A Napoli si dice:”Chi ten’a mamma, è ricco e nun ‘o sape”. Una frase che racchiude la forza disarmante della maternità e che si può riscontrare sin dalla sua etimologia. “Madre” deriva dall’accusativo latino “mater” a cui si riconducono il greco “meter”, il sanscrito “matr”, il persiano “mad”, l’inglese “mother”, il tedesco “mutter” e il francese “mère”. Parole accomunate, non per caso, dalla presenza della lettera “m” come iniziale. Infatti, questa lettera è quella che il bambino riesce a pronunciare come prima forma di apprendimento del linguaggio. Un’etimologia da cui si può riscontrare l’essenza del termine: colei che ha concepito e partorito, genitrice. In sintesi, colei che dà la vita e, per questo motivo, motore del mondo. Non per nulla, è stata sempre celebrata dall’arte alla letteratura.
La figura materna è presente già nell’epica, dove la madre per eccellenza è Gea, la terra, la cui vocazione è partorire e generare da sé senza nessun aiuto. Nell’Eneide di Virgilio, Didone soffre per una maternità negata. La donna vorrebbe veder crescere con lei un piccolo Enea. Un sogno infranto che la porterà al suicidio. La madre è la figura genitoriale che si occupa non solo della cura materiale, ma anche dell’educazione dei figli. Come si può riscontrare in un testo del IX secolo. La figura materna, nella religione cristiana, è rappresentata da Maria, in quanto immagine sacra e madre di tutte le madri.
Il passato ha avuto altresì donne che sono andate ben oltre la figura materna relegata ad un ruolo limitato. Infatti, ci sono state madri che, scavalcando la sfera biologica e domestica, sono diventate vere e proprie protagoniste di pagine di storia. Basti pensare a Matilde di Canossa, Cristine De Pizan, Margherita Datini. La figura materna, seppur un topos della letteratura di ogni tempo e luogo, varia non solo in base al contesto storico culturale, ma anche in base all’individualità culturale e caratteriale, dando così vita a una figura in costante trasformazione.
Con Foscolo, ad esempio, nel sonetto “In morte del fratello Giovanni”, la figura materna diventa un nido in cui ritrovare armonia e serenità e la sola certezza confortante capace di sconfiggere un inquietante stato d’angoscia. Con Ungaretti, nella poesia “La madre”, la figura materna diventa il bilancio di una vita, del rimpianto, della nostalgia e del rimorso. Con Quasimodo, in un immaginario colloquio dal titolo “Lettera alla madre”, la figura materna è descritta come fonte di coraggio e conforto nei momenti di lacrime e dolore. Un esempio di amore infinito, che solo una madre può nutrire verso il figlio, si ha nell’opera “Supplica a mia madre” di Pasolini.
Nella storia dell’arte, invece, la Maternità è stata valorizzata mettendo in risalto proprio la sua essenza, ossia il legame indissolubile tra madre e figlio. Un esempio lo si ha nelle Madonne con Bambino dell’arte medievale e rinascimentale per arrivare ai secoli più recenti con un’immagine più laica, che però non toglie valore al simbolo di amore racchiuso e, nello stesso tempo, sprigionato dalla figura materna.
Una figura unica e insostituibile, in quanto motore del mondo, perché la sola a dare la vita. Una figura che è l’emblema di valori puri come il senso di protezione e di empatia. Aspetti questi, che si possono riscontrare nelle opere di diversi artisti come “Le tre età della Donna” di Klimt, dove sono raffigurate tre donne in tre fasi diverse della vita: l’infanzia, la maternità e la vecchiaia. Nella parte sinistra il profilo di un’anziana, sul lato destro una giovane donna che tiene tra le braccia una bambina. Entrambe nude in un tenero abbraccio, come fa una madre con sua figlia. Il tutto accompagnato dai due volti ravvicinati.
Un’immagine che rispecchia la perfetta sintesi del legame materno. Da ricordare altresì “La Culla” di Berthe Morisot, che raffigura un momento intimo e privato avente come protagonista una madre che osserva dolcemente la figlia che dorme in culla. Tra le opere più note dedicate a questo indissolubile legame genitoriale c’è la “Maternità” di Pablo Picasso. Un dipinto in cui viene raffigurata una donna che allatta il suo bambino, curva e piegata verso il neonato, mentre lo avvolge con lo scialle che le copre le spalle, con lo sguardo assorto semi socchiuso ad ammirare il piccolo del quale si intravede solo la testa e la manina sul seno della donna. Un’immagine di una tenerezza travolgente che ricorda le madonne rinascimentali. Una madre che allatta il figlio al seno: l’immagine più naturale che possa esistere.
Per questo motivo, ad oggi, in una società politicamente corretta in salsa arcobaleno, è stata oggetto di accese polemiche. Si sta parlando di quanto successo il mese scorso a Milano con la scultura di Vera Omodeo. Un’opera in bronzo che rappresenta una donna mentre allatta al seno.
Una statua che è diventata la miccia di una sana e legittima indignazione, una volta bocciata l’idea di posizionare la scultura in piazza Duse. Un “No” wokeista all’unanimità da parte della commissione comunale che valuta gli arredi e le opere d’arte in spazi pubblici, con la motivazione secondo cui: “La scultura rappresenta valori certamente rispettabili ma non universalmente condivisibili da tutti…”. Ne è seguita un’indignazione che ha coinvolto sia la destra che la sinistra. Questo a dimostrazione di come certi valori, quali appunto la maternità, siano sacri e quindi universali.
Polemiche seguite dalla rivincita della statua “della discordia”, che, qualche giorno fa, è stata esposta nella Sala Garibaldi di Palazzo Madama, per disposizione del presidente del Senato La Russa. Infatti, a detta della Commissione, sarebbe stato opportuno esporre l’opera in un istituto privato come un ospedale o un istituto religioso anziché in Piazza Duse. Questo perché, sempre secondo la Commissione, la statua rappresentava il tema della maternità con delle “sfumature squisitamente religiose”. Ignazio La Russa ha spiegato che la decisione di esporre la scultura è stata presa con l’accordo di tutti i gruppi parlamentari, come ha dimostrato la presenza di senatrici e senatori di tutti i gruppi alla cerimonia. “L’esposizione della statua avviene”, ha aggiunto, “in occasione della Festa della Mamma”. La statua dunque “è dedicata a tutte le donne, mamme e anche a quelle che non sono mamme, perché non possono o per scelta, ma che hanno avuto tutte una mamma. Ed è dedicata anche a tutti gli uomini che hanno anch’essi avuto tutti una mamma“.
E, a proposito di polemiche, da ricordare quanto successo il 9 maggio al ministro per le Pari Opportunità e la Famiglia Eugenia Roccella. Quest’ultima, infatti, poco prima del suo intervento agli Stati Generali della Natalità, è stata contestata da un gruppo di circa 50 studenti dei “collettivi transfemministi Aracne”. Una situazione di forte tensione che l’ha costretta a lasciare il palco e l’auditorium.
Il ministro, una volta uscito dalla sala, ha affidato ai social la sua indignazione rivolgendosi all’opposizione e ai suoi intellettuali, denunciando loro “l’atto di censura subita”. Non è mancata, invece, la solidarietà da parte del presidente del Senato Ignazio La Russa seguito su X dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni e anche del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ma non è la prima volta che la Roccella è vittima di simili episodi. Infatti, una vicenda simile si era verificata al Salone del libro di Torino, esattamente un anno fa. Vicende che fanno riflettere, e non poco, su chi sia di fatto la minoranza e chi censuri chi. Eventi che fanno venire l’orticaria al transfemminismo woke solo perché si parla del diritto di essere madre e di famiglia.
Tematiche che, in realtà, sono vere e proprie problematiche soprattutto in Italia, dove, infatti, si è registrato un nuovo record negativo per quanto concerne il calo demografico con appena 1,20 figli di media per ogni donna. Si parla di meno di 400 mila bambini l’anno. Il record negativo si è registrato nel 2023 con 379 mila nascite. Una situazione lontana anni luce dal 1964, anno del cosiddetto “baby boom” con 1.035.207 nati. Infatti, gli ultimi dati Istat sulla natalità in Italia sono sconfortanti. È stato calcolato che nel 2050 ci sarà un ragazzo ogni 3 anziani. Uno scenario disastrato che sottolinea l’importanza di affrontare e soprattutto risolvere queste problematiche, in primis quella concernente la denatalità.
Tematiche di cui si parlerà l’11 maggio alla Conferenza “Maternità e Stereotipi” alle ore 17:30 presso la Sede dell’Associazione Coloni Fondatori Pomezia, Piazza Indipendenza, 25. Un evento che sarà moderato da Roberta Fidanzia (Centro Studi Feminium Ingenium) e in cui interverranno: Alessandra Duma (Associazione Spirito Libero), Emanuele Mastrangelo (Caporedattore di “CulturaIdentità”), Sabrina Rodogno (Psicologa Clinica), Sandra Berivi (Dirigente Psicologo ASL Roma), Veronica Corsetti ( Biologa Nutrizionista), Eleonora Antonucci (Membro Comitato Promotore “Una firma per la Vita”) e Lavinia Mennuni (Senatrice della Repubblica). Quest’ultima al centro di polemiche per via di alcune sue affermazioni, dette a La7 lo scorso dicembre, sul concetto di maternità:
“La mia mamma mi diceva sempre: ricordati che qualsiasi aspirazione tu abbia – e io volevo fare politica a 12 anni -, tu devi ricordare che hai l’opportunità di fare quel che vuoi ma non devi mai dimenticare che la tua prima aspirazione deve essere quella di essere mamma a tua volta. Allora, secondo me, questa è una cosa che anche le donne della mia generazione di 46 – 47 anni deve ricordare alle nostre figlie”, aggiungendo di dover aiutare le istituzioni, il Vaticano, le associazioni “a far sì che la maternità torni a diventare di nuovo cool”. Per far sì che “le ragazze di 18 anni, di 20 anni, vogliano sposarsi e vogliano mettere su una famiglia”.
Parole che avevano indignato l’opposizione, la quale, infatti, aveva usato termini come “Imbarazzante”, “Arretratezza’,” Medioevo”. Una polemica che aveva coinvolto anche il premier Meloni, che, alla conferenza stampa dello scorso gennaio, aveva esposto la sua posizione a riguardo: “Molto spesso ci sono polemiche su frasi di questo genere. Non so dirle se la parola aspirazione è giusta” ma su un punto il premier non ha avuto dubbi “Non condivido che il traguardo della maternità possa toglierti altre opportunità”.
Lo scopo del premier e delle politiche del suo governo sono chiari: “il messaggio che va dato è che non c’è bisogno di rinunciare a una cosa per un’altra, fai le tue scelte. Quello che dobbiamo fare noi è costruire gli strumenti per consentirlo, non è un caso che ci siamo occupati prevalentemente delle madri lavoratrici e in generale dei genitori” dal congedo agli asili nido alla decontribuzione per le mamme lavoratrici.
“Io voglio smontare il racconto che se metti al mondo un bambino ti precludi altre possibilità, che in parte è un racconto e in parte no, perché è vero che le donne sono ancora troppo discriminate soprattutto per il fatto di essere potenziali madri o madri, ma non accetterò mai l’idea che la maternità sia nemica di altre possibilità che hai nella vita”. “Nient’altro di quello che fai nella vita ti può regalare le emozioni che ti regala la maternità, ma questo non deve precluderti gli altri traguardi che vuoi portare avanti. Questo è quello per cui lavoro”.