I “Personaggi” del Cav, geniale capocomico pirandelliano

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I cori in lontananza dei tifosi ed il feretro che entra in Duomo come nella più famosa scena dell’opera teatrale

E’ uscito di scena teatralmente, nell’accezione più classica del termine. Sì, come in uno dei grandi classici di tutti i tempi, forse il testo più geniale di tutti. Il Cav dentro la bara era come dirigesse pirandellianamente I Sei personaggi in cerca d’autore. Quando la porta del Duomo si è aperta, preceduta dal passo marziale dei carabinieri in alta uniforme, sembrava proprio di vedere l’entrata in scena dei Sei Personaggi di Luigi Pirandello. La stessa estetica, la stessa pulizia dei gesti, degli sguardi immobili e drammatici, con quell’abbigliamento sobrio ed elegante: la veletta nera di Eleonora, Luigi il giovinetto, i visi sofferti di Paolo il padre e di Marina la madre, Pier Silvio sembrava il figlio, Barbara la figliastra. L’autore era lì che vegliava su ognuno di loro e li dirigeva come solo un grande capocomico sa fare. Berlusconi, come tutti i grandi interpreti della Storia d’Italia, ha sempre del resto avuto intorno a sé un alone pirandelliano. Ad Arcore a tratti sembrava Enrico IV che gioca alla pazzia con la sua corte. I suoi erano riti come solo la messa in scena teatrale sa restituirti : l’anticamera per aspettarlo o l’accompagnamento con grande cordialità fin sull’uscio di casa.

Silvio era uomo di teatro, il suo era un essere attore, interprete di una vita unica e geniale, straordinaria rappresentazione di se stesso. E ti affascinava e ti seduceva come un abile attore sa fare col proprio pubblico. Così quell’uscita di scena dalla vita terrena che vibrava ancor più col rito ambrosiano è stato un momento indimenticabile per chi l’ha vissuto da vicino. I cori in lontananza dei tifosi con le bandiere rossonere che sventolavano nel cielo azzurro della piazza tagliavano con una luce quasi caravaggesca la compostezza delle navate del Duomo. “Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti”, così il Presidente capocomico avrà recitato guardando dall’alto, uno, nessuno, centomila sguardi che affollavano la chiesa, mentre il popolo di fuori piangeva e cantava. Il teatrino della politica al Cav non è mai piaciuto. Preferiva l’azione o meglio il gesto simbolico.

Eppure senza la maschera era ancora più spiazzante. Ebbi la fortuna di frequentarlo nel momento della sua massima “debolezza” politica, costretto a firmare la sua presenza in casa all’appuntato dei carabinieri che ogni sera gli faceva visita durante il periodo dei domiciliari. E il Cav, dentro quella sua fragilità, in quella dolce solitudine senza la corte scodinzolante che lo adulava come quando era al potere, era così incredibilmente umano nel suo essere pieno di incertezze. Era il capocomico dei Sei Personaggi che nella memorabile scena finale, incredulo si chiede: “ Finzione o realtà?”. Silvio Berlusconi è stato e sarà l’essenza di tutto questo: teatro nel teatro, vita che si fa inimitabile. Del resto Villa San Martino è stato un po’ il suo Vittoriale e per milioni di italiani il Cav resterà per sempre un Vate.

E alla fine quell’uscita di scena teatrale l’ha trovata. Forse poco berlusconiana ma molto pirandelliana. “Chi ha la ventura di nascere personaggio vivo, può ridersi anche della morte. Non muore più! Morrà l’uomo, lo scrittore, strumento della creazione, la creatura non muore più”. Ciao Presidente, Capocomico immortale d’Italia. Ti applaudiremo sempre.

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