico che hanno espresso gran malcontento nei confronti di questa iniziativa della giunta sul piano della mobilità.
Sì, ok, la Città 30. Ma quindi, cosa succede nello specifico? Succede che la maggior parte delle strade della città che vedono il limite massimo di 50 km/h diventano, oggi, con il limite di velocità a 30 km/h. “I 30 km/h riguardano circa il 70% delle strade dell’intero centro abitato – come si legge nella nota del Comune diffusa a giugno – con un disegno organico facile da comprendere e rispettare. La percentuale arriva a sfiorare il 90% se si considera il solo perimetro della parte più densamente abitata della città (cioè la parte dentro l’asse tangenziale-autostrada più le zone residenziali esterne di Borgo Panigale-Reno, Navile e San Donato-San Vitale). Nelle aree collinari e di pianura esterne al centro abitato, la strategia generale prevede comunque progressivamente interventi di moderazione della velocità e di “messa in sicurezza”.
I 30 km/h come limite di velocità diventano quindi la normalità, interessando praticamente tutte le vie della città ad esclusione di poche arterie: tutti i viali di circonvallazione (escluso il tratto davanti alla stazione), L’asse Togliatti-Gandhi-Tolmino-Sabotino, via Stalingrado, L’asse Lenin-Po-Torino-Benedetto Marcello. Inoltre, nelle parti esterne alla città 30, tutte le strade rimangono a 50 km/h o comunque alle altre velocità già in vigore, come ad esempio la tangenziale e l’asse attrezzato.
Hanno esordito (e non potevano mancare all’interno di questa nuova realtà liberal, green, pulita e “sicura”) gli “infovelox”, pannelli luminosi mobili acquistati dall’Amministrazione che non fanno multe ma segnalano in tempo reale la velocità effettiva dei veicoli in transito. Le pattuglie li collocheranno in prossimità dei posti di controllo e fermeranno i conducenti che non rispettano il limite. Le pattuglie avranno a disposizione in alcuni casi anche i telelaser: con questi dispositivi, segnalati con un cartello 80 metri prima, saranno accertate e sanzionate le violazioni dei limiti massimi di velocità con una tolleranza del 20%. La multa infatti scatta dai 36 km/h nelle strade in cui il limite è dei 30.
Quello che possiamo dedurre da questa grigia ma green vicenda è l’insensatezza e l’ipocrisia che si nascondono dietro a tale provvedimento. Si tratta dell’ennesimo schiaffo alla libertà dei cittadini, che con la scusa di promesse di sicurezza e aria pulita, risulteranno d’ora in avanti ingabbiati in una prigione lenta, asfissiante e paradossalmente più trafficata di prima. Però avremo ben TRE DECIBEL in meno, per poter sentire… il canto degli uccellini (è vero. E se vi sentite presi per i fondelli fate bene):
Piuttosto che investire in campagne di sensibilizzazione alla guida sicura, il Comune di Bologna ha preferito avere come scenario quotidiano del futuro evidentemente migliaia di cittadini che d’ora in avanti impiegheranno il doppio, se non il triplo del tempo per arrivare al lavoro (sempre che alcune macchine riescano a tenerli i 30 dal momento che con le auto odierne ingrani la prima, accarezzi il pedale col piede e sei già a 40/50 km/h), rimarranno imbottigliati ore nel traffico ma con il pensiero che facendo così, stanno salvando dalla morte migliaia di potenziali vittime e l’ambiente da una pericolosa ondata di fumi nocivi, cosa per altro falsa perché se gli autisti impiegheranno molto più tempo per arrivare alla meta prescelta, questo vuol dire maggiori emissioni di gas inquinanti e di tutto quel particolato prodotto dalle frenate, che consumano freni, pneumatici e asfalto trasformandoli in polveri sottili e sottilissime. (Secondo la britannica Emission Analytics, il 60% del PM2,5 e il 73% del PM10 attribuito al traffico urbano è costituito dalle “emissioni non di scarico”, ovvero quelle causate dalle frenate anche delle ultraecologicissime auto elettriche. Inoltre un SUV euro 6 che può liberamente circolare nelle ZTL emette molto più particolato da frenata che non una vecchia Panda euro 1, per una banalissima questione di massa e dimensione degli pneumatici…).
La teoria dunque che la riduzione a 30kmh della velocità urbana migliorerà la qualità dell’aria è una balla clamorosa.
Se la tesi sulla sicurezza avanzata dal sindaco Lepore è che a 30 km/h una potenziale vittima di incidente ha meno possibilità di morire, questa mi sembra logica pura. È naturale che, se un camion investe un uomo a 180 km/h, egli ha più possibilità di morire rispetto all’essere investito da una bici a 5 km/h o da un’auto a 30 km/h. Tuttavia, ciò non vuol dire che la soluzione al problema sia imporre (come sempre) dei limiti con la minaccia bieca della multa. La differenza la fa sempre chi guida, a 30 km/h o a 140 km/h. Questo perché la vera e prima causa degli incidenti in strada non è tanto la velocità, quanto piuttosto le distrazioni e la disattenzione in cui il guidatore può incorrere (telefono, musica, emozioni forti).
In ogni caso, altri dati confermano che la guerra agli spostamenti stradali privati non migliora di una virgola la qualità del traffico urbano: Dublino, la capitale dell’Irlanda, è stata classificata come la città più congestionata d’Europa secondo lo studio TomTom Traffic Index per l’anno 2023. Questa classifica si basa su valutazioni accurate dei tempi medi di percorrenza in auto, dei costi del carburante e delle ore di punta nelle principali città del mondo. Nel centro storico di Dublino, un automobilista può impiegare circa mezz’ora per percorrere 10 chilometri durante le ore di punta e ha perso 158 ore nel traffico nel corso del 2023. E se dopo Dublino segue Londra – altra città-lager disseminata di telecamere che negli ultimi anni sono state oggetto di attacchi e distruzioni da parte di cittadini furibondi – è l’Italia a seguire da presso la classifica: Roma e Milano mostrano un peggioramento complessivo rispetto al 2022, con tempi di percorrenza allungati di 20 secondi per Milano e 40 secondi per Roma. Gli automobilisti romani hanno perso 247 ore nel traffico durante le ore di punta, mentre quelli milanesi hanno perso 276 ore, con un tempo medio di percorrenza di 29 minuti per 10 chilometri. E se a Roma si può dare la colpa alla miriade di cantieri spuntati come funghi per il Giubileo, a Milano il principale indiziato è la rete di varchi, divieti, ostacoli, piste ciclabili che stanno trasformando in maniera cervellotica la città in un incubo orwelliano.
Questo dimostra per tabulas, poi, come le politiche punitive verso il traffico privato non migliorano affatto la qualità della vita dei cittadini. Sono anzi una vera e propria forma di mobbing contro di essi, per costringerli ad assumere gli stili di vita che altri hanno deciso essere “più adatti a loro”. E tanto meglio se la loro vita farà più schifo di prima…
Dublino, Londra e Milano sono infatti accomunate da essere tre delle città i cui sindaci hanno deciso di applicare l’ideologia della “città di 15 minuti”, ennesima “teoria del complotto” che si è dimostrata invece tragicamente vera: un sistema che dietro alla facciata del “fornire ai cittadini tutto ciò di cui abbisognano a 15 minuti da casa” nasconde in realtà lo scopo di confinarli letteralmente in un recinto, con vincoli sempre più stringenti e perfino multe se ci si allontana da quel perimetro dei 15 minuti. La città-lager, per l’appunto. A Oxford, località pilota di questo disumano esperimento, i cittadini hanno 100 permessi d’uscita dalla loro area di confinamento con l’automobile. Alla 101^ uscita dal perimetro, scattano le multe, comminate in automatico dalla capillare rete di occhiute telecamere. Nigel Farage ha definito questo incubo, un sistema “che susciterebbe l’invidia di Pyongyang”, anche se più che a un sistema comunista bisogna guardare a uno ultracapitalista, dove in barba al principio d’uguaglianza fra i cittadini, chi può permettersi di pagare circola, e i poveracci a piedi.
Come a Milano.
Non è un caso che gli oxfordiani abbiano cominciato a divellere e rendere inservibili telecamere e dissuasori che bloccano le loro strade. Una reazione che ha suscitato emulazione in sempre più persone, compreso l’anonimo (o anonimi) “Flexman” che nel nostro nord-est sta segando uno dopo l’altro i pali degli autovelox con un flessibile a batteria…