Di Maio in peggio, da Di Stefano alla Pirro Beirut è in Libia

1

E’ l’estate delle figuracce parlamentari, qualora ne sentissimo la mancanza. Protagonisti sempre loro, i Five Stars. Ma nel caso alla ribalta in questi giorni c’è spazio anche per Italia Viva e Lega, con 1 parlamentare più 3  che si assommano a 1 dei 5 Stelle beccati a prendersi i bonus per le partite iva. L’ultima figuraccia in ordine di tempo, dopo la notizia del parlamentare 5 Stelle con la terza media a presiedere la Commissione sul Recovery Fund. E prima, come riportiamo qui sotto, le uscite allegre, sempre dei five stars, sulla ricollocazione geografica del Libano. E’ l’estate della figuracce dei nostri parlamentari. Chissà cosa ci riserverà ferragosto…(Redazione).

Un’enorme deflagrazione ha spazzato via la zona portuale di Beirut, capitale del Libano. Il bilancio provvisorio parla di almeno 78 morti e di oltre 4.000 feriti, numeri destinati ad aumentare nelle prossime ore. Immediata la solidarietà anche italiana, con la solita figuraccia piccola piccola dei soliti noti: per Manlio Di Stefano sottosegretario M5S e la senatrice penstastellata Elisa Pirro  Libano uguale Libia. Un refuso? Può essere, ma visti i precedenti (per Di Maio Pinochet fu il dittatore del Venezuela)… Pensare che una volta alla Farnesina  avevamo Carlo Sforza, Gaetano Martino, Gianni De Michelis…(Redazione)

Attenzione alla legittimazione della superficialità.

L’insopportabile bullismo dell’ignoranza, l’insostenibile leggerezza dell’essere (come loro). Polveri furono e polvere torneranno.

Federico II è di Svezia, Pizzarotti docet; Pinochet in Venezuela e non in Cile; il presidente cinese Xi Xinping che diventa il presidente Ping, magari in coppia col vicepresidente Pong. Perle, quest’ultime, del ministro degli Esteri, Di Maio. Quel Di Maio, alfiere della storia di altissima levatura istituzionale, convinto che la democrazia in Francia esista da millenni, la celebre “democrazia millenaria”. Di Maio sculpsit, Di Stefano dixit. Ecco gli Esteri italiani: ester(n)i rispetto alla realtà. Manlio Di Stefano. Già di per sé è agghiacciante che un ingegnere informatico sia sottosegretario degli Affari Esteri.

Ma poco importa, in fondo. Molti politici che hanno segnato la storia d’Italia avevano una formazione (accademica) differente o insufficiente rispetto alle mutevoli esigenze della politica, ai ruoli ricoperti nel loro iter istituzionali. Di certo, però, una formazione nel settore specifico che li ha contraddistinti da qualche parte l’hanno avuta, magari la semplice formazione di partito. Dei partiti che furono. Magari essi possedevano una spiccata intelligenza, un erotico interesse per la lettura e lo studio, un talento deflagrante. Da Craxi a Spadolini, di cui ricorre la morte in questi giorni.

E poi Di Maio e Di Stefano, e molti come loro, che sono il vero lapsus della politica: un’ischemia della storia. Qual è il senso culturale del Cinque Stelle? Come il Cinque Stelle dovrebbe formare il nuovo italiano, come dovrebbe nutrirlo per elevarlo? Oltreché mandando affanculo il prossimo che la vede diversamente da lui e mandare a casa i poteri forti (fino a diventare il primo potere forte d’Italia), come dovrebbe nutrire gli italiani? Solo indicandogli la continua e anarcoide ribellione, solo infilandogli in testa, e facendogli tappare occhi e orecchie mentre canta “lalalalalllalalallaal”, la necessità di ammazzare definitivamente l’Italia che fu, a prescindere e i modelli di autorità? Solo con le tempeste di merda in un’inguaribile adolescenza?

La libertà senza intelligenza non è nulla, come ci racconta Verga ne La Libertà, coi suoi popolani che vollero ammazzare a ogni costo i nobili oppressori che gli governavano il paese e una volta trovatisi con le responsabilità in mano finirono per autoannullarsi nella propria ingenua incapacità, finendo per essere, oltretutto, condannati a morte per strage.

Abbiamo capito: il Cinque Stelle è la nuova parola di Dio, incontestabile, sì, abbiamo capito; Grillo è il nuovo Cristo, il Messia, l’essenziale che oscura tutto ciò che è Stato della storia istituzionale, politica, culturale, antropologica, filosofica, sociologica d’Italia e il suo movimento è tutto, è il massimo, è un miracolo (per miracolati. Di Maio e Di Stefano docent), è LA rivoluzione necessaria al Paese, un atto inarrivabile e perfetto, aristotelico. Sì, ma poi? Qualcuno provi a rispondere affermando e confermando la bontà di un tesi e non aggredendo il povero sciocco, cieco, eretico, ciccione, sgrammaticato, analfabeta non funzionante, frustrato e incapace di colorare le giraffe nelle figure, promotore di questa domanda e chiunque ne condivida il senso.

Se passa il messaggio che la “cultura”, da intendersi come coltivazione di se stessi che porta alla costruzione di un pensiero critico e di partecipazione e non come accatastamento statico di conoscenza o scopo dimostrativo, come atto vivo e vitale, risulta un suprlus inutile per governare, una sciocchezza inutile per ricchi annoiati, snob e radical chic, siamo rovinati.

Il circo Orfei della folla che occupa spazio e sale, come vermi in una mezza bottiglia di plastica si agitano e salgono una sopra all’altro, vestito della sua incoscienza. Quello di Di Stefano che prima confonde Libia con Libano e poi dà dei fenomeni a chi lo rimprovera e di Virginia Raggi che decreta, lei su tutti, che Roma è antifascista mentre strappa i secolari sampietrini dalla strada per sostituirli con l’asfalto nero, non sono lapsus o scelte radicali, semantiche e politiche, non denotano sottili strategie: sono l’immagine manifesta della Madonna Casualità che appare a chi è privo di esperienza, di competenza, di intelligenza tattica e culturale, di sensibilità, di eleganza, di una visione che proviene dalla formazione politica, dagli studi, dai dubbi, dalla curiosità, da quello che un tempo era il cursus honorum. Madonna Casualità con la sola imposizione delle mani conferisce un’aura di strafottenza a chi ha la fortuna di ricevere il miracolo. Il miracolo di trovarsi lì avendo vinto la lotteria dei click. Un miracolo denso, vero. Nessun lapsus ma un fondamentale momento storico da non sottovalutare, per non convincere la politica a tradursi, ancor più, in un inutile e sciatto esercizio di privilegio: quello della legittimazione della superficialità di chi DOVREBBE, per ufficio, conoscere il senso della diplomazia, della istituzionalità e rendersi conto che rappresenta un popolo intero; il senso dell’eleganza e del pieno possesso del proprio settore di competenza, a cui si sommano i modi di gestirlo.

Non è uno stupido lapsus, ma ciò che vi si cela dietro. Se permettiamo la normalizzazione della cultura dell’errore che può capitare, della leggerezza, sarebbe sancire la giusta rivoluzione del gelataio di Viterbo che diventa ministro nel momento in cui la politica abdica alla sua funzione di “atto lussuoso riservato a una minoranza qualificata”, come la definiva Ortega y Gasset. Se condurre la massa più anonima e immeritevole, la folla replicante e sterile che occupa spazio, alle massime istituzioni significa distruggere ogni qualità, ogni senso istituzionale, ogni dignità professionale, ogni visione culturale io arigrido: Evviva la Prima Repubblica, a morte la MISERIA UMANA!

L'immagine può contenere: 1 persona, il seguente testo "Tweet Manlio Di Stefano @ManlioDS Con tutto il cuore mando un abbraccio ai nostri amici libici. Lo abbiamo già detto e lo ripeto anche io, l'Italia c'è ed è pronta a dare tutto l'aiuto possibile. Coraggio. #Beirut #Libano #Liban @ItalyMFA @Mov5Stelle 22:52 04/08/20 da Roma, Lazio Twitter for iPhone"

Ripresosi, Di Stefano, dà del fenomeno a tutti coloro che lo criticavano: “qui c’è poco da scherzare”, afferma. Ma lo scherzo più bello, in fondo, è proprio lui seduto su quella poltrona, a rappresentare quella posizione. Ed è subito fenomeno e bullismo, come la reazione di Di Stefano al S A C R O S A N T O sdegno. La tempesta di merda di cui i Cinque Stelle, incastrati nella loro adolescenza col giocattolo, sono esperti, stavolta è tutta per lui. Mai rosicare, campione.

L'immagine può contenere: 1 persona, il seguente testo "Tweet Elisa Pirro @pirroelisa Le immagini dell'esplosione avvenuta a #Beirut sono sconvolgenti. Esprimo la mia vicinanza al popolo libico e cordoglio per le vittime. 23:56 04 Ago 20 Twitter for iPhone"

Ah, da ultimo. Pensavate che quello di Di Stefano fosse un leggiadro refuso? Vi sbagliate povere vacche stracche. La senatora Cinque Stelle, Elisa Piro, è convinta anch’essa che Beirut sia in Libia. Almeno prima di correggere il tweet sbagliato scriveva: “Le immagini dell’esplosione avvenuta a #Beirut sono sconvolgenti. Esprimo la mia vicinanza al popolo libanese e cordoglio per le innumerevoli vittime”. “C’è poco da scherzare con queste cose, ho sbagliato a scrivere, i morti invece restano, fenomeni”, scrive Di Stefano , prendendola benissimo, con la sensibilità e il dolore giusto per “queste cose” (cose…), bullizzando dopo che il suo movimento ha bullizzato mezzo mondo. Un bel tacer non fu mai scritto, almeno col T9.

Mi sa che qui l’unico scherzo sono i Cinque Stelle posti nei posti in cui sono posti. Insomma, pare che certe volte l’unico a non aver commesso errori sia proprio Lombroso..

Articolo precedenteAsmara, la “piccola Roma” del 900
Articolo successivoCon Nicoletta Alvisini la pittura è un viaggio nella macchina del tempo
Emanuele Ricucci è nato a Roma il 23 aprile 1987. Lavora per la comunicazione di Vittorio Sgarbi, di cui è tra gli assistenti, ed è collaboratore per la comunicazione del Gruppo Misto Camera dei deputati (NI-U-C!-AC). Scrive di cultura per Libero Quotidiano, per Il Giornale e per il mensile CulturaIdentità. Ha scritto, tra gli altri, per Il Tempo e Candido, mensile di satira fondato nel 1945 da Giovannino Guareschi. È autore di satira ed è stato caporedattore de Il Giornale OFF, approfondimento culturale del sabato de Il Giornale e nello staff dei collaboratori “tecnici” di Marcello Veneziani. Ha studiato Scienze Politiche e scritto cinque libri: Diario del Ritorno (Eclettica, Massa 2014, con prefazione di Marcello Veneziani), Il coraggio di essere ultraitaliani. Manifesto per una orgogliosa difesa dell’identità nazionale (edito da Il Giornale, Milano 2016, scritto con Antonio Rapisarda e Guerino Nuccio Bovalino), La Satira è una cosa seria (edito da Il Giornale, Milano 2017) e Torniamo Uomini. Contro chi ci vuole schiavi, per tornare sovrani di noi stessi (edito da Il Giornale, Milano 2017). Questi ultimi prodotti e distribuiti in allegato con Il Giornale. Antico Futuro. Richiami dell’origine (Edizioni Solfanelli, Chieti, 2018, scritto con Vitaldo Conte e Dalmazio Frau) e, da ultimo, Contro la Folla. Il tempo degli uomini sovrani (con critica introduttiva di Vittorio Sgarbi). Dal 2015 scrive anche sul suo blog Contraerea su ilgiornale.it. È stato direttore culturale del Centro Studi Ricerca “Il Leone” di Viterbo ed è attualmente responsabile dell'Organizzazione Nazionale di CulturaIdentità

1 commento

  1. Siete patetici. Se volete potete trovare ovunque elenchi di sciocchezze dette da politici di ogni parte. Però se una stupiidaggine la dice un Cinque Stelle, apriti cielo. Siete così faziosi che davvero non so come facciate a guardarvi in faccia ogni mattina.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

sette − 5 =