Gender, la «teoria che non esiste»

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Dall’«identità di genere» al «corpo neutro», sono molti i concetti imposti a sistemi giuridici e nella vita quotidiana da un’ideologia di cui i suoi sostenitori negano l’esistenza

«L’ideologia gender non esiste». Sono parole che sentiamo regolarmente, spesso e volentieri amplificate dai media progressisti.

Per fare un esempio, un articolo uscito su «l’Espresso» nel dicembre 2023, intitolato «Che cos’è la “teoria gender”, lo spauracchio di tutte le destre», afferma che l’ideologia gender non sarebbe altro che una categoria retorica polemica creata dal Vaticano e dai movimenti reazionari per demonizzare le rivendicazioni delle correnti femministe ed «LGBTQIA+». Negli ultimi anni sono stati svariati i tentativi mediatici di ribadire l’inesistenza di questa ideologia, come dimostra anche un recente articolo su «Il Fatto Quotidiano», in cui leggiamo: «quanto allarmismo su ciò che non esiste».

In realtà l’ideologia gender – o ideologia dell’«identità di genere» – esiste eccome, ed è per questo che si stracciano le vesti cercando di convincerci della sua inesistenza. Per chi non conoscesse l’argomento, l’ideologia gender è la credenza che tutti gli esseri umani possiedano per loro natura un’«identità di genere», una sorta di «anima sessuata» o «sesso psicologico» che può essere congruente o meno con quello che viene definito «sesso assegnato alla nascita». Se l’identità di genere è congruente con il sesso «assegnato» allora si è cisgender. Se non è congruente si è transgender.

Ma cosa significa «sesso assegnato alla nascita»? L’ideologia gender sostiene che il sesso non sia una caratteristica biologica tangibile e immutabile, bensì una categoria sociolinguistica astratta assegnata alla nascita dal medico sulla base dell’osservazione del corpo sessuato. Corpo sessuato che però non conta per definire uomo e donna, perché in questa ideologia i sessi non sono due: il sesso biologico è concepito come uno spettro di sfumature, così come il genere o identità di genere.

Oltre alle identità trans «binarie» (uomini che vogliono essere donne, chiamati «donne trans», e donne che vogliono essere uomini, chiamati «uomini trans») l’ideologia gender sostiene l’esistenza di «identità non binarie», ovvero persone che non sarebbero né uomini né donne, bensì una sorta di «terzo genere». A loro volta i «non binari» possono definirsi genderfluid, genderqueer o altre categorie dal dubbio significato. È proprio per accomodare queste persone che i progressisti spingono per l’adozione del cosiddetto «linguaggio inclusivo» (schwa, asterischi, desinenze in «u» o in «x» e via dicendo) e per l’implementazione di bagni genderless, soprattutto nelle scuole.

Questo non deve stupire, perché bambini e ragazzi sono il bersaglio principale di questa ideologia, che ad oggi è sostenuta dalle principali istituzioni mediche d’Occidente, dall’OMS e alle associazioni di medici, psicologi, psichiatri, endocrinologi e pediatri. Tali istituzioni sostengono l’esistenza dell’identità di genere in quanto caratteristica innata dell’individuo, e qualsiasi tentativo di metterla in dubbio o esplorarne le cause viene considerato gatekeeping e una forma di «terapia di conversione». Va dunque applicato il cosiddetto «approccio affermativo», secondo cui l’identità trans auto-dichiarata deve essere validata e il paziente semplicemente accompagnato alla transizione. Questo vale anche per i minori, che secondo l’ideologia gender sono considerati in grado di auto-determinarsi alla pari degli adulti, e dunque capaci di scegliere di modificare il proprio corpo in maniera permanente – spesso compromettendone la funzionalità e la fertilità – attraverso bloccanti della pubertà, ormoni del sesso opposto e chirurgie demolitive o ricostruttive, interventi irreversibili e non privi di effetti collaterali.

Grazie a una costante propaganda a livello scolastico e mediatico, negli ultimi anni il numero dei minori trans-identificati è aumentato a dismisura, soprattutto per quanto riguarda ragazze adolescenti e giovani donne, come evidenziano ad esempio i dati del Regno Unito. Questo aumento esorbitante di ragazzine «trans e non binarie» viene spiegato da studiosi come Lisa Littman attraverso la tesi del contagio sociale, secondo cui ragazze fragili con diversi altri problemi legati alla salute mentale (ansia, depressione, disturbi alimentari, traumi sessuali, autismo) si convincano di essere maschi o «neutri» pensando che la transizione sia la soluzione al loro disagio. Tutto questo viene testimoniato anche dal crescente numero di detransitioner, persone pentite di una transizione compiuta perlopiù in età giovanile o addirittura infantile.

Oltre che un pericolo per i bambini e i ragazzi, in particolar modo i più fragili, l’ideologia gender rappresenta un pericolo anche per le donne, pericolo che da anni viene sollevato dal femminismo radicale e gender critical. Per essere transgender, infatti, non c’è alcun bisogno di avere una diagnosi di disforia di genere né di intraprendere un percorso di transizione medica: è sufficiente l’autodichiarazione (self-id). Nella pratica, se un uomo fatto e finito, con tanto di barba e petto villoso, dichiara di essere una donna, per questa ideologia quell’uomo è una donna, e in quanto tale quell’uomo ha il diritto di essere appellato al femminile e di accedere agli spazi privati (bagni, spogliatoi, centri anti-violenza, carceri) e agli sport femminili. Il dogma primario dell’ideologia gender è infatti «chiunque è ciò che dice di essere», e nessuno può azzardarsi a mettere in discussione questo assioma, pena l’accusa di bigottismo, transfobia e istigazione all’odio. Se chiunque afferma di essere una donna è una donna, la definizione stessa della parola «donna» (e parimenti della parola «uomo») viene modificata e stravolta. Secondo la definizione ampliata del «Cambridge Dictionary», una donna è «un adulto che vive e si identifica come femmina anche se potrebbe essergli stato detto di avere un sesso diverso alla nascita». Nella Neolingua gender «donna» è chiunque si identifichi come una donna, definizione circolare che implica che chiunque, a prescindere dal suo sesso, possa essere donna. D’altra parte il linguaggio inclusivo pretende l’uso di espressioni come «persone mestruanti», «persone incinte», «allattamento al petto» e così via, e questo per non offendere quelle donne che non si identificano come donne, bensì come uomini o come persone non binarie.

Ma a chi giova un’ideologia che decostruisce la divisione dell’umanità in uomini e donne e demolisce la percezione stessa del reale da parte delle masse? Secondo l’imprenditore biotech miliardario Martine Rothblatt, che si identifica come transgender e transumanista, l’estensione naturale dell’ideologia gender è rappresentata proprio dal transumanesimo. Così, travestita da rivendicazioni di diritti, libertà e uguaglianza da parte di non ben precisate minoranze, procede imperterrita la decostruzione postmoderna dei corpi sessuati, fino ad arrivare all’idea del corpo neutro, corpo considerato ingegnerizzabile e rielaborabile a piacimento grazie al progresso delle biotecnologie.

L’ideologia gender, che si basa sulla preminenza dell’identità soggettiva astratta rispetto alla realtà materiale dei corpi, si propone di spingerci fin dalla più tenera età a dissociarci dal nostro corpo e dalla realtà oggettiva. Se si riesce a convincere la massa che uomini e donne non esistono, che sono solo categorie astratte, idee nebulose nella mente delle persone, la si può convincere di qualsiasi cosa.

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