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Un fotoreporter fuori dagli schemi tra costumi e tradizioni dei popoli
Andrea Chiarucci è fotoreporter e direttore di StudioClic Fotografia, team di creativi in campo video, fotografia e comunicazione visiva. Applica da anni la sua ricerca fotografica in diversi territori del mondo con reportage dall’Europa orientale e dall’estremo oriente.
I tuoi scatti sono pubblicati sulle maggiori riviste di geopolitica, hai viaggiato in tutto il mondo e in questi ultimi dieci anni ti sei soffermato nell’Est Europa, dove hai fatto un importante reportage a Odessa, teatro nel 2014 di un massacro durante gli scontri tra filo-russi e ucraini (2 maggio 2014, bottiglie incendiarie contro la Casa dei Sindacati occupata dai filo-russi che sfuggivano agli attacchi: nell’incendio 48 persone persero la vita, n.d.r.). Com’è cambiata la città, alla luce di quanto sta accadendo oggi con la guerra?
In quegli anni Odessa era una città prevalentemente orientata a un apprezzamento nei confronti di Mosca. Si poteva percepire l’orgoglio di questa appartenenza. Ovviamente con l’invasione russa la situazione è cambiata radicalmente: tutta la città, compresi gli abitanti di lingua russa, che sono la stragrande maggioranza, ha condannato l’invasione. Nessuno si è schierato dalla parte del Presidente Putin. Non solo: vedono già la conquista dei territori del Sud come un ritorno al Medioevo.
Cosa intendi per ritorno al Medioevo?
Per gli abitanti di quelle zone significa semplicemente tornare sotto il regime comunista: veder scomparire in un battibaleno quello che da sempre l’Europa e l’Occidente rappresentano.
Tu hai anche cercato di capire cosa ci fosse dietro al massacro di Odessa del 2 maggio 2014…
Nella Casa dei Sindacati si era accampato un gruppo di manifestanti che protestavano pacificamente contro il nuovo governo di Kiev: erano filo-russi assolutamente pacifici, per lo più studenti universitari. La Casa dei Sindacati era stata assaltata con bottiglie incendiarie da un gruppo di facinorosi, hooligans ed estremisti di Pravyj Sektor (partito politico e organizzazione paramilitare ucraina, n.d.r.): un incendio, quasi sicuramente provocato dalle bottiglie incendiarie, causò una vera e propria strage.
Con lo scoppio della guerra nel 2022 la propaganda filorussa e la propaganda anti-russa hanno naturalmente fatto circolare le immagini di questo rogo, tu però hai intervistato i presenti e ascoltato le loro testimonianze. E hai scoperto una cosa strana…
Dicono che, oltre ai manifestanti da una parte e dall’altra, ci fossero delle persone appartenenti certamente ai servizi di sicurezza militare. Si dice che siano stati loro, in realtà, a innescare lo scontro e a portarlo a un livello più alto, ma di fatto nessuno sa se appartenessero alla fazione filorussa o anti-russa.
A proposito di Russia, tu hai realizzato anche un importante servizio fotografica in Jacutia, vero?
Sì, mi trovavo a Mosca, dove stavo seguendo un progetto a lungo termine sui lottatori nei Paesi dell’Est. Avevo ricevuto un invito da parte del Ministro dello Sport siberiano (Georgy Balakshin, n.d.r. ) per andare in Jacutia a fotografare il più importante torneo nel mondo della lotta libera dei paesi dell’Est.
E hanno fatto vedere immagini di molti ragazzi, morti al fronte in Ucraina, che venivano proprio da quella zona…
E’ girata un’immagine in cui, fra i responsabili della strage avvenuta in Ucraina, veniva additato questo gruppo di soldati provenienti dalla Jacutia. Ma questa immagine era un fake. Tuttavia, gran parte dei ragazzi che combattono in Ucraina arriva da queste province molto periferiche a Mosca. Quello che io ho percepito, per esempio in Siberia orientale e Jacutia, è un doppio sentimento nei confronti di Mosca: da una parte c’è quasi odio, perché Mosca ha conquistato questi territori, ne succhia le ricchezze in primis il gas e quindi viene di fatto vista come una conquistatrice. Ma d’altro canto c’è questa idea della grande Russia, di questa Mosca vista come la terza Roma.
Tu sei un esperto del subcontinente indiano, conosci in profondità l’India e hai tanti aneddoti da raccontarci: come quella volta in cui ti sei travestito da donna…
Mi trovavo nel Bihar e per non essere individuato dai predoni che razziano e assaltano i pullman dei pellegrini diretti a Bodh Gaya, dove c’è l’albero sotto il quale Buddha giunse all’illuminazione, indossai un sari da donna. Questi predoni usano affiancare i pullman per vedere se ci sono dei pellegrini da depredare.
Oggi l’India rappresenta, dopo la Cina, un colosso con cui noi occidentali ci dobbiamo confrontare l’espansione indiana la conosciamo tutti. Ma, visto che tu hai fotografato l’India spirituale, che cosa è rimasto oggi dell’India dei grandi viaggiatori?
Anche l’India negli ultimi decenni è muta- ta molto. Tuttavia ancora oggi si respira aria di spiritualità: i culti domestici sono gli stessi che venivano praticati nell’antica Roma e nell’antica Grecia. Quindi, nonostante l’evoluzione tecnologica di alcune regioni come Bangalore, ancora oggi l’India è ricca di spiritualità. Io ho fotografato doversi eventi spirituali fra cui il Kumbh Mela: il mondo dell’India antica tradizionale è ancora vivo.
India, Jacuzia, Ucraina…mentre in Italia cosa fotografi?
Mi diletto nel raccontare storie d’amore e matrimoni. Il matrimonio è uno spaccato della nostra società. Un fotografo di matrimonio
entra nelle case degli italiani e quindi ha una visione completa e complessa della nostra società.
E come sono cambiati i matrimoni?
Dopo i due anni di covid il matrimonio all’italiana sto diventando una corsa a chi fa la cosa più originale. È tornato l’entusiasmo, c’è voglia di divertirsi, si cerca di trasformare la cerimonia in un vero e proprio evento.