La rivoluzione non basta se qualcuno non la racconta: La carta del Carnaro Rock, in scena ieri l’altro all’Aurum di Pescara in occasione della Seconda Festa della Rivoluzione dannunziana, nasce per questo. Gabriele d’Annunzio e Alceste De Ambris, i due italiani che a Fiume formularono una Costituzione così d’avanguardia da stimolare ancora oggi il panorama culturale, sono stati celebrati da Edoardo Sylos Labini ed Alma Manera con la sua band che vede i nomi di Carlo Zannetti, Kozeta Prifti, Enrico Cresci ed Umberto Vitiello. La drammaturgia di Emanuele Ricucci ha trovato da sfondo Pescara, città natale del Vate, una “orazione-concerto” che fa del linguaggio ritrovo d’identità, della musica un grido d’azione, del diritto un’elevazione della libertà. Lontanissimi dalla mercè del politicamente corretto, gli schieramenti erano chiari allora e vanno quanto più ricordati oggi come un invito incalzante: una Fiume popolare contro la plutocrazia che affama, una sovranità assoluta contro governi e banche centrali, un lavoro garantito (anche agli artisti che “faticano senza faticare”) contro l’elemosina di stato; la libertà di culto, religione, sesso, espressione, unione ed associazione ma mai elevata al rango di fanatismo, l’istruzione e la sanità pubbliche, il pensionamento come misura assistenziale, le opportunità che non c’è bisogno siano “pari” perché uomo e donna già “sono e si sentono uguali”, l’importanza della memoria, della sepoltura e degli eroi. Un’utopia che fu reale, un appello, ieri, contro tutto quello che ancora, oggi, fa inginocchiare a capitale, menzogna e globalizzazione infima.

Sfigati.
Sfigati, Sconfitti dalla storia,
Ciò che criticate e giudicate “sconfitto” è nato da un Tradimento dell’epoca di chi pensava di essere la Storia, tradimento fatto contro la classe sociale che giurava di difendere, il resto è Storia che si ripete nel presente.
Ad oggi non sapete ancora discernere il lato positivo dal lato negativo nel presente e nel passato in quanto sempre confusamente legati.
Sicuri di essere la Storia, ad un’osservazione distaccata non sembra proprio.
Sconfitto dalla storia D’Annunzio? Ma davvero?
A chi sta rilasciando commenti vari con critiche futili, vorrei ricordare che se oggi si ha l’onore di raccontare la storia di una nazione come l’Italia nelle scuole, nelle piazze, nei teatri ed ovunque vi sia cultura; è anche grazie ad un ITALIANO come Gabriele d’Annunzio.
Tutto ciò che esula dall’apprezzamento verso figure del calibro citate nell’articolo, è almeno fuori luogo, se non di cattivo gusto.
Operarsi per dare degli sfigati ad artisti che con il proprio tempo, impegno, lavoro e perseveranza hanno ritenuto doveroso creare uno spettacolo per celebrare i 100 anni di un evento storico, come la Carta del Carnaro, significa vivere d’invidia. Essere privi quanto ad interessi ed argomenti veri; poveri d’iniziativa e di idee, che vedono la critica e la contestazione unica valvola di sfogo, per cercare di annullare il valore di azioni che mai riuscireste a concepire.