Ci sono canzoni o musiche che si tramandano da secoli che rappresentano il folclore, le tradizioni, la storia di un popolo. Tra di esse c’è un canto composto a metà ‘800 da un giovane patriota italiano che si immolò ventenne per unire e liberare una nazione che stava per nascere grazie al sacrifico di eroi come lui. Una musica che dopo quasi due secoli ci unisce e ci emoziona come quando iniziò ad essere cantato nelle barricate delle Cinque Giornate di Milano o sul Gianicolo, in quella gloriosa avventura che fu la Repubblica Romana.
E finalmente, malgrado qualche cervello vuoto lo consideri «poco inclusivo», Il Canto degli Italiani di Goffredo Mameli, nella sua versione su spartito musicale di Michele Novaro, è stato ufficialmente dichiarato inno nazionale della Repubblica Italiana. Lo ha stabilito pochi giorni fa il Consiglio dei Ministri tramite l’approvazione dello schema di decreto previsto da una legge del 2017. Il decreto fortemente voluto dalla premier Giorgia Meloni stabilisce inoltre le modalità di esecuzione dell’inno, composto di sei strofe e un ritornello, in eventi pubblici e istituzionali. È una vittoria per la musica popolare, per quella tradizione di canti o inni che i nostri nonni ci hanno insegnato a tenere viva e che tutti noi dovremmo continuare a fare con i nostri figli e così loro con i nostri nipoti.
La musica popolare si tramanda oralmente di generazione in generazione. Quel cantare gioiosamente quei ritornelli che hanno fatto la storia del nostro Paese, dei nostri territori è un modo per ribadire da dove veniamo e chi siamo. Orgogliosi di esserlo. Il Canto degli Italiani che nasce come canto popolare del Risorgimento diventa con le sue note l’Inno di Mameli, la voce di un’intera nazione solo dopo che l’Italia si farà repubblicana e non più monarchica, ma rientra in quella tradizione che rappresenta i costumi di un popolo. Poi arriverà la musica folk che si affermerà nel XX secolo, per tramandare il folclore di un popolo appunto dall’inglese «folk», popolo, e da «lore», tradizione.
Arriveranno le contaminazioni col rock, con il metal, il progressive, con l’indie ma in realtà la musica popolare italiana vive e rivive nei suoni e nei canti che rappresentano e raccontano il territorio: con gli stornelli romani, la tarantella pugliese, la canzone napoletana, i cori degli Alpini, la tradizione siciliana e in tante altre regioni. Siamo un po’ quello che cantiamo e lungo tutta la penisola c’è un canto che rappresenta una città o una zona del nostro Stivale. Non dobbiamo fare altro che viaggiare sulle note di un mandolino, sui battuti di un tamburello e ricordarci come scrisse Mameli che siamo tutti fratelli d’Italia, perché il canto popolare ci unisce in un’epoca dove il suono, come la melodia di un popolo, sembrano resistere e voler risuonare ancora nei secoli.