Dalla Grande Madre alle fesserie neofemministe

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Foto di Tawny van Breda da Pixabay

La figura della donna in quanto madre stimola da sempre le menti a chiedersi quale importanza dare alla vita stessa e quanto di sacro, nonostante i crescenti capricci femministi dell’aborto libero, vi sia nel fatto che qualsiasi vita nasca imprescindibilmente unica e irripetibile.

Il culto della figura materna e i suoi archetipi (Grande Madre) esistono dagli albori della civiltà umana in cui la madre era venerata, inizialmente incarnando fecondità, nutrizione, protezione, crescita e benevolenza in innumerevoli opere d’arte. Dagli antichi egizi all’antica Roma dove, ad esempio, alla madre veniva attribuito il ruolo di custode della famiglia a Giunone, “dea del matrimonio e della famiglia, delle unioni e dei legami”, che infatti divenne la massima divinità femminile della religione romana.

Dopo l’editto di Costantino si assiste alla diffusione del cristianesimo in Europa e alla decadenza del culto pagano di questa figura. La Vergine Maria, Madre del figlio di Dio fatto uomo diventa più tardi l’immagine cardine dell’occidente (e non solo) nella sua massima espressione. Di fatto Dante rivolgendosi a Lei “nel ventre tuo si riaccese l’amore, per lo cui caldo ne l’etterna pace così è germinato questo fiore” sostiene che la sua figura ha letteralmente “riacceso” l’amore tra Dio e l’uomo.

Umberto Galimberti nel libro “i miti del nostro tempo” parla inoltre del mito dell’amore materno secondo la quale i figli si nutrono dei sacrifici delle madri e questo può scaturire sentimenti di odio nella madre verso il proprio figlio, il che darebbe un senso agli infanticidi. Ma uno spunto ancor più interessante sostenuto dal filosofo è che nel ‘900 la società era più povera e questo portava ad una più fervida socializzazione da parte degli individui.

Ciò potrebbe spiegare lo sgretolamento del ruolo della famiglia e della madre nella società attuale secondo la quale le donne non dovrebbero aver tempo di pensare ai propri figli perché limiterebbero in qualche modo i loro sbocchi professionali.

Curiosamente, a sostegno di quest’ultima visione di società vi sono magnati quali George Soros e i Rockefeller. Il progetto “Open Democracy” finanziato da questi ultimi ama fare propaganda femminista anti-famiglia per emancipare la donna e ripensare il modello capitalistico. Il suggerimento è affidarsi alla “maternità surrogata”, praticamente scegliendo e comprando bambini tramite l’utero in affitto.

Altro che amore tra Dio e uomo, invece che dare voce alle madri che nonostante tutto riescono a lavorare e contribuire al benessere della famiglia allo stesso tempo, le femministe demonizzano la gravidanza e propinano fesserie per indottrinare giovani ragazze che crescendo non si indigneranno davanti a questo barbaro business di bambini che frutta milioni in tutto il mondo.

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